Capitolo 19

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Impiegai dieci minuti buoni a decidermi di aprire gli occhi e farlo fu più difficile del previsto, specie se si avevano i muscoli intorpiditi ed una stanchezza allucinante addosso.

Sbattei le palpebre più volte, prima di riuscire a mettere a fuoco l'ambiente circostante e quando ciò avvenne, mi ritrovai ad aggrottare le sopracciglia confusa, poiché quello che avevo davanti non era il mio armadio e quello non era il muro arancione di camera mia.

E fu in quel momento che le immagini della sera precedente colpirono violentemente la mia mente.

Ricordai la freddezza dei suoi occhi e delle sue parole quando ci eravamo incontrati in discoteca, la sua rabbia quando mi aveva trovato con Guido e poi la dolcezza e la passione che ci aveva travolti in quell'ufficio, passione che poi era continuata a persistere per tutta la notte, quando nonostante la stanchezza e l'ora tarda, nessuno dei due era riuscito a trovare il coraggio di togliere le mani di dosso dall'altro, troppo affamati dei nostri corpi e troppo dipendenti dai nostri sapori per poterlo fare, ma soprattutto, troppo avari per lasciare quel calore così accogliente, frutto dell'unione dei nostri esseri.

Ed io mi ero totalmente abbandonata a lui, indipendentemente dalle conseguenze ed ignorando i nostri precedenti.

Non avevo pensato al rischio che stavo correndo, non avevo pensato al fatto che lui potesse allontanarmi di nuovo, così da distruggermi definitivamente, no, io avevo spento il cervello e la razionalità.

Mi ero goduta l'attimo.

Sbarrai gli occhi terrorizzata.

Porca puttana, l'attimo era finito ed era giunto il momento di affrontare queste maledette conseguenze.

- Oh mio dio! – esclamai sconvolta, sollevando di scatto il busto e mettendomi a sedere, mentre facevo dei respiri profondi in preda all'agitazione.

Un grande senso di ansia mi attanagliò lo stomaco ed iniziò a far scalpitare il mio cuore, mentre con una mano tastavo a tentoni la parte di letto posta affianco a me, così da verificare che lui fosse ancora lì.

Ma con mia enorme sorpresa, sentii dei movimenti tra le lenzuola e con molta cautela, mi voltai alla mia destra.

Marco Ferraro, che prima dormiva beato, si stava rigirando nel letto, infilando un braccio sotto il cuscino, braccio che non mi ero resa conto che prima era arpionato intorno alla mia vita, mentre dalle sue labbra uscivano grugniti di fastidio e versi che sembravano essere veri e propri ringhi.

M'immobilizzai all'istante, mentre i miei occhi sgranati guardavano stupiti la bellissima figura del mio assistente, che anche di prima mattina ed ancora nel mondo dei sogni, riusciva ad essere una visione da mozzare il fiato.

- Ma che cazzo di problemi hai? – mugugnò lui infastidito, con la voce ancora impastata dal sonno.

Arrossii violentemente, mentre incrociavo le gambe al petto in imbarazzo e con le mani tiravo su il lenzuolo per coprire il mio corpo nudo.

Non parlai; mi limitai a tenere lo sguardo basso, mentre la mia mente iniziava a farsi trip mentali pazzeschi ed a sfornare varie interpretazioni sul fatto che lui fosse ancora lì accanto a me.

Era rimasto perché aveva deciso di non allontanarmi più? Era rimasto perché provava qualcosa per me, al di là della ormai evidente attrazione fisica? O semplicemente era stanco a causa di tutta la ginnastica che avevamo fatto?

E a quel pensiero mi rabbuiai.

- Alessandra? –

Alzai il capo ed incrociai gli occhi azzurri di Ferraro finalmente aperti, che mi scrutavano sospettosi.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora