Capitolo 24

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Pov Marco

- Sì, era la camera dei miei genitori! -

Sgranai gli occhi sconvolto e mi sentii un battito mancare.

Non ero preparato a quello; Alessandra mi stava mostrando quanto di più caro avesse, segnando una svolta importante alla nostra relazione.

Mi stava affidando la parte più fragile di sé stessa, mettendosi completamente a nudo ai miei occhi e la cosa mi metteva a disagio, ma non ero il solo a sentirmi così.

Lei se ne stava lì, al centro della stanza, a guardarmi con imbarazzo ed insicurezza, mentre si torturava il labbro inferiore con nervosismo.

Io ero immobile, con lo sguardo colmo di sorpresa, mentre lei mi lanciava di tanto in tanto occhiate di sottecchi, aspettando che proferissi parola.

Aveva la schiena curva ed una postura nel complesso tesa e si vedeva quanto le stesse costando emotivamente quel gesto.

Non ci era mai entrato nessuno, a parte Flaminia una volta...

Quella frase mi stava torturando, perché il dubbio che mi si era insinuato nella testa era: perché a me?

Perché io, tra tanti, perché me, se stavamo insieme da poco?

Non sapevo cosa fare, pensare, insomma, come ci si comportava in queste situazioni così delicate? Quali erano le parole giuste ed i comportamenti più adeguati?

Non era facile; non era facile per lei, che si stava sottoponendo ad uno stress emotivo ineguagliabile, così come ineguagliabile era lo sforzo per abbattere totalmente quella parte di muro che si frapponeva tra noi, ma non era facile neanche per me.

Non era facile trovarsi ed affrontare situazioni simili, ma non lo era neanche vederla così fragile ed indifesa e non sapere cosa fare.

- Non dici nulla? - chiese lei preoccupata, ridestandomi dai miei pensieri.

Sbattei rigorosamente le palpebre più volte, dopodiché avanzai nella sua direzione, fino a che non giunsi davanti a lei.

- Perché me? - sussurrai debolmente io, guardandola intensamente negli occhi.

La mia domanda la colpì alla sprovvista ed un moto di sorpresa invase le sue iridi verdi, mentre le sue gote s'imporporavano leggermente.

- Non lo so...- ammise lei sincera -...forse perché mi fido di te. - concluse, scrollando le spalle a disagio.

E la sua sincerità spazzò via, ancora una volta, ogni mia resistenza, lasciando solo un'accogliente senso di calore a penetrarmi nelle viscere.

Le sorrisi dolcemente e con estrema delicatezza, sfiorai con la mano le sue dita, cercando di trasmetterle tutto il coraggio ed il sostegno di cui in quel momento aveva bisogno.

- Quando quel giorno mi bocciasti, mi sentii crollare il mondo addosso...- esordì lei, sorridendomi calorosamente -...era la prima volta che mi accadeva e successe proprio in diritto penale. Insomma, io volevo fare il pubblico ministero e tutt'ora è il mio sogno e l'essere stata bocciata proprio nel mio esame preferito fu una bella batosta! - concluse Alessandra ridacchiando.

Ricordavo perfettamente quel giorno; la sua determinazione e la sua schiettezza mi avevano colpito sin da subito, anche se non proprio in termini positivi e ricordavo perfettamente anche l'audacia con cui mi aveva risposto a tono e le espressioni contrariate che non si preoccupava di nascondere, nonostante il rapporto gerarchico.

- Credevo di essere stata vittima di un'ingiustizia; credevo di esser stata bocciata solo perché un certo assistente, parecchio stronzo e vendicativo...- e nel dire questo, mi lanciò un'occhiata divertita, a cui io risposi con un ghigno provocatorio -...avesse deciso di farmela pagare. -

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora