Capitolo 28

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Pov Marco

-Quanto hai? – chiesi io con voce debole.
- 38.3. – rispose Alessandra in un lamento – tu? – biascicò lei sofferente.

-37.7 – dissi io, abbozzando un sorriso.

-Due idioti! – sbraitò Flaminia adirata, puntandoci il dito contro – Due idioti, ecco cosa siete! – ci accusò lei severa, alzando gli occhi al cielo.

Dopo la festa avevo portato Alessandra a casa mia per trascorrere la notte insieme, in quanto bisognoso del suo calore per poter far fronte ai tumulti che mi avevano travolto, ma come la mia ragazza aveva previsto, il risveglio era stato tutt'altro che piacevole.

Entrambi avevamo aperto gli occhi a fatica, mentre delle fitte lancinanti colpivano le nostre teste ed ogni tentativo di muovere un arto si rivelava vano, a causa dei muscoli intorpiditi.

Non eravamo riusciti ad alzarci dal letto per tutta la mattinata, poiché al minimo soffio di aria esterno, i nostri corpi venivano scossi da brividi incontrollati, mentre la freddezza colpiva lancinante le nostre ossa, causando una spietata agonia.

E adesso era pomeriggio inoltrato e giacevamo sul divano avvolti da una trapunta pesante e con un carnato pallido mostruoso, mentre Luca e Flaminia ci osservavano soffrire e gemere dal dolore.

-Ma come diavolo vi è saltato in mente di trascorrere la serata sugli scogli con questo freddo?! - continuò ad infierire l'amica di Alessandra con tono alterato.

Chiusi gli occhi e mi portai le dita alle tempie, mentre la voce stridula di Flaminia continuava a riecheggiare nelle mie orecchie, aggravando la mia già lancinante emicrania.

-Flami ti prego, non urlare! – sussurrò flebilmente Alessandra, mentre si rannicchiava ancora di più sotto le coperte.

Sorrisi intenerito nel vedere la mia ragazzina diventare un tutt'uno con il plaid: sembrava un tenero bruco racchiuso nel suo bozzolo.

-Non urlare?! – sbottò lei inferocita – Sono dovuta correre per venirti a prendere e corriamo pure il rischio che non arriviamo a casa, senza che tu mi svenga prima tra le braccia e mi dici pure non urlare?! – gridò lei incredula.

Alzai gli occhi al cielo, sbuffando esasperato ed utilizzando le poche forze di cui disponevo, mi voltai quel tanto che bastava verso il mio amico, il quale, intanto, osservava divertito la ragazza urlarci contro.

-Ti prego...- lo supplicai io sofferente - ...falla smettere! – biascicai io pregante.

Flaminia, che a quanto pare era in grado di sentire anche gli ultrasuoni, si voltò verso di me e mi fulminò con lo sguardo.

-Ma tu non eri "il bacchettone fissato"? – mi etichettò lei, facendo una smorfia contrariata.

Aggrottai la fronte stranito e le rifilai un'occhiata poco convinta.

-Che sono io? – domandai perplesso.

Luca scoppiò a ridere di gusto, mentre Flaminia, lievemente in imbarazzo, lanciava delle occhiate timorose ad Alessandra che, intanto, la stava fulminando con gli occhi.

-Ehm...un bacchettone fissato! – ripeté lei, sorridendo teatralmente.

Assottigliai lo sguardo e guardai prima Flaminia mordersi il labbro a disagio e poi Alessandra che guardava l'amica in modo poco amichevole.

-E chi mi avrebbe definito in questo modo? – indagai io sospettoso.

La ragazza non rispose; si limitò a distogliere lo sguardo in difficoltà, mentre io guardavo diffidente la mia studentessa.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora