Capitolo 6

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- Che?!?!- sbottai io nel panico, guardandolo sconcertata.

- Preferisce rimanere sotto la pioggia e morire dal freddo?- ribatté lui sarcastico, sollevando un sopracciglio.

Feci una smorfia contrariata ed alla sola idea di dover aspettare tutto quel tempo con quelle condizioni atmosferiche, fui scossa da un brivido che mi percorse tutto il corpo, fino a penetrare nelle ossa.

- Lo immaginavo.- disse lui sorridendo compiaciuto, dopodiché inserì la marcia e partì.

Mi sentivo come un pezzo di legno.

Ero completamente agitata, con il cuore che mi batteva a mille e con le guance infuocate per la vergogna, perché tutte le situazioni mi ero immaginata, tranne che quella di andare a casa del mio assistente.

Si creò un silenzio imbarazzato in quella macchina, perché per quanto lui potesse mostrarsi tranquillo, potevo vedere anche in lui, lo stesso disagio che stavo provando io e lo capivo dalle sue dita che ticchettavano nervosamente sul volante e dalla sua mascella contratta.

Sorrisi sorniona nel guardarlo in quello stato, perché mettere in difficoltà Marco Ferraro era a dir poco soddisfacente.

Percorremmo una strada situata nella zona di Posillipo, via Orazio per la precisione, uno dei punti più panoramici di Napoli, dove ci si poteva beare di una vista incantevole del golfo.

Per chi era nato in un posto di mare, quest'ultimo aveva una funzione essenziale, perché per quanto lo si poteva vedere tutti i giorni e per quanto si potesse pensare di essersi abituati a quella vista, Napoli, ogni giorno, presentava delle sfumature di colore sempre diverse; era in grado di incantarti e costringerti ad osservarla, era capace di trasmetterti pace e serenità, anche nei periodi più bui della tua vita.

Per chi, come me, era nato in un posto di mare, starci lontano era una sofferenza, una sofferenza che, per chi non aveva avuto la mia stessa fortuna, non era in grado di capire e forse era anche questo, uno dei motivi che mi aveva spinto a tornare.

Mi mancava il mare.

Il suo odore, il suo colore, la sua vista e la separazione dallo stesso per tre lunghi anni, aveva fatto nascere in me il bisogno viscerale di sentirlo e forse per questo che lo apprezzavo in ogni momento, come se fosse sempre la prima volta.

Sorrisi dolcemente con il capo appoggiato al finestrino, mentre mi beavo di quella vista, perché Napoli era bella anche con il cielo grigio e le onde alte che si scagliavano prepotentemente sugli scogli, anzi, forse era ancora più bella.

Mi risvegliai dai miei pensieri, solo quando sentii la macchina fermarsi ed il rumore del motore farsi sordo.

Lo seguii timorosa, mentre lui mi faceva strada ed entrammo in un palazzo ben tenuto e con pochi piani e giunti al terzo, lo vidi inserire la chiave nella toppa ed aprire.

Ero completamente a disagio; mi sentivo un masso sullo stomaco ed i pensieri erano sconnessi, perché fondamentalmente non sapevo come comportarmi.

Avrei continuato a dargli del lei? Mi sarei dovuta sedere sul divano in silenzio ed aspettare?

Oh cavolo, ero completamente in panne.

Aprì la porta e con un cenno m'invitò ad entrare e non potei non stupirmi, nel vedere il suo appartamento.

Grande, arioso, luminosissimo; appena entravi c'era un salone arredato in stile moderno, con una grande vetrata che dava su un terrazzo, dal quale si godeva una vista da mozzare il fiato.

Ma come faceva ad essere sempre così incazzato, se appena sveglio, godeva di questo paradiso?

- Vieni con me.- disse lui serio, avviandosi verso una stanza, che immaginai fosse la camera da letto.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora