Capitolo 25

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Pov Marco

- Il professore. –

Ero pietrificato.

Il mio più grande timore, la ragione primaria di tutte le mie resistenze, la paura di veder andare in fumo anni di lavoro e sudore, si concretizzarono materialmente in quel momento, proprio al di fuori di quella porta.

Alessandra era terrorizzata come me e ci guardammo spaesati per una frazione di secondo, senza riuscire a proferire parola.

- Marco?! –

Il richiamo del professore mi fece rinsavire e sobbalzare di scatto ed una scarica di adrenalina invase il mio corpo, facendo riprendere anche il mio cervello, il quale, fortunatamente, prese a macchinare i più svariati piani di azione.

Mi staccai da Alessandra e con urgenza, presi ad osservare ogni angolo della stanza alla ricerca di un nascondiglio adatto per lei e quando il mio sguardo si posò sulla scrivania, mi si illuminarono gli occhi.

- Nasconditi qui sotto. – ordinai io perentorio, guardandola seriamente negli occhi.

Alessandra, ancora visibilmente sconvolta, annuì con il capo e con uno scatto felino afferrò la borsa e si avviò a nascondersi.

Guardai con perplessità i suoi gesti avventati e frettolosi e conoscendo la goffaggine della mia donna, un forte senso di preoccupazione m'invase, poiché tra tutte le persone possibili, lei era la meno indicata per una situazione del genere.

Cercai di non farmi prendere dal panico e dopo aver chiuso gli occhi ed aver fatto un respiro profondo, mi passai una mano tra i capelli con nervosismo e mi accinsi a raggiungere la porta.

Poche falcate mi separavano dalla stessa e mentre cercavo di darmi un contegno, aggiustandomi la camicia ed infilandomi la giacca, un leggero tonfo giunse alle mie orecchie.

- Ahia! – bisbigliò Alessandra dolorante, probabilmente perché aveva colpito con la testa la superficie in legno della scrivania.

Ecco, proprio come temevo.

Mi portai una mano in faccia affranto e sospirai amareggiato.

- Sono fottuto. – mormorai io rassegnato, prima di deglutire ed aprire la porta.

La figura del professore Contieri, mio maestro, nonché titolare dello studio presso il quale esercitavo, si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia confuso nel momento nel quale incrociò il mio viso stravolto.

- Ah, allora ci sei! – constatò lui sorpreso, continuando a scrutarmi con lo sguardo.

- Scusi prof, ero al telefono e non l'ho sentita! – mi giustificai io, cercando di mostrarmi il più credibile possibile.

Il professore, da ottimo avvocato qual era, non era per nulla convinto dalle mie parole e mi fissava con il suo solito sguardo indagatore, capace di penetrarti anche nel profondo.

Distolsi lo sguardo da lui e gli lasciai lo spazio per passare e con un grandissimo senso di ansia ad attanagliarmi lo stomaco, lo seguii alla scrivania, dove entrambi prendemmo posto.

Fortunatamente essa era aperta solo dal mio lato, ma il pensiero che Alessandra fosse là sotto mi rendeva inquieto e sperai con tutto il cuore che quel colloquio finisse alla svelta.

Porca miseria, in che guaio mi ero andato a cacciare?!

- Ti ho portato queste per il caso Ferrarini...- disse il prof, porgendomi una cartellina blu.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora