CAPITOLO QUATTORDICI

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GIADA
🌶️🟢

"Io e lui eravamo destinati
ad essere nemici per la nascita,
per la società del mondo,
non per la nostra volontà.
Anche perché il modo in cui
ci guardavamo gridava
ciò che pensavamo veramente."
~Giada

Finalmente posai il mio sguardo sul ragazzo sdraiato sul letto, con i capelli scompigliati e le labbra gonfie.

Molto probabilmente si era appena svegliato, dato il suo sguardo assente e il suo aspetto fin troppo rilassato per essere lui.

Lui si mise le braccia dietro alla testa e io presi la solita sedia, sedendomi davanti a lui e incrociando le le gambe, prendendomi del tempo per osservare ogni suo gesto e ogni suo dettaglio.

I tatuaggi, i suoi occhi, il suo corpo imponente..lui..era mozzafiato.

E lo stavo realizzando ogni minuto di più. Non c'era alcun dubbio sul fatto che fosse tremendamente affascinante.

«Pensavi ti avessi abbandonato?»
«Mi erano quasi mancate le tue domande del cazzo.»
«Non ti preoccupare, oggi risolveremo.»

«Pensi che io abbia dimenticato quello che hai detto l'ultima volta che ci siamo incontrati?»

«Cosa avrei detto?» domandai, cercando di assumere un tono confuso.

Lui mi guardò come se avessi appena sparato una cazzata e alzò un sopracciglio, leccandosi velocemente il labbro inferiore.

«Perché ti ostini a mentire quando sai benissimo che posso capire quando lo fai?» si mise a sedere e incrociò le braccia muscolose al petto, anch'esse ricoperte di tatuaggi.

«Posso dirti come so tutto, se tu mi dici il tuo nome.»

Lui continuò a fissarmi con insistenza e poi sbuffò.

«Riftan
«Riftan?»

Mi aveva finalmente detto il suo vero nome dopo tutto questo tempo solamente per sapere di più su di me?

Cazzo non mi sembrava vero.

Cercai di trattenermi dall'esultare e mantenni un'espressione seria, fissandolo.

Lui stette in silenzio e riuscii a vedere i suoi occhi che si illuminarono di una leggera luce rossa, come se sentire il suo vero nome sulle mie labbra lo facesse infuriare ma allo stesso tempo..lo affascinasse.

«Non chiamarmi mai in quel modo, agente
«Perché? È un nome splendido e inusuale.» Lui mi guardò male.

«Non chiamarmi così e facciamola finita.»

«Non ne capisco bene il motivo ma va bene, Uriel
«Il motivo è una storia lunga che non voglio raccontare a te.»

«Perché?»

«Perché avresti la definitiva conferma che in me c'è qualcosa che non va e saresti ancora più spaventata di me.»

«Tu non mi fai paura.»

«Dovresti essere terrorizzata, non spaventata, Giada. Non riesco nemmeno io a controllare la mia mente.»

«La mente non è stata creata per essere controllata, no? Come puoi controllare i tuoi stessi pensieri?»

«Quelle che non riesco a controllare sono le mie azioni, magari fossero solo i pensieri.» serrò la mascella, passandosi una mano tra i capelli già spettinati.

«Se mi raccontassi forse potrei capirti meglio.»
«Non voglio né la tua compassione né la pietà.»
«Non avrai nulla di questo, Uriel. Non sono nessuno per giudicarti.»

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