27. Kim

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A Kim non erano mai piaciuti i sequel, insomma quanto potevano essere diversi dall'originale? Ma dovette ricredersi quando incrociò una famigliare chioma bionda venire verso di lei. Un momento, meglio cominciare dall'inizio: Kim non stava più nella pelle, l'idea di uscire dopo serate intere passate a casa con Netflix e patatine era allettante. Per tutto il viaggio in macchina da casa loro-casa di Madison e bowling non aveva fatto altro che canticchiare eccitata, picchiettando irrequieta sul finestrino un motivetto che aveva spinto Claire sul limite della pazienza. - Kim, ti dispiace smettere - sibilò Claire, frenando bruscamente a un semaforo. Madison, meno allegra del solito, non aveva alzato gli occhi dal suo telefono. Kim si sporse sul proprio sedile, sbirciando il telefono di Madison oltre lo schienale imbottito del sedile del passeggero. - Chi è Kayl e perché mandi ad Henry il suo numero? - domandò curiosa, chiedendosi dove avesse già sentito quel nome. - Kim - la rimproverò Claire, lanciandole un'occhiata truce attraverso lo specchietto retrovisore. Madison sorrise leggermente - Un'amico, Henry mi ha chiesto il suo numero per aiutarlo con Meli. Una specie di appuntamento a sorpresa, credo - spiegò, spegnendo il telefono. Kim socchiuse gli occhi. Dall'espressione di Madison (un mix tra disagio e malinconia) quel Kayl non era semplicemente un'amico, come aveva detto Mads. Ma le questioni di cuore erano acque sconosciute per Kim, quindi, nonostante la curiosità, preferì non intromettersi. Avrebbe fatto come con tutti i precedenti ragazzi di Claire: sarebbe rimasta a osservare in disparte, aspettando pazientemente di vedere come sarebbe andata a finire. Era un metodo utile, avrebbe dovuto brevettarlo. Claire alzò gli occhi al cielo - Lo sapevo che la Francia gli avrebbe fatto male - borbottò, ma il sorrisino sul suo viso la tradì. - Mi farete venire il diabete - disse Kim, fingendo un conato di vomito e lasciandosi cadere sgraziatamente sul sedile. Tutto questo romanticismo non faceva per lei. - Sempre la solita esagerata - sbuffò Claire - Voglio vederti quando comincerai a uscire con dei ragazzi - Madison e Claire risero entrambe di gusto davanti all'espressione disgustata di Kim. - Mai! - esclamò decisa, scuotendo la testa per scacciare il pensiero. - Tuo padre sarà felice - ridacchiò Madison, riacquistando un po' della sua solita luce - Resterai per sempre la sua bambina - Kim si rannicchiò sul sedile, lottando contro le lacrime che minacciavano di uscire, la lontananza cominciava a farsi sentire. - Già - rispose, schiarendosi la gola per impedire alla voce di tremare    -Lui mi ha insegnato ad andare sullo skateboard e a giocare a basket, è l'unico che non riuscirei mai a battere - Madison allungò una mano, accarezzandole teneramente un ginocchio coperto dal sottile tessuto dei pantaloncini da basket bianchi e azzurri della sua squadra. Li indossava quando aveva bisogno di sentirsi a casa. - Un giorno lo batterai, magari quando sarai al College, ne sono sicura - disse Claire, voltandosi brevemente per regalarle un rapido sorriso orgoglioso prima di concentrarsi sul parcheggio. Kim saltò giù dalla Jeep, ammirando il locale con gli occhioni scintillanti. Era un edificio dal tetto basso, con l'esterno completamente ricoperto di lucine colorate e porte a vetro enormi; la scritta al neon bianco brillava sempre di più grazie al il lento tramontare del sole. Fuori dal locale, appoggiato al muro di una caffetteria vicina, un ragazzo