Capitolo 34

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Pov Marco

Poggiai il capo sulla pelle del sediolino della mia auto e cercai di ritrovare quel respiro che mi era venuto a mancare in quegli attimi. 

La gola bruciava per l'assenza di aria e gli occhi erano sbarrati per lo sconcerto, perché mai avrei voluto sentire quelle parole uscire dalla sua bocca.

Chiusi gli occhi ed inspirai avaramente l'aria circostante, cercando di buttare fuori le emozioni che, affamate, stavano divorando il mio autocontrollo.

E ce n'era una che, prepotente, tentava di scavalcare tutte le altre: la paura.

- Cristo santo! – imprecai tra i denti, mentre nel panico strofinavo i palmi sulla fronte.

Passò del tempo prima che riuscissi a ritrovare la calma, ma neanche a mente più lucida ero in grado di formulare un pensiero razionale e coerente ed a capire come mi sentissi in quel momento.

Non avvertivo nulla di nitido, se non un incessante bisogno di fuggire via.

Ed era proprio questa preponderante paura che, con