Capitolo 28

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Il locale dove ci siamo fermati per mangiare sembra un'abitazione privata. Arroccato tra alcune rocce e contornato da agave giganti e bouganville purpuree, con i suoi colori bianchi e blu, non sembra neanche di stare in un paese arabo, ricorda di più la Grecia.

La Grecia, già, dove ufficialmente dovrei trovarmi in questo momento.

Franca ci informa sulla tradizione di questo paesino nel mantenere, nel tempo, il colore delle porte blu e le facciate bianche.

Inoltre, dice che molti artisti stranieri scelsero di venire a vivere qui.

Sembra una piccola oasi felice.

Mentre mangiamo cous cous a base di pesce, ma esageratamente piccante, dico:

«Mamma mi ha detto che molti tunisini si sono stabiliti a Mazara del Vallo, per lavorare nel settore della pesca. Non è un controsenso?» Il mio intervento genera un certo disagio. Nessuno parla.

«E molte donne sono rimaste vedove ancora giovani. I loro mariti sono morti sul lavoro. A Mazara c'è una comunità di tunisine, lo sapevate?» continuo.

Alcuni di loro sembrano non aver compreso quello che ho appena detto. Mimmo guarda altrove. Francesco mi osserva con interesse.

«Io non sono mai stata a Mazara» dice Giusi.

«Tua madre sa un sacco di cose» interviene Franca. Non riesce proprio a nasconderlo quel suo tono tagliente.

«Beh, è un'insegnante... Ha un po' il dovere di essere informata, altrimenti cosa insegnerebbe ai suoi studenti, solo formule?»

Un frastuono chiassoso fa sobbalzare tutti quanti. Antonella, alzandosi di malo modo, ha fatto rovesciare la sedia che è andata a sbattere al tavolino dove, a sua volta, si sono rovesciati dei bicchieri.

Incurante di tutto ciò si allontana a passo sostenuto, con movimenti nervosi, come le capita spesso di fare.

Cosa ho detto adesso di fastidioso?

Francesco la segue con lo sguardo per un po', poi si alza anche lui per raggiungerla. Tutti guardano nella loro direzione, ma io ho solo il tempo di vedere che lui le si affianca, perché poi spariscono alla nostra vista, coperti da una serie di costruzioni.

Non capisco davvero cosa sia successo. È da quando mi ha dato lo spintone, oggi pomeriggio sul catamarano, che è sprofondata nel malumore. Poi mi chiedo: perché accorre sempre Francesco, quando si tratta di lei, e non Giusi?

C'è un imbarazzante silenzio diffuso. Mimmo tocca con una mano la spalla di Franca: «Facciamo due passi?» Le chiede. Lei si alza docilmente e senza dire nulla si incamminano verso la parte opposta rispetto a dove si sono diretti Francesco e Antonella. Guardo gli altri. Avverto una fastidiosa atmosfera omertosa che mi fa sentire sempre più fuori luogo.

Mi alzo e vado ad affacciarmi alla ringhiera del terrazzino adiacente. La vista è meravigliosa, c'è un'aria di pace là sotto, verso ovest è rimasta ancora una sfumatura rosea. L'aria è calda.

«A volte mi chiedo se lo fai apposta», la voce di Giusi. La guardo sorpresa, allora parla.

«A che ti riferisci?»

«Lei soffre. Lo sai che non ha i genitori, no?»

«E allora? Perché sarei responsabile io?»

«Hai sempre quell'aria della ragazza perfetta, con la famiglia perfetta».

«Io non l'ho detto».

«Ma si vede che è così. Noi abbiamo tutti delle vite difficili».

«Ma perché dovrei essere io la causa di questa vostra infelicità?»

Quell'Estate sull'OceanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora