30. Claire

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Aveva ricominciato a piovere dopo che Claire aveva finito di infornare l'ultima teglia di biscotti, il suo hobby preferito durante le giornate di pioggia. Stava finendo di disporre i biscotti già cotti su un piatto quando bussarono alla porta. Deve essere Henry, pensò Claire riponendo la teglia sporca nella lavastoviglie prima di dirigersi all'ingresso. - Bel pigiama piccola - esclamò James quando lei aprì la porta, fradicio dalla testa ai piedi. Claire arrossì stringendosi nel pigiama di Henry, decisamente troppo grande per lei. - Cosa ci fai qui? - chiese mentre James si toglieva le scarpe e posava il casco sul pavimento - Volevo farti una sorpresa, ma la pioggia è stata più veloce - sbuffò, chiudendosi la porta alle spalle - Ti avevo anche preso un dolcetto ma la busta si è sciolta ed è scivolato via - Claire lo abbracciò, baciandolo timidamente sulla guancia - Grazie lo stesso per il pensiero, ma ora cambiati o prenderai freddo. Avevo lasciato in bagno dei vestiti per Henry ma puoi prenderli tu, sono certa che non se la prenderà - disse, accompagnandolo alle scale - Prima porta a sinistra, attento a non prendere lo shampoo di Kim o ti ucciderà - aggiunse, fin troppo seria per essere uno scherzo. - Allora starò molto attento, grazie - ridacchiò James prima di salire le scale. Claire sorrise, tornando in cucina. Controllò velocemente la cottura dei biscotti e azionò il bollitore con l'acqua per il tè, prima di gettarsi sul divano e accendere Netflix. Quando James riscese, una decina di minuti dopo, Claire aveva sfornato l'ultima teglia di biscotti e preparato il tè. James fischiò piano, sedendosi accanto a lei sul divano. - Wow, sembrano davvero buoni - disse sorpreso, accettando la tazza che Claire gli porgeva. - Lo sono te lo assicuro, Kim ne va matta specialmente per quelli - disse indicando uno dei due piatti - Avena e caramello salato, ucciderebbe per averli - ridacchiò Claire, passando a James entrambi i piatti. Lui ne assaggiò uno al cioccolato e uno all'avena, bevendo un sorso di tè tra un boccone e l'altro. Claire rimase ad osservarlo, ammirando il modo in cui i capelli bagnati gli ricadevano sulla fronte, coprendo quasi gli occhi. Come faceva a restare così sexy anche con i vestiti grigi e anonimi di suo fratello? - Sono buonissimi entrambi, anche se ammetto che preferisco di gran lunga quelli al cioccolato - decretò infine, come se fosse la decisione più importante della sua vita e, forse, lo era per davvero. A Claire piaceva che le attribuisse tutte quelle attenzioni, la faceva sentire apprezzata per le sue abilità e non solo per l'aspetto. E, segretamente, sospettava di essere la prima. - Sono una ricetta di mia nonna, solo che lei ci mette anche la cannella ma la detestiamo tutti e tre quindi ho cambiato leggermente la ricetta - ammise, sorridendo quando James si allungò sul tavolino per prenderne un altro - Bè, sono i miglior biscotti che abbia mai mangiato, ti meriteresti uno di quei grembiuli con su scritto "bacia il cuoco" - rise James, contagiandola quasi subito. - Cosa stai vedendo? - chiese, accennando alla serie bloccata sullo schermo -Girlboss, ma posso cambiare - rispose Claire, prendendo il telecomando. - No no - la bloccò James - Possiamo vederla, di cosa parla? - Claire si morse il labbro - Sicuro, non è un problema davvero- ripeté, alzando il viso per poterlo guardare in faccia. L'espressione di James era dolce, come sempre, e teneramente esasperata - Sicuro - rispose, circondandole le spalle con un braccio - Poi, la mia amica Jesse dice sempre che dovrei imparare a mettermi nei panni delle donne - Claire si rannicchiò sul suo petto, intrecciando le gambe con le sue - Abbiamo uno spezzacuori qui, interessante - ridacchiò mentre James, per la prima volta, arrossiva - È una delle tante cose di cui non vado molto fiero - nonostante il suo tono suonasse tranquillo, Claire percepì che era un'argomento di cui non voleva parlare. - Allora - cominciò Claire, cambiando argomento - Girlboss parla di questa ragazza che vuole lanciare la sua linea di moda ma, per farlo, ha bisogno di qualcuno che la finanzi. Sono ancora al primo episodio ma non è affatto male, l'avevo giudicata troppo presto - spiegò, sistemandosi il vassoio dei biscotti al cioccolato in grembo, in modo che fosse al centro tra loro. - Non sembra male, si può fare - annuì James, allungando il braccio libero per prendere il telecomando e riavviare la serie. Claire si appiattì contro di lui, crogiolandosi nel calore che emanava. James le teneva una mano sulla coscia, impedendole di scivolare via dall'abbraccio. La pioggia si infrangeva contro le finestre, ticchettando dolcemente sul vetro. Claire desiderava poter fermare il tempo, rimanere per sempre in quella bolla di pace senza mai dover tornare alla realtà. Una realtà che, da quando aveva conosciuto James, cominciava a starle stretta. Ritornare a Newport Beach, ritornare a studiare a casa e al suo lavoro...non era più sicura che fosse la cosa giusta per lei. Al suo fianco James era silenzioso, un piccolo sorriso rilassato gli adornava le labbra. Claire fece vagare lo sguardo sul suo profilo, dal naso dritto alla mascella scolpita, ammirando il modo in cui socchiudeva gli occhi quando sorrideva. Allungò una mano verso il viso di James, pettinando i capelli all'indietro in modo che non gli dessero fastidio. James si voltò verso di lei, guardandola intensamente negli occhi. Claire poteva praticamente vedersi riflessa nelle sue iridi, annaspando per un secondo in quei pozzi azzurri. Schiuse le labbra per parlare ma le richiuse subito, a corto di parole che potessero esprimere tutte l'emozioni che provava. James sorrise, chinando il viso verso il suo. Erano talmente vicini che i loro nasi quasi si sfioravano. Claire trattene il respiro, cercando di calmare il battito del suo cuore che martellava insistentemente contro la sua gabbia toracica. Temeva che sarebbe morta d'infarto se James non avesse smesso di guardarla come se fosse il tesoro più prezioso del mondo. - James - sussurrò Claire, incapace di distogliere lo sguardo dal suo. Se era vero che gli occhi sono lo specchio dell'anima, quella di James era a pezzi. Ma, tra le macerie, poteva vedere una luce brillare. - Quanto ci hai messo per innamorarti della mamma? - la voce di Kim bambina le rimbombò nella testa, riportandole alla memoria quella notte di tempesta passata tra le braccia dei suo genitori che cercavano di distrarli da quello che stava succedendo fuori. - È bastato uno sguardo - rispose suo padre, stringendo Kim tra le braccia - Puoi capire molto di una persona guardandola semplicemente negli occhi- Vedeva quella stessa tempesta negli occhi di James, fredda e violenta, che distruggeva tutto ciò che incontrava sul suo cammino. A volte perfino se stessa. Claire si concentrò su quella luce, nascosta sul fondo dell'anima sotto paure e ansie, cercando il James che aveva conosciuto durante queste due settimane. Doveva aiutarlo. - Lascia che ti aiuti a portare il tuo dolore - la voce le si incrinò pericolosamente mentre James, istintivamente, allentava la presa. Gli occhi di James, spalancati dalla sorpresa, erano colmi di lacrime - Non posso - la sua voce era poco più di un sussurro -Penseresti che io sia un mostro e avresti anche ragione - mormorò, asciugandosi velocemente le lacrime. Claire gli prese il viso tra le mani, asciugando con i pollici alcune lacrime ribelli - I mostri esistono solamente nelle favole - disse ma James scosse vigorosamente la testa, cercando di sottrarsi al suo tocco. Claire si mise in ginocchio sul divano, in modo da essere all'altezza del suo viso - Qualsiasi cosa sia successa non mi porterà via, te lo prometto. Sei diventato troppo importante - ammise tutto d'un fiato, sorridendo tra le lacrime - Ma ti prego parlamene o ti consumerà. Fidati, ci sono passata e solo parlarne con la mia famiglia mi ha aiutato a trovare la forza per superarlo - James sbatté le palpebre, cacciando le lacrime dagli occhi - Hai detto che non hai potuto frequentare la scuola di pasticcieria perché erano accadute delle cose. Cosa ti è successo? - domandò lentamente, soppesando ogni parola. Claire si morse il labbro, pensierosa. James le prese le mani, stringendole tra le sue - Mi hai detto di lasciarti portare il mio dolore, ma forse possiamo...aiutarci a vicenda. Tu aiuti me e io aiuto te, dare e ricevere - disse mentre Claire posava la testa sulla sua spalla, gli occhi fissi sulla tv ancora accesa. - Ho avuto un incidente anni fa - mormorò Claire dopo un lungo silenzio. Sentì James irrigidirsi e stringerla più forte. - Ero una ballerina, mi piaceva da morire. Ballare era tutto per me- continuò, un sorrisino nostalgico si allargò sul suo viso - Ma durante un'esibizione una mia compagna scivolò e mi venne addosso. Lei non si fece niente ma io caddi malissimo dal palco fratturandomi il ginocchio - la sua voce si incrinò nuovamente. Claire serrò gli occhi, imponendosi di non piangere - Ci sono voluti tre mesi di convalescenza e quasi un anno di fisioterapia per tornare a camminare. Per un periodo ho sofferto di distimia, non riuscivo a fare praticamente niente nemmeno a mangiare. Kim ed Henry mi sono stati molto vicini, mi hanno incitata a non mollare - una lacrima le rigò la guancia, venendo subito spazzata via dalle delicate mani di James. Claire seppellì il viso sul suo petto, aggrappandosi a lui per non sprofondare nuovamente in quel baratro di oscurità da cui era risalita tra lacrime e sudore. - Il mio più grande rimpianto è di non essere riuscita a tornare su quel fottuto palco! - sbottò Claire, arrabbiata con se stessa per aver abbandonato il suo sogno. James la prese per le spalle, allontanandola da lui per poterla guardare in faccia - Perché hai smesso di ballare? - domandò con calma, spostando un ricciolo che le ricadeva davanti al viso. Claire abbassò il viso, deglutendo a fatica - Avevo paura di cadere di nuovo - ammise, lottando contro il nodo alla gola. Le guance le bruciavano di vergogna. Trascorsero minuti interi di silenzio prima che James l'abbracciasse, stringendola come se temesse che, se avesse allentato la presa, sarebbe svanita nel nulla. - Avere paura va bene, ma non devi lasciare che ti blocchi o te ne pentirai per tutta la vita - disse James, interrompendo l'abbraccio per guardarla negli occhi. La sua espressione era un mix di tristezza e malinconia, lo stesso che Claire sentiva dentro di sé. Da quando era riuscita a confidarsi con lui quel giorno sulla spiaggia, al loro secondo incontro, sapeva che James riusciva a capirla. E non perché, come avrebbe detto Madison, erano anime gemelle ma perché avevano affrontato le stesse emozioni, anche se in modo totalmente diverso. Claire non credeva molto nel destino (o Fato, come lo definiva Henry) ma c'era una domanda che continuava a ripetersi: tra così tante persone su quel marciapiede al mercato in una giornata così affollata, come avevano fatto a scontrarsi loro due? Lei continuava a ripetersi che era stata una coincidenza, e sicuramente era così, ma...se si sbagliasse? Magari c'era davvero qualcuno che muoveva i fili del gioco, un burattinaio invisibile ai loro occhi mortali. Ogni volta che ci pensava finiva per darsi dell'idiota da sola. Le mani di James sulla sua schiena erano una presenza confortante, così come il suo sguardo attento e il mezzo sorriso che gli adornava il viso. Il suo cuore non ne voleva sapere di rallentare, iniziava davvero a temere di prendersi un'infarto. Ma poi chiuse gli occhi, ascoltandolo: ogni battito, ogni cellula del suo corpo, ogni atomo di lei gridavano lo stesso desiderio che aveva represso per settimane. - Non mi pento di niente - disse con decisione, riacquistando la sua sicurezza - Ogni scelta ha una conseguenza, e tu sei la mia preferita - Claire afferrò il viso di James tra le mani a coppa, unendo le loro labbra in un rude e appassionato bacio, infondendo tutte le centinaia di emozioni contrastanti che provava. James ricambiò il bacio, stringendole i fianchi con entrambe le mani mentre si sporgeva verso di lei. Claire fece scorrere le mani sulle sue braccia, palpando i bicipiti prima di scendere lungo il busto fino all'elastico della tuta. - No - James interruppe il bacio con un sussulto, allontanandosi di scatto da lei come se improvvisamente bruciasse. Claire lo guardò alzarsi dal divano e camminare nervosamente per il salotto, la preoccupazione aumentava ogni secondo che passava. - James - chiamò - Stai bene, ho per caso fatto qualcosa di sbagliato? - chiese agitata, sussultando quando James calciò il tavolino, rovesciando le tazze di tè sul tappetto. - Tu non c'entri, il cazzo di problema sono io! - gridò rabbiosamente, passandosi ripetutamente le mani tra i capelli umidi. Si appoggiò alla parete coprendosi il viso con le mani. Claire lanciò un'occhiata alle scale, assicurandosi che Kim non stesse ascoltando, prima di raggiungerlo, posando le mani sulle spalle tremanti. - A che fare con quello che non volevi dirmi, che ti avrei preso per un mostro? - disse piano, spostando le mani sulle sue e allontanandole dal viso. James abbassò lo sguardo- Ti meriti qualcuno di migliore - mormorò impassibile, ritraendo le mani. Claire strinse la presa, rifiutandosi di lasciarlo - Non voglio qualcuno di migliore, voglio te idiota! - quasi sibilò per la frustrazione - Voglio te, pregi e difetti inclusi, perché nessuno mi ha mai fatto sentire come mi fai sentire tu. Te l'ho già detto, sei diventato troppo importante - enfatizzò l'ultima frase stringendosi le loro mani unite al petto, le lacrime che bruciavano per uscire. Una lacrima rigò il viso di James, lasciandosi alle spalle una scia perlacea sulla pelle abbronzata - E io ti ho già detto che è troppo per te - ribatté testardamente, riuscendo a liberare le mani. Claire raddrizzò le spalle, guardandolo impettita - Non pensare di sapere cosa posso o non posso sopportare - disse freddamente, frapponendosi tra lui e il muro - Lascia che ti aiuti prima che ti divori - aggiunse, addolcendo la voce. Claire gli circondò il busto con le braccia, stringendolo forte - Io non ti lascio solo Jamie - Il silenzio calò tra loro, rotto soltanto dal lento affievolirsi della pioggia e dall'audio della tv. James sospirò rassegnato, seppellendo la testa tra i disordinati ricci di Claire - Ho quasi ucciso una persona - Il tempo parve congelarsi mentre quelle cinque parole vorticavano tra loro.

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