Capitolo 1

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«Allora, non ti dispiace se trascorro la serata con le mie amiche?»

Seduta di traverso sulle sue gambe gli circondo il collo con le  braccia e, tra una frase e l'altra, gli lascio piccoli baci sul viso. Davanti a noi, la sua grande scrivania cosparsa di libri. Il suo regno.

«Non mi dispiace» mormora, mentre mi accarezza una ciocca di capelli. La sua voce gentile, lo sguardo carico di amore, «promettimi però, di essere prudente, lo sai, le discoteche sono ambientacci e non bere troppo, mi raccomando».

Sorrido. «Lo so, infatti non ci vado mai e figurati se mi metto a bere, ma era da tanto che volevamo passare una serata tra ragazze» gli passo le dita sulla fronte, accarezzo le sopracciglia folte.

«Non rientrare troppo tardi... con quel motorino non sono tranquillo» aggiunge riferendosi al mio vecchio Scarabeo.

«Starò attenta. Siamo quasi a fine giugno, in giro è pieno di gente».

«Va bene, va bene, non aggiungo altro, se no, rischio di fare le veci di tuo padre e io non voglio essere tuo padre». Sottolinea quest'ultima frase prima di prendermi il viso tra le mani e posare un bacio gentile sulle mie labbra.

Io e Bruno stiamo insieme da quasi cinque anni, da quando  frequentavo il quarto liceo e lui l'università e adesso, dopo la laurea in fisica, si prepara per un dottorato di ricerca, che da qui a breve, lo porterà lontano da me per quasi due mesi.

Oggi è il mio compleanno: ventidue anni. Le mie amiche Livia, Clara e Anna mi hanno proposto di festeggiarlo in discoteca, soprattutto Livia che abitualmente la frequenta. Ha detto che sarebbe stata una serata speciale, che avrei sicuramente gradito.

Io e Bruno non andiamo mai in discoteca, qualche volta è capitato di ritrovarsi in mezzo a qualche festa, io ballavo, lui mi guardava. Non che mi manchi, neanche io sono stata una frequentatrice assidua di quell'ambiente. Quando stiamo insieme ci dedichiamo ad altre cose, passeggiate, letture; ascoltiamo musica, a volte andiamo a teatro, o al cinema. Bruno è un genio nella sua materia. Ha un tale cervellone!

Abbiamo tanti progetti insieme. Appena mi laureerò vorremmo andare a vivere in qualche parte d'Europa, fare esperienza, mettere in pratica i nostri studi. Qui il futuro per noi giovani è difficile, viviamo in una società corrotta dove solo pochi privilegiati riescono ad andare avanti e noi non lo siamo. I nostri genitori sono lavoratori onesti che ci danno la possibilità di studiare, ma sanno già che non resteremo qui.

Intanto lui si porta avanti; frequentare questo dottorato gli consentirà di ottenere un impiego con maggior facilità.

Gli lancio un ultimo bacio mentre salgo sul motorino. Lui mi saluta con la mano.

                                                                                     ****

Quando entro in  casa trovo mia madre in cucina, impegnata a impastare qualcosa.

«Ciao mamma!»

Alza per un attimo lo sguardo, ha un'aria divertita. «Ciao, quindi stasera tutta vita?»

«Dai, mamma, è un compleanno diverso dal solito, ma niente di che».

«Bruno che dice?» Mi secca questa domanda di mia madre, neanche fossimo sposati.

«Che deve dire? Il nostro è un rapporto aperto. Quando lui ha voglia di fare delle cose con i suoi amici io mica me la prendo, e poi, stiamo quasi ogni giorno insieme».

«Mhm mhm...» Fa quel commento irritante. Mi allontano per salire in camera.

«Vado a prepararmi».

«Aspetta la telefonata di tuo padre prima di uscire» mi ricorda.

Mio padre, in questo momento, si trova per lavoro a Mogadiscio per interventi di ingegneria idraulica presso il porto, lavori che sarebbero dovuti essere già terminati da un pezzo, ma che, dopo i disordini dei mesi passati, hanno visto un notevole arresto e lo hanno costretto a rimandare il rientro in Italia, con il disappunto di mia madre che vive ogni giorno in preda all' angoscia.

Sono quasi le nove, il telefono squilla.

«Rispondi tu» grida mia madre, ancora dalla cucina.

«Pronto?»

«Ehi, piccolina, tanti auguri!»

«Grazie, papà»

«Che fai stasera? Festeggi?»

«Vado in discoteca con le mie amiche».

«Stai attenta, non mi piacciono quei posti e non mi piace che vai in giro tardi da sola».

«Lo so papà, starò attenta e non sono sola».

«Mi mancate. Ti abbraccio forte.»

«Ti abbraccio anche io».

«Mi passi tua madre?» La chiamo. Ho una lacrima incastrata tra le ciglia. Mio padre mi manca e mi manca lo stare insieme, la famiglia. Tutti si preoccupano di questa serata. Forse io non posso comprendere quello che prova un genitore. Abbiamo vissuto anni terribili, serrati in casa come fossimo in un Far West. Le sparatorie per le strade erano all'ordine del giorno. Adesso, dopo la conclusione del maxi processo, sembra essere ritornata un po' di pace. E ho voglia di un po' di leggerezza.

Quell'Estate sull'OceanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora