Apre la porta con le chiavi e mi vede subito, ma non dice nulla. Devo avere una risatina ebete sulla bocca.
Richiude la porta. «Da adesso fino a stasera non ci disturberà più nessuno» dice, dopo due mandate.
Suona come una minaccia.
Avanza con la sua solita andatura molle fino a passarmi vicino senza guardarmi, per andare verso il lavello e posare una scodella che tiene in mano. Mi fa impazzire quando finge indifferenza e so che non è così; l'ho vista la luce nei suoi occhi, anche se sono un po' annebbiata. Rido come una cretina mentre ruoto su me stessa per seguire i suoi spostamenti.
«Cosa sono?»
«Fichi d'india, puliti e sbucciati, ne vuoi?»
Rido di nuovo a un ricordo. «Sai, che quando siamo arrivati qua per la prima volta, c'erano i frutti di fico d'India sulle pale delle piante» mi prende a ridere «mio fratello non li aveva mai visti prima... ed è corso... a raccoglierli... con le mani» scoppio in una risata euforica, di nuovo «ha dormito per tutta la notte con le mani alzate... mia madre l'ha trovato la mattina, rigido, come uno stoccafisso». La risata diventa incontenibile, ho le lacrime agli occhi.
I suoi invece, hanno una luce divertita. «Hai fumato, Alba?» mi chiede con la stessa indifferenza con cui dispone i frutti in un piattino. Sa bene che l'ho fatto, l'odore nell'ambiente è inconfondibile.
Si avvicina. «È la mia camicia questa?» E intanto guarda lì, dove è più aperta.
«Sì, ma non ho curiosato tra le tue cose, l'ho presa in bagno, stava buttata da una parte» rispondo con una voce al gusto di miele. Ha un frutto in mano, di colore rosso porpora, lo apre e ne avvicina un pezzo alla mia bocca. «Sembrano buoni, ho fame, tu no?» chiedo con una voce che non è la mia. Poi, lo prendo con le labbra e non stacco gli occhi dai suoi, è dolcissimo e succoso.
«Mmmh, che buono». Qualche gocciolina si ferma agli angoli della bocca. La recupero con la lingua.
Lo leggo il suo desiderio, che è anche il mio. Non vedo l'ora di assaggiare la sua bocca..
«Sai, Alba, che potrei approfittarmi di te?» Mi passa il pollice intorno alle labbra.
«Ma io voglio che approfitti di me» civetto al massimo della provocazione e continuo a ridere come una scema.
Si allontana per andare ad armeggiare non so cosa allo stereo, ah, forse ha cambiato pezzo: Drive.
Si toglie la maglietta.
«Balliamo» dice. Mi porge una mano e mi aiuta a scendere dal piano.
Balliamo?
Mi tira addosso a sé, di schiena, nel modo in cui è solito ballare; la stretta intorno al mio corpo è più forte che in precedenza. Mi fa aderire perfettamente al suo bacino ondulante e mentre ci muoviamo, cullati da queste note strepitose, mi accarezza, lento, su tutto il corpo. Il suo respiro lo avverto sul collo, tra la spalla e l'orecchio.
Mi passa il palmo sul viso con un gesto possessivo, poi mi fa voltare. Appoggio le mani sul suo petto nudo.
Con le sue mi tiene la testa, i pollici sono ai lati della bocca; la piega indietro costringendomi a guardarlo. Non rido più.
Scende con una mano lungo tutta la mia schiena, il palmo aperto la percorre, lento, in ogni sua zona che formicola al suo passaggio; arriva giù, sulle natiche, mi accarezza, mi massaggia e intanto seguo il suo movimento ondulatorio dietro le note musicali.
Ci fissiamo.
Ha quel desiderio negli occhi, ma non morboso o impaziente, mi assaggia, pregustando quello che da qui a poco ha intenzione di godersi. Restiamo così per un po', a ballare, con la testa tra le sue mani, occhi dentro occhi.
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Quell'Estate sull'Oceano
General FictionC'è Alba. Giovane, solare, con un approccio positivo alla vita, ma anche critico. C'è il suo amore per Bruno e la volontà di vedere realizzati i loro progetti insieme. Il clima sereno che le offre la sua famiglia la incoraggia a perseguire i suoi ob...