Kim non aveva considerato l'idea di fare amicizia durante la vacanza. Il suo programma era abbastanza solitario: skateboard la mattina, compiti il pomeriggio (idea di Henry naturalmente) e Netflix la sera. Degli amici non facevano parte dei suoi piani. Però, come succedeva spesso nella sua vita, i piani cambiavano. - Bello skate! - gridò Kim a uno dei ragazzi sulla rampa. - Grazie, bei trick! - esclamò il ragazzo di rimando, raggiungendo i suoi amici che lo aspettavano al centro della pista. Kim fece quel sorrisetto da piantagrane che (almeno secondo Claire) la distingueva, esibendosi in un complesso Front foot impossible. Il gruppo esplose in fischi e applausi mentre Kim, ridacchiando giocosamente, scese la rampa fermandosi a pochi passi dal gruppo. Erano per la maggior parte ragazzi della sua età ma un paio di ragazze sedevano sulle panchine lì vicino. Il ragazzo di prima le diede il cinque, un sorriso storto dipinto sul viso abbronzato. - Fighissimo! - esclamò eccitato, seguito quasi subito dai suoi amici. Kim si sistemò il cappello lilla all'indietro, sorridendo di rimando ai ragazzi - Si, me la cavicchio - disse con finta modestia. Aveva impiegato mesi per impararlo, aveva perso il conto di quante volte era caduta rischiando di rompersi le gambe. - Non ho mai visto una ragazza con uno skate - disse un ragazzo a un amico, lanciandole un paio di occhiate curiose. - Dalle mie parti c'è ne sono parecchie - controbatté Kim, un pizzico di fastidio nella voce. - Da dove vieni, Miss Vans? - domandò il ragazzo di prima. Kim notò che intorno al collo aveva una catenella d'argento con una medaglietta, simile a quelle dei militari: Kevin, c'era inciso sopra a caratteri cubitali. - California - rispose Kim recuperando il suo skateboard - Ci si vede in giro- disse al gruppo prima di allontanarsi. - Dove scappi Miss Vans? - Kevin la seguì, il proprio skate tenuto sottobraccio, fino alla panchina dove aveva lasciato il suo zaino. Kim alzò gli occhi al cielo per il soprannome: Madison aveva mantenuto la sua promessa di accompagnarla a quello strano negozio che tanto amava. Kim si era divertita a frugare tra gli espositori alla ricerca dei capi più bizzarri, alla fine era uscita con due buste piene di vestiti, accessori e scarpe (quel negozio aveva prezzi davvero stracciati!). Quel giorno aveva scelto di abbinare le sue Vans a quadri preferite a un pantalone cargo della stessa fantasia che aveva comprato, insieme a uno dei suoi top rosa pastello. Si era perfino sistemata le unghie, limandole e smaltandole di rosa e lilla per abbinarsi alle sue nuove perline pastello. - Non sono affari tuoi - sbuffò Kim, senza riuscire a nascondere una risata: nonostante Kevin fosse più alto di lei faticava a tenere il passo. Kim recupererò il telefono dalla tasca davanti del suo zaino, scorrendo velocemente i messaggi. La maggior parte erano di Henry dove le chiedeva cosa preferiva mangiare a cena. Kevin si sporse oltre la sua spalla, spiando i messaggi - È il tuo ragazzo? - domandò indiscreto sul suo collo. Kim si voltò velocemente, le perline e le numerose collane tintinnarono al movimento, trafiggendolo con i suoi occhi verdi - Uno: è mio fratello. Due: lontano dal mio telefono. Tre: chi ti credi di essere? - Kim incrociò le braccia al petto, totalmente infastidita dal suo comportamento. Detestava quando violavano la sua privacy. - Kevin, gli amici mi chiamano Kev - si presentò lui, porgendole il pugno con un sorrisetto arrogante. Kim avrebbe voluto cancellarlo a suon di schiaffi. Aveva programmato di restare allo skatepark per tutto il pomeriggio ma quel tipo non voleva saperne di lasciarla stare. Inoltre le ragazze continuavano a lanciarle occhiatacce e a parlottare tra loro. Il giudizio femminile era l'unica cosa che aveva in comune con sua sorella: Claire suscitava i pettegolezzi delle ragazze troppo invidiose per tentare di conoscerla davvero e Kim...era vista come un maschiaccio o una di quelle ragazze che cercano attenzioni dai ragazzi. La verità era che Kim non voleva saperne di ragazzi: non aveva mai avuto una cotta o un fidanzato. Ad altre ragazze della sua età poteva sembrare triste ma a lei stava bene così. Kim si mise lo zaino in spalla - Addio Kevin - disse a denti stretti, superandolo e avviandosi verso l'uscita. - Ehi, torna qui piccola - Kevin rise afferrandola per il braccio che teneva lo skate, tirandola verso di lui. Kim venne sbalzata all'indietro e dovette poggiare le mani sul petto di Kevin per evitare di sbattere il viso contro il suo. - Non puoi andartene dai, abbiamo ancora così tanto di cui parlare - sussurrò viscido al suo orecchio, il fiato caldo sul collo le procurò un brivido freddo lungo la schiena. Kevin lasciò vagare la mano libera sulla sua schiena, scivolando lentamente oltre il bordo dei pantaloni. Pessima mossa. Istintivamente Kim lo spinse via, allontanandosi e colpendolo sul viso con lo skateboard. Come se non fosse abbastanza agganciò la caviglia con quella di Kevin facendogli perdere l'equilibrio. Kevin finì a gambe all'aria sul pavimento della pista, un livido bluastro cominciava a formarsi sullo zigomo dove il legno dello skate lo aveva colpito. Kim sentì mani sconosciute afferrarla dalle spalle per trattenerla. Era iperattiva e esattamente come le sue azioni e pensieri, anche la sua rabbia era impulsiva, specialmente se era la paura a guidarla. Non è che non si fermasse a pensare prima di agire, non ne aveva il tempo. Era come se il suo cervello si spegnesse, l'unica cosa che riusciva a visualizzare erano le mosse da usare contro il suo avversario. Non sapeva come esattamente ma riusciva a percepire i suoi punti deboli e di forza con estrema chiarezza. Utilizzando questo metodo aveva vinto la maggior parte delle risse che iniziava, anche se era grande la metà dei ragazzi che sfidava. Doveva ammettere che, a volte, questo lato di lei la spaventava. - Cazzo! - gemette Kevin rialzandosi. Il sorriso da strafottente era stato sostituito da un cipiglio incazzato. Kim si dimenò, cercando di liberarsi dalla presa di uno dei suoi amici. La teneva con un braccio attorno alle clavicole e uno intorno allo stomaco, avrebbe potuto mordergli il braccio più vicino e calciare via l'altro ma qualcosa la trattene. Era finita più volte in situazioni del genere ma allora perché era così spaventata? Kevin caricò il pugno, pronto a colpirla. Kim contorse il viso in un sibilo, scacciando la paura e preparandosi a incassare il colpo. Non era il primo pugno che prendeva e non sarebbe stato di certo l'ultimo. Fortunatamente aveva le ginocchia libere e la presa non la costringeva completamente, quindi riuscì ad abbassarsi un attimo prima che la colpisse e, contemporaneamente, azzannò il braccio del ragazzo che la tratteneva riuscendo a liberarsi. - Puttana del cazzo - ringhiò Kevin, afferrando una manciata di treccine e tirando violentemente. Kim sibilò a denti stretti, cadendo brevemente in ginocchio prima di calciare con forza lo stinco di Kevin. Lui rotolò a terra, perdendo la presa su i suoi capelli. Kim era a malapena cosciente delle ginocchia doloranti e dello scalpo in fiamme nel punto dove era stata strattonata. Purtroppo per lei Kevin si era rialzato per primo e ne aveva approfittato per darle un calcio in faccia, colpendola in bocca. Kim sputacchio sangue un paio di volte prima di rialzarsi miracolosamente, regalandogli un sorriso storto (sperava di sembrare inquietante, voleva che si pentisse per averla disturbata). Kevin spalancò gli occhi, sia per la sua resistenza sia per il sangue che le macchiava i denti bianchi. Kim si preparò a placcarlo ma un improvviso colpo in mezzo alle scapole la fece barcollare. Kim si voltò, colpendo con un pugno il viso di uno del gruppo. Qualcun altro approfittò della situazione per colpirla sotto un occhio. Kim vide le stelle mentre cadeva a terra, sbattendo la spalla contro il cemento. Trattene a malapena un singhiozzo. Immediatamente si raggomitolò a palla, cercando di proteggersi il più possibile dai calci. Voleva gridare, arrabbiarsi con sé stessa. Perché finiva ogni volta in situazioni del genere? Perché non poteva semplicemente lasciarsi scivolare addosso gli insulti, come facevano Claire e Henry? Perché doveva essere un completo disastro!? Improvvisamente il suo telefono, al sicuro nelle sue tasche, vibrò riproducendo il ritornello di Stargirl. La suoneria che aveva in comune con Claire. Il pensiero di sua sorella le diede la forza necessaria per rotolare via dai suoi aggressori. Kevin si passò rabbiosamente una mano tra i capelli biondi, gli occhi di ghiaccio stretti a fessura su di lei. Una risata sarcastica gli lasciò le labbra - Sei una troia tosta, te lo concedo - Kim si rialzò lentamente, le ginocchia leggermente tremanti, senza distogliere lo sguardo dal suo. Sentiva il sangue colare dal naso, denso e appiccicoso, e mescolarsi alle rade lacrime di riflesso che le rigavano le guance. Il labbro spaccato le riempiva la bocca del sapore ferroso del sangue. Gli occhi di Kim vagarono selvaggi sul gruppo che la circondava (le ragazze non si erano mosse dalla panchina, preferendo registrare la scena da lontano assieme il resto degli amici di Kevin) - Quattro contro uno, pensavo avessi più palle di così Kev - lo derise Kim, asciugando il sangue sul viso con il dorso della mano. Un sorriso impertinente stampato sulle labbra. Il volto di Kevin si contorse in un ringhio. Si guardò intorno brevemente prima di sputare a terra, a pochi passi dalle scarpe di Kim. Girò i tacchi e scomparve oltre il cancello dello skatepark, seguito a ruota dal suo gruppo. L'adrenalina lasciò il corpo di Kim, lasciandola del tutto insensibile. Cade in ginocchio, svuotata di ogni energia. Mani gentili l'afferrarono per le spalle, impedendo al suo viso di scontrarsi con il cemento. - Stai bene? - domandò una voce preoccupata, tastando le sue braccia in cerca di ferite gravi. Stranamente ciò non la infastidì. Kim annuì - Devo solo prendere fiato - disse col fiato corto. Si costrinse a rilassarsi contro il petto della sconosciuta, respirando profondamente. - Ti senti meglio? - le domandò un'altra ragazza, apparendo al suo fianco e porgendole una bottiglietta d'acqua. Kim l'accettò con riluttanza, bevendo per metà il contenuto in grandi sorsate. - Sì... grazie - disse esitante, arrossendo per l'imbarazzo di apparire così dannatamente debole. Solitamente, dopo una rissa, veniva mandata in infermeria dalla preside (dopo l'ennesima e lunga ramanzina sul suo comportamento) dove aspettava pazientemente che sua madre o suo padre la venisse a prendere. Tornata a casa Claire le cambiava i cerotti e passavano il resto della giornata insieme (per via della sua carriera da modella il college le aveva acconsentito di seguire le lezioni online). A fine serata, prima di andare a dormire, Kim aveva l'abitudine di chiamare Henry che, nonostante il fuso orario di nove ore, rispondeva sempre. - Un giorno finirai per farti davvero male, Kimy - le diceva sempre, la preoccupazione scritta in faccia. - Non ti libererai mai di me - scherzava Kim, tentando di alleggerire la situazione. Le loro conversazioni duravano poco ma erano lo stesso molto importanti per lei. Suo fratello le mancava tantissimo! - Cristo, li hai distrutti - rise la sconosciuta, aiutandola ad alzarsi. Non c'era malizia nel suo tono. - Cristina! - la rimproverò l'altra ragazza, una moretta asiatica con la frangetta e un paio di occhiali squadrati - Avrebbe potuto finire molto peggio - Cristina alzò gli occhi al cielo, spostando una ciocca rossa dietro l'orecchio - Per favore, l'hai vista? Avrebbe potuto stenderli - proclamò convinta, regalando a Kim un sorriso complice. Kim si sentì momentaneamente stordita dalle improvvise attenzioni - Sono stata peggio - ammise con una scrollata di spalle, in fondo era la verità. Cristina le avvolse un braccio intorno alle spalle - Te lo avevo detto che era una tosta, Izze - Izze sospirò sistemandosi gli occhiali sul naso, un gesto che Henry tendeva a fare quando era nervoso o esasperato. - Cristina e Isabelle - presentò allegramente Cristina - Tu hai una faccia da...non me lo dire - ci pensò su seriamente un paio di secondi - Kathy? No è troppo banale - Isabelle scosse la testa ridacchiando - Come ti chiami? - domandò semplicemente, guadagnandosi un occhiataccia dall'amica. - Kim - si presentò, porgendo a Isabelle il pugno (ovviamente non quello con cui aveva sferrato il colpo) nello stesso momento in cui lei le porse la mano. - È un diminutivo? - domandò Izze ridacchiando. Kim non poté fare a meno di pensare che avesse una bella risata, simile allo scrosciare di una fontana. - Kimberly. È una specie di "diminutivo" di Kimberley, la città d'origine di mia madre - spiegò, assaporando i ricordi legati alla città: l'aveva visitata un paio di anni fa per incontrare i suoi nonni materni e se ne era letteralmente innamorata. Emanava una sensazione di libertà che non poteva spiegare. Gli occhioni nocciola di Cristina brillarono - Ci sono stata in vacanza una volta, è stupenda! - esclamò eccitata. Kim sorrise ampiamente. Voleva raccontarle ogni singolo dettaglio di quella città ma la suoneria del suo telefono la interruppe bruscamente. - Finalmente, è da mezz'ora che ti chiamo! - sbuffò Claire dall'altra parte. - Scusa, sono...stata impegnata - rispose enigmatica, sperando che Claire non volesse venire a prenderla; i lividi stavano iniziando a formarsi e non aveva la forza di affrontare anche lei. Fortunatamente Claire non fece domande, limitandosi solo a chiederle se sarebbe tornata a casa per cena - Sai, stasera Meli ha... quell'appuntamento - sospirò pesantemente Claire. Kim riusciva a vederla alzare gli occhi al cielo e a mordersi il labbro inferiore. La presa di Kim sul telefono si strinse. - L'aiuto a prepararsi e poi vado da Madison, vuoi venire o torni da Henry? - Kim abbassò il telefono, rivolgendosi a Cristina e Isabelle - Vi va di mangiare insieme?- domandò di getto. Il sorrisetto di Cristina si allargò all'inverosimile - Sai che stavo giusto per chiedertelo?! - Isabelle scrollò le spalle - Perché no - Kim riportò il telefono all'orecchio - No, vado con delle amiche - rispose velocemente - Okay, non fare tardi o Henry darà i numeri - borbottò Claire distrattamente prima di riattaccare. Kim guardò le sue nuove amiche sorridendo a trentadue denti. A quanto pare il suo programma solitario si era allargato.
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A Summer of us
Teen FictionFrutta tropicale, oceano cristallino, palme e divertimento ecco cosa sono le Hawaii per Henry, Claire e Kim, tre fratelli completamente opposti tra loro con modi di fare totalmente diversi. Kim, una ragazza solare e piena di energia, ama follemente...