era intento a fumare una sigaretta. Solitamente Kim non gli avrebbe prestato molta attenzione, ma aveva qualcosa di stranamente familiare. Indossava un paio di pantaloni grigi di una marca che Kim non conosceva, una T-shirt nera (talmente aderente che sembrava che gli l'avessero cucita addosso) e un paio di scarpe di un candore accecante. Continuava a scompigliarsi i capelli neri, forse una specie di tic nervoso. Kim fece un passo indietro, restia ad avvicinarsi da sola. - Kim! - esclamò Liam, spuntando fuori dalla caffetteria. Come al solito era avvolto nella solita felpa scura, in netto contrasto con i pantaloncini leggeri di jeans. In poche falcate le fu vicino, abbracciandola goffamente. - Nuovo look? - chiese, sfiorando una ciocca di capelli sciolti - Ti stanno bene, dovresti tenerli così più spesso - Kim sbuffò una risata, alzando gli occhi al cielo - Lo farò quando deciderai di dare una sistemata a quel casco di banane - scherzò, indicando con un cenno del capo i capelli scombinati di Liam, gli stessi che aveva fin dal primo giorno in cui si erano incontrati la prima volta. - Dovrai passare sul mio cadavere Pillay - disse Liam, scompigliandole giocosamente i capelli. Kim sibilò, lanciandogli un'occhiata di fuoco mentre si risistemava i capelli. Liam, il bastardo, ridacchiò - Dai, Isabelle e Cristina sono già arrivate - l'afferrò per mano, conducendola verso l'entrata del locale. - Lui è mio fratello, James- disse Liam, mentre superavano il ragazzo corvino. Ecco perché gli sembrava di averlo già visto, Liam aveva una loro foto come sfondo del telefono! Appena varcarono le porte di vetro, Kim fu subito investita da una marea di luci colorate e un delizioso profumo di patatine fritte e frullato alla vaniglia. L'interno era abbastanza stile anni '50, dai pavimenti piastrellati a scacchiera ai divanetti intorno ai tavoli. Cristina sventolò un braccio, segnalando la loro posizione. - Adoro i tuoi capelli Kimy! - esclamò Cristina, allungandosi da sopra il tavolo per sfiorare delicatamente una ciocca ribelle, che non ne voleva sapere di stare nel codino in cui Kim l'aveva raccolta              -Come fai ad averli così morbidi? - chiese, ricadendo al suo posto accanto a Isabelle. Anche lei aveva cambiato acconciatura, decidendo di raccogliere i capelli scuri in una coda alta fermata da un fiocco blu scuro della stessa tonalità del maglioncino che indossava. - Olio di cocco, Claire lo usa quando deve sciogliermi le trecce - rispose Kim, sporgendosi per vedere se era entrata. La individuò a qualche tavolo di distanza dal loro, seduta vicino a James. Dal modo in cui parlava con lui Kim intuì che si erano già incontrati. Osservando meglio, notò una particolare confidenza tra i due, specialmente da parte di sua sorella. Kim socchiuse gli occhi, studiando con attenzione James. Liam le mise una mano sulla spalla, risvegliandola dai suoi pensieri (più che altro minacce nel caso il bel imbusto ferisse Claire) - Qui fanno una pizza spaziale, stavamo pensando di prenderne di più tipi che dici? - le domandò. Kim scosse la testa, decidendo che sarebbe stato meglio lasciare stare Claire e James e concentrarsi su i suoi amici, dopotutto era stata lei a proporre l'uscita - Perché no - rispose, afferrando il menù che Cristina le passava. - Okay, come stavo dicendo a Izze...- cominciò Cristina, incrociando le braccia sul tavolo, venendo interrotta dal sospiro esasperato di Isabelle - Ti ho già ripetuto un centinaio di volte che non è scientificamente possibile! - esclamò Isabelle, gettandosi sullo schienale del divanetto. L'unico gesto sgraziato e scomposto che Kim le avesse mai visto fare. Cristina incrociò le braccia, lanciando a Isabelle un'occhiata storta - E se gli scienziati annunciassero un cinquanta percento di probabilità di riuscita, saresti disposta ad ammettere che avevi torto? - ribatté testarda. Isabelle lanciò a Kim uno sguardo supplicante - Ti prego, digli anche tu che Jurassic Park non potrebbe mai esistere nella realtà, è da tutta la sera che va avanti così! - Liam strinse le labbra, reprimendo una risatina. Kim alternò lo sguardo tra Isabelle e Cristina, la prima disperata e la seconda con un sorrisetto furbo stampato in faccia. Kim sorrise, capendo finalmente: Cristina si divertiva a infastidire Isabelle con situazioni del tutto improbabili. - Bè, siamo arrivati sulla luna...tutto è possibile - disse Kim, scambiandosi uno sguardo complice con Cristina. Isabelle la guardò come se le fosse improvvisamente spuntata una seconda testa - Kimberly - mormorò melodrammaticamente - Mi fidavo di te - Liam scoppiò a ridere, contagiando anche Cristina e Kim. Perfino Isabelle ridacchiò! Il resto della serata passò tranquillamente, tranne quando Liam rischiò di farsi cadere la palla da bowling sui piedi. O quando Cristina aveva quasi rovesciato il suo frullato al cioccolato su Isabelle, che si era vendicata cominciando a parlare di numeri, equazioni e atomi. Insomma, niente poteva rovinare quella meravigliosa serata. Almeno era quello che pensava. - Miss Vans, che sorpresa ricontrarci - sussurrò Kevin, arrivandole alle spalle. Kim trasalì, mentre lui ne approfittava per sbarrarle la strada, mettendosi tra lei e la porta del bagno. Kim arretrò istintivamente, stringendosi nelle spalle. Improvvisamente il top corto che aveva scelto per la serata sembrò bruciare, costringendola a incrociare le braccia sulla scollatura. Sapeva che Kevin era nel locale, lo aveva intravisto venire verso di lei. Stupidamente era corsa in bagno, l'unico luogo che pensava fosse sicuro. I lividi sul viso affilato di Kevin stavano guarendo lentamente, un promemoria che da sola poteva fargli più male di chiunque altro. Eppure adesso si sentiva indifesa. Avrebbe voluto rompergli di nuovo la faccia, sapeva che ne era in grado, ma adesso erano da soli. Nessun pubblico, nessun altro avversario...solo lei e i suoi freddi occhi di ghiaccio. Kim non capiva perché improvvisamente ogni singola cellula del suo corpo stesse tremando, tutta quella paura non le si addiceva. Le mani le prudevano, pronte a schiantarsi contro il suo viso, ma rimase immobile, paralizzata, mentre Kevin avvolgeva le mani attorno i suoi fianchi accarezzando viscido la pelle scoperta. - Piccola, saresti tanto bella se non ti comportassi come un uomo, sai - le sussurrò all'orecchio, il fiato caldo le procurò dei brividi freddi lungo la schiena. Le sue mani salirono, giocherellando con il bordo del top - Tanto ti vesti già come una troia, non ti ucciderebbe essere più...femminile - le sue mani salirono, sfiorando la curva del seno. Fu in quel momento che qualcosa dentro di lei si accese, provocandole una scarica elettrica lungo la schiena: rabbia. Era arrabbiata per avergli permesso di metterla all'angolo, arrabbiata per aver ceduto alla paura. Arrabbiata perché non era la prima volta. - Vai all'Inferno bastardo! - sibilò Kim, colpendolo all'inguine con una ginocchiata. Kevin si piegò in due, appoggiandosi al lavandino per sostenersi. Kim scivolò via da lui, uscendo dal bagno a grandi passi. I suoi occhi scrutarono selvaggiamente il locale, cercando Claire per farsi riaccompagnare a casa. La rabbia le bruciava sotto la pelle, divorandola dentro. Il suo sguardo si fermò su Liam, che stava conversando con un gruppo di ragazzi. Lo raggiunse velocemente, improvvisamente presa dal bisogno di stargli vicino. Liam aveva qualcosa che possedeva soltanto suo fratello, una specie di calma apparente in grado di calmarla. Più si avvicinava al bancone più si ingrandiva la strana sensazione di aver già incontrato quei ragazzi. - Liam!- esclamò Kim, abbracciandolo di slancio. - Cos'è tutto questo affetto, Kimy? - scherzò Liam, ricambiando l'abbraccio. Kim si scostò, fissando i suoi occhi nei suoi. L'espressione di Liam mutò immediatamente in un cipiglio preoccupato - Stai bene? - domandò incerto, ignorando il mormorio dei suoi amici. Kim annuì bruscamente - Devo andare a casa, hai visto Claire? - disse, sbuffando frustata quando Liam scosse la testa. Kim si massaggiò le tempie, carcando di calmare l'assordante martellare del suo cuore. Sentiva che le sarebbe schizzato dal petto e poi sarebbe scappato, come in una sorta di cartone animato. - Provo a chiamare James, tu siediti- disse Liam, indicando uno sgabello tra due ragazzi. In quel momento, mentre si girava verso il bancone, con orrore ricordò dove li aveva già visti: erano gli amici di Kevin e, a giudicare dai loro sguardi minacciosi, non dovevano averla dimenticata. - Oh merda! - esclamò Kim mentre qualcuno le afferrava violentemente il braccio e la strattonava all'indietro. - Maledetta! - ringhiò Kevin a pochi centimetri dalla sua faccia. - Quanti calci nel culo hai bisogno per capire che devi starmi lontano?! - sibilò rabbiosamente Kim, attirando l'attenzione di un barista che corse a chiamare la sicurezza. - Ehi! - Liam si mise in mezzo, separandoli a fatica. Kim strinse i pugni, voltandosi verso l'amico - Lo conosci? - Liam annuì - Sì, è un mio amico - rispose, guardando Kevin sospettosamente - Che le hai fatto?-  nonostante avesse parlato con calma, una sorta di manaccia non detta alleggiava nella domanda. Un'avvertimento. - È pazza! - sputò Kevin, indicando i lividi sul suo viso. Kim si lanciò in avanti, venendo però trattenuta da Liam - Sei un viscido verme senza palle! - gridò, conficcando le unghie nei palmi per evitare di perdere del tutto il controllo - Pensi che tutto ti sia dovuto solo perché te ne vai in giro con quei tuoi bei vestiti costosi, l'ho capito fin dalla prima volta che ti ho visto. Tratti le ragazze come fottuti oggetti e pretendi che cadano ai tuoi piedi. Ti faccio uno spoiler: non sei figo ma solo un fottuto molestatore! - forse aveva alzato troppo la voce ma francamente non le importava, voleva soltanto andare a casa e sprofondare nel suo letto. Si scrollò Liam di dosso dirigendosi all'uscita, nell'esatto momento in cui arrivò una guardia di sicurezza, fermando Kevin e Liam per chiedere spiegazioni. Era sicura che Liam gli avrebbe lasciato il suo numero, in modo che potessero parlarle quando avrebbe sbollito la rabbia. Kim si sarebbe assicurata di raccontare tutto, anche se significava ingoiare l'orgoglio e l'umiliazione. Quando Claire finalmente la trovò, Kim la stava aspettando appoggiata alla macchina. Non le fece domande, percependo che non avrebbe risposto. Kim si gettò sgraziatamente sui sedili posteriori, aspettando a braccia incrociate che Madison e Claire entrassero. Alla fine la stanchezza prese il sopravento e lei si addormentò, desiderando di svegliarsi nel suo letto e scoprire che si trattava di un incubo.

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