Capitolo 40

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Pov Alessandra

I raggi di sole s'infiltrarono nella stanza di soppiatto, puntandosi con incuranza e maleducazione negli occhi della sottoscritta ed accelerando così quel processo di risveglio che nel mio caso risultava essere assai lungo. Amavo dormire e al contempo odiavo i risvegli, soprattutto quando essi erano indotti e non volontari.

Strizzai gli occhi con vigore ed emettendo un mugolio di fastidio, mi arresi alla volontà della natura, alzando svogliatamente le palpebre. Sbuffai contrariata e pervasa dal consueto torpore mattutino, alzai le braccia e contorcendomi come un serpente, allungai le gambe e mi stiracchiai.

Una serie di versi squillanti uscì dalla mia bocca nel distendere i muscoli, e quando la mia gamba, in preda ad un gesto incondizionato, urtò con violenza un corpo tonico disteso accanto a me, ad essi seguì un potente tonfo che fece tremare il pavimento.

- Alessandra, porca puttana! – tuonò Ferraro da terra, con voce roca per il sonno, mentre ancora intontito si massaggiava la schiena.

Scattai seduta e quando vidi l'assistente giacere a terra ed imprecare sotto voce le peggiori bestemmie, mentre le sue iridi celesti ancora si rifiutavano di uscire allo scoperto, mi portai una mano davanti alla bocca e trattenni un risolino.

- Oh dio, scusami! – esclamai tra le risa.

Marco aprì un solo occhio e vedendo un sorriso troneggiare sul mio volto, storse il labbro infuriato e sbuffò rumorosamente.

- La prossima volta te le lego quelle gambe! – minacciò lui risentito, mentre a fatica si alzava in piedi – Non ho mai ricevuto così tanti calci in tutta la mia vita! – si lamentò l'assistente nervoso.

Mi passai una mano nei capelli arruffati, che si disperdevano disordinati davanti al viso, e sorrisi malandrina.

- Che ci vuoi fare! Al mio corpo istighi violenza! – ironizzai, facendogli l'occhiolino.

Ferraro borbottò qualche insulto non ben definibile, poi si passò una mano sul viso stanco e sospirò.

- Vaffanc-...- fece per rispondere a tono l'uomo, poi ad un tratto si bloccò ed un ghigno malefico si increspò tra le sue labbra.

Socchiusi gli occhi guardinga e mentre l'assistente sollevava le sopracciglia, visibilmente divertito, io davo un'occhiata allarmata al mio aspetto, temendo fosse quest'ultima la causa dell'ilarità dell'avvocato. Ma caddi in errore.

- In che senso ti istigo violenza? – insinuò Ferraro malizioso.

- Nel senso che-...- ma quando colsi l'allusione, divenni paonazza e sollevai gli occhi al cielo - ...Oh, per la miseria, Marco! Non era un'allusione sessuale! Figuriamoci se faccio allusioni su di te! – mi difesi con enfasi, avvertendo l'imbarazzo penetrarmi sotto la pelle.

L'assistente fece finta di pensarci su, dopodiché affilò lo sguardo e tornò ad inchiodare i miei occhi verdi timorosi, come ogni volta che cercava di mettere in difficoltà qualcuno.

- Considerando che ieri quasi ti rompevi il naso per guardarmi il pene, mi sembra piuttosto verosimile che tu faccia allusioni sessuali sulla mia persona! – mi rimbeccò l'avvocato, sorridendo trionfante – E comunque non sarebbe la prima volta. – m'incalzò, facendomi l'occhiolino.

Spalancai la bocca, oltraggiata, e con le guance color porpora, sbattei con violenza i palmi sul materasso, indispettita.

- Va' al diavolo! – sbottai irritata, incrociando le braccia al petto.

Ferraro si leccò labbra, gongolante, e dopo avermi scoccato un'ultima occhiata divertita, si voltò e si avviò verso il bagno. Fece per entrarvi, ma ad un tratto si fermò e mentre io tenevo il capo girato, stizzita, l'assistente ridacchiò e tornò ad attirare la mia attenzione.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora