28. Anthony

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Anthony Martin aveva avuto la fortuna di possedere l'innata virtù della pazienza. Virtù che l'aveva accompagnato per oltre un anno prima che Henry si degnasse di rispondergli. E adesso si ritrovava ad aspettare che il suo intelligentissimo figlio commettesse un errore che lo avrebbe condotto da lui. Cambiare appartamento e numero non bastava per eluderlo, alla fine lo avrebbe trovato. Per questo non si stupì quando lo stagista a cui aveva affidato il compito di sorveglialo tramite i social, gli inviò via e-mail un account Instagram di una ragazza. Anthony mise da parte l'articolo su cui stava lavorando e aprì la mail, cliccando sul contato. L'anonimo schermo del laptop si illuminò di vibranti colori, dal rosa al giallo. In un primo momento pensò che lo stagista si era sbagliato e gli aveva inviato il contatto sbagliato quando, scorrendo tra i post di fiori e paesaggi tropicali, finalmente lo trovò: Henry. Nella foto era seduto a gambe incrociate su un telo da mare a leggere un libro, dietro di lui il mare era calmo e qualche gruppo di palme ondeggiavano nella brezza. Anthony scrollò il resto delle foto, concentrandosi sul paesaggio per capire dove si trovasse. Si fermò davanti al selfie di una ragazza (una corona di capelli ricci le circondavano il bel viso giovane e sorridente) zoomando sullo sfondo, ingrandendo su un vulcano che conosceva bene: L'Haleakala. - Trovato - disse Anthony tra sé, chiudendo la pagina Instagram. Si alzò dalla scrivania, versandosi un bicchiere di Whisky dal mobiletto vicino al divano prima di dirigersi all'enorme vetrata. La Torre Eiffel trionfava sull'intero paesaggio, sovrastando gli Champs Elysees e l'Arco di Trionfo. Anthony prese un lungo sorso dal bicchiere di vetro, svuotandolo per metà, contemplando il proprio riflesso nel vetro. Era sempre stato un uomo elegante: la barba curata, i completi di sartoria e mai volgare e sempre attento alle buone maniere. Per gestire uno dei giornali più famosi della Francia serviva qualcuno che non si lasciasse spaventare dal lavoro o che sapesse prendere le giuste decisioni. Dopotutto, suo padre gli l'aveva lasciata in eredità per un motivo. Si guardò intorno nell'ufficio spoglio, soffermandosi sul divanetto di pelle di fronte alla sua scrivania. Se si concentrava poteva vedere un sé stesso di un anno più giovane, conversare per la seconda volta con suo figlio. Henry aveva diciannove anni e tanta passione, gli ricordava lui alla sua età. Suo figlio era così pieno di energia e curiosità, continuava a riempirlo di domande sul suo lavoro e sul suo passato. Dopo la diffidenza iniziale aveva cominciato a voler conoscere suo padre. Il padre che l'ha abbandonato, gli ricordò una volta su quello stesso divanetto. - Perché l'hai fatto? - aveva osato chiedere il giorno successivo, mentre passeggiavano per le strade della moda. - Per la carriera, non ho mai voluto figli. Sono quasi come...una futile distrazione dal successo - rispose ovvio, come se fosse la risposta più normale dell'universo. Per lui lo era ma per Henry sembrava essere l'opposto, visto che abbassò il viso e farfugliò qualcosa sul essersi appena ricordato un compito importante prima di scappare via, piantandolo in asso. Per i giorni successivi Henry lo chiamò, giorno e notte, ma lui non rispose mai, troppo impegnato con il lavoro e, nel profondo, offeso per il suo comportamento. Fu Anthony a ripresentarsi, così per tutte le volte successive. Henry sembrava aver perso totalmente la voglia di parlargli, continuare a conoscerlo, a idolatrarlo. Litigarono, più di una volta, quando suo figlio lo accusò di manipolarlo per riempire il suo ego. Fu così che si allontanarono, o meglio, Henry scappò da lui, nascondendosi in ogni modo possibile: cambiò appartamento, numero, lo bloccò su ogni social, smise perfino di postare foto! Cercare suo figlio era diventata una priorità. Anthony terminò il drink, posando il bicchiere sulla scrivania prima di premere sul telefono fisso il tasto per chiamare la sua segretaria. - Ha bisogno signor Martin? - Margaret rispose al secondo squillo, la sua voce dolce gli ricordò le ragazze che frequentava prima di Zola. Lei era diversa, poteva reggere testa a chiunque, perfino a lui. Non si sentiva in colpa, per niente, era stata lei a rovinare tutto. Si erano sposati giovani, appena terminato il College, focalizzati sui propri obbiettivi. Un figlio non era mai stato preso in considerazione, nemmeno come ipotesi futura. Quando Zola era rimasta incinta per Anthony la soluzione era chiara: abortire. Per qualche assurdo motivo Zola non la pensava come lui, anzi, si impuntò nel tenerlo. - Non costringermi a scegliere tra te e mio figlio- gli aveva urlato contro, stringendo protettivamente il ventre, come se quella cellula informe potesse essere loro figlio. Fu l'ultima volta che sentì la sua voce, prima di uscire di casa sbattendo la porta. Anthony era a Parigi, a lavorare per suo padre, quando ricevette le carte per il divorzio. Non si addossò nessuna colpa inutile, era stata Zola ad andare dall'avvocato e a chiedere il divorzio, lui si era limitato a firmare. Tanto che senso aveva essere sposati se non potevano prendere una semplice decisione insieme? - Sì Margaret - rispose Anthony - Prenota un biglietto aereo per il primo volo disponibile a Kahului - in sottofondo poteva sentire Margaret digitare sul proprio computer - C'è ne è uno tra due giorni, vuole che gli prenoti una suite nella zona residenziale signore? - chiese, senza smettere di digitare sui tasti. - Sì, grazie Margaret - rispose Anthony, versandosi un altro bicchiere di Whisky. - Di niente signore, si goda la vacanza- trillò Margaret prima di attaccare. - Lo farò senz'altro - mormorò Anthony, tornando al suo lavoro.

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