Extra: Come tutto è iniziato

17.7K 617 81
                                    

Come tutto è iniziato

Erano quelli i momenti che temevo di più. Quelli in solitudine, faccia a faccia con i miei pensieri, trascorsi su un materasso troppo grande e freddo, a fissare con sguardo vacuo il soffitto. Quelli in cui il sonno diveniva ipotesi remota e speranza vana, quelli in cui nessuna posizione era abbastanza comoda per poter allietare i miei muscoli intorpiditi. Quelli in cui i pensieri sfinivano la mente e il cuore si ammutoliva in segno di protesta.

Mi girai sul fianco e guardai la parte di letto vuota accanto a me. Faceva ancora strano vederla così asettica, nonostante fosse passato tutto quel tempo. E faceva male, soprattutto, perché quella parte vuota, così inutile alla vista, così spaziosa, era capace di ingombrare con violenza il petto. O di sgombrarlo, forse; ancora non avevo ben capito se mi sentissi più vuoto di emozioni, o troppo pieno di sofferenza.

Allungai placidamente la mano e accarezzai con timore il cuscino bianco immacolato, ma fu un attimo. La ritrassi immediatamente, scottato, se possibile, da una superficie troppo fredda.

O forse era solo fredda al tatto, ma racchiudeva in sé tanto di quel dolore da bruciarmi l'anima.

Gemetti frustrato e mi alzai dal letto, conscio che qualunque tentativo di assopirmi non sarebbe servito a nulla, se non a distruggere quel poco che ero riuscito a costruire dopo quel maledetto giorno di qualche mese fa.

Andavano sempre così quelle notti; esse trascorrevano lente, crudeli, quasi fermassero volontariamente il tempo per sfinirti, per distruggerti, per costringerti a inginocchiarti, alzare gli occhi al cielo e chiedere di essere risparmiato da quella tortura che a poco a poco ti avrebbe condotto alla morte.

Poi, proprio quando sentivi che stavi per cedere, era già mattina. E quando la luce fioca illuminava timidamente il golfo, passando per la mia finestra, io tornavo a respirare.

Quella, malgrado le premesse e la notte insonne, era una grande giornata per me. Avrei tenuto per la prima volta un corso da quando ero diventato cultore della materia in diritto penale. Ero consapevole di essere molto giovane per quello, ma non mi spaventava, anzi, era proprio quello di cui avevo bisogno, dopotutto, la mia carriera era l'unica cosa che mi era rimasta da quando Laura era sparita dalla mia vita.

Guardai affranto quei quattro scatoloni all'ingresso, gli ultimi pezzi della sua presenza nel mio appartamento. E forse anche gli ultimi pezzi del mio cuore malmenato.

Mi passai una mano sul viso stanco e mi trascinai verso il bagno, spezzando quel silenzio soffocante con la mia ordinaria routine.

Non era il momento adatto per struggersi in tedianti ricordi, eppure, mentre l'acqua scorreva sul mio corpo e mentalmente ripetevo la lezione che avrei dovuto tenere agli studenti quelle prime due ore, mi venne quasi naturale addentrarmi tra gli affollati tumulti del mio animo.

Anche questa era diventata una prassi: detestabile, sfiancante, ma così puntuale da diventare un seccantissimo appuntamento quotidiano.

Da quando Laura era andata via, portando con sé anni di progetti insieme e la mia felicità, sentivo di essere diventato una persona diversa.

Sempre rigido, ligio al dovere e con un'ossessiva e spropositata fiducia nella ragione, ma con qualcosa di meno. O di più; dipende dai punti di vista.

Ero diventato apatico. Credevo addirittura di esser diventato anafettivo, perché nulla e nessuna sembrava esser capace di innescare una qualche reazione che avrebbe potuto colmare di poco quel vuoto che sentivo dentro.

Quando terminai il nodo alla cravatta e infilai giacca e cappotto, feci un respiro profondo e mi preparai mentalmente a tutte le mie incombenze lavorative, ma quando mi parai dinanzi a quegli scatoloni, tergiversai qualche attimo.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora