Aurora

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Mi sento a disagio.
Cammino per la casa di Monica e noto una marea di somiglianze con la sua personalità. Vive da sola in un appartamento ampio e luminoso, ma si toni neutri e poco caldi.
Non ci sono foto o suppellettili a rendere la casa meno sterile, direi che somiglia più a un hotel. Un hotel molto costoso.
Mi viene da sorridere al pensiero che la mia sottoposta possa permettersi un appartamento del genere mentre io sono per strada.

"Monica, voglio ancora ringraziarti..."
Sospira, interrompendomi.
"Ascolta, non sono senza cuore, anche se so che lo sembro. Il lavoro è una cosa e la vita personale un altra, tendo a essere un po' severa ma non vuol dire che ti odio, anzi"
Forse ho sbagliato nel giudicarla, in effetti non sono mai riuscita a leggerla più di tanto, inoltre, da quando Elia mi ha fatto notare che mi metto su un piedistallo a etichettare la gente sto cercando di smettere di farlo.
Non so perché la sua opinione mi ferisca tanto, probabilmente perché vede cose di me che io non vedo.

"Ti ho scelta perché mi fido di te completamente, sono più tranquilla se dirigi tu la baracca" Non le avrei mai fatto questa confessione fino a due giorni fa, tuttavia sto cominciando a comprendere che mi sono sbagliata su tante cose.

Il suo sguardo si illumina di orgoglio, mi sorride per la prima volta.
"Vieni, ti faccio vedere la tua stanza"
Non commenta oltre, preferisce cambiare argomento, ma direi che come primo approccio mi sta più che bene. All'inizio ero indecisa se accettare o meno la sua proposta, non abbiamo mai avuto troppe affinità caratteriali, anche se sul lavoro entriamo in simbiosi. Alla fine però mi sono decisa perché non avevo chissà quali altre alternative.
Mi mostra la mia camera, dove un letto matrimoniale la fa da padrone in un ambiente moderno e ben curato, direi quasi maniacalmente.

"È bellissimo" Sono sincera, questo posto potrebbe diventare anche caldo e accogliente se ci mettessi le mani.

"Prenditi la libertà di cambiare quello che preferisci, magari solo in questa stanza però" Ci mettiamo a ridere, sa perfettamente quanto possa diventare invadente con i miei gusti, del resto ho tappezzato la cucina del ristorante di quadri di gattini.

In un impeto di gioia e gratitudine l'abbraccio, la sento un po' rigida inizialmente, segno che non ci è davvero abituata, poi però in qualche modo goffo mi dà un paio di pacche sulla schiena e sorride imbarazzata.

"Sono davvero fortunata"
Poggia una mano sulla mia testa e scuote la sua, forse pensa che sia scoppiata di cervello.
Conosce benissimo la mia storia, complice Sara che non si fa mai i cazzi suoi.
Sa che non ho famiglia e l'unica che mi è rimasta mi odia, ormai conosce anche la mia situazione sentimentale. Il fatto che nonostante tutto mi senta fortunata deve averla stranita.

Mi lascia sola e chiude la porta, mi tuffo immediatamente sul letto, che profuma di buono. Deve essere una maniaca delle pulizie.
Mi tiro su a sedere e comincio a mettere i miei vestiti nell'armadio, in verità mi sento un po' sola.
Non sono mai andata a vivere da un altra parte, sono nata e cresciuta nella stessa casa, per cui ho una strana sensazione di solitudine e paura del cambiamento ma non potevo continuare in quel modo, sarei impazzita.
Probabilmente la decisione finale è stata dettata dal fortissimo stress di questi giorni, tra il lavoro, Edoardo ed Elia non ho avuto tempo nemmeno per respirare, avevo bisogno di un luogo sicuro, invece che di un ulteriore guerra.

Perlomeno l'ordine restrittivo nei confronti di Damiano mi fa sentire più sicura, soprattutto ora che non sa dove trovarmi.
Finito di sistemare ritorno sul letto e parto con il giro di telefonate, di cui la prima nella lista è la mia piccola Sara, che quando scopre dove sono andata a vivere lancia un urlo.

"Non ci sto credendo, giuro che se non lo vedo con i miei occhi non ci credo"
Le spiego tutto, di Damiano -che purtroppo conosce dal vivo- di mio padre, di Edoardo e perfino di Elia.
Lei è la mia ancora, anche se piccolina mi aiuta a fare il quadro della situazione.
"No aspetta, fermati, frena. Mi stai dicendo che quell'armadio a doppia anta non ti ha baciata solo a natale?"

Sapevo che di tutto il discorso solo uno sarebbe stato l'argomento ad attirare la sua attenzione.
"Esatto"
"E cosa hai provato?"

Cosa ho provato? Onestamente non ho avuto il tempo di chiedermelo.
Cosa ho sentito quando Elia mi ha baciata?

"Io, non lo so. A natale ho avuto paura, non è facile per me farmi avvicinare, lo sai..."

"Sì, certo, è ovvio. Ho visto il terrore nei tuoi occhi, ma secondo te è quel tipo di persona?"
È circospetta, lo sento che non si fida di lui.
Ma io sono sicura di quello che sento.
"No, assolutamente. Comunque la seconda volta che mi ha baciata non ho avuto nemmeno il tempo per pensare, non so, mi è sembrato... Strano"

"Strano come?" È malizia quella che sento nella sua voce?

"Ma non lo so, solo strano"

Monica bussa alla mia porta e scatto su a sedere, mettendo i piedi con ancora le scarpe giù dal letto. Lo facevo sempre anche con mamma.

"Ti va di ordinare da asporto stasera? Non ho molta voglia di cucinare"

Sento Sara attraverso il telefono dirmi che quella è davvero la voce di Monica. Davvero non mi ha creduta allora.

"Pizza?" Storce un po' la bocca, la guardo dalla testa ai piedi e cambio idea.

"Che ne dici del sushi?" Si illumina come un albero di natale, mi sa che sto cominciando a capirla.
Sparisce di nuovo e Sara mi chiede di indagare su di lei, ma la congedo velocemente dicendole che è completamente impazzita.

Mi fermo dal fare la seconda chiamata perché mi rendo conto che in effetti in quella casa sterile non c'è niente che richiami il periodo natalizio, assurdo che non me ne sia resa conto.
Mi alzo dal letto e torno in salone, mi guardo attorno e intravedo un angolo perfettissimo per quello che ho in mente.


Il giorno dopo, malgrado gli impegni e la stanchezza che in questo periodo non si decide a lasciarmi andare, vado a comprare un albero di natale. Ho delegato a Monica qualsiasi cosa riguardi il ristorante oggi, così riesco a tenerla lontano da casa, perché voglio farle una sorpresa, anche se non so bene il perché.
Un po' è sicuramente per ringraziarla, ma voglio anche che senta del calore umano. Non so cosa abbia passato nella sua vita, ma deve essere davvero triste passare il Natale senza nemmeno le luci colorate.

Quando sento le chiavi nella toppa girare, è già sera inoltrata. Comincio un po' a pentirmi di non averla avvisata, forse non ha messo l'albero perché non le piace il natale e sto invadendo il suo spazio personale. Mi aveva anche detto di modificare solo la mia stanza.
Non ho il tempo di pensare ad altro perché entra e si pietrifica.
Si guarda intorno, visto che ho tappezzato il salone di luci colorate, poi si sofferma sull'albero di natale.
Ha letteralmente la bocca aperta.

Non è molto grande, a dire il vero per i miei gusti è anche troppo modesto, ma le festività sono quasi finite quindi mi sono dovuta accontentare di quello che ho trovato.

"Bentornata a casa"
Si volta verso di me ed è come se mi vedesse solo ora, le si riempiono gli occhi di lacrime.

"Ho fatto qualcosa di sbagliato? Mi dispiace non volevo farti piangere, se non vuoi tolgo tutto stanotte e..."

"Stai zitta" Mi corre incontro e mi abbraccia, mi stringe forte. Sento di nuovo quella sensazione materna che ho provato con la signora Francesca, sarà l'effetto delle donne mature, che ne so.
Continua a singhiozzare tra le mie braccia e mi sussurra un grazie che è così carico di sentimento che mi sembra urlato.

Con te o con nessuno.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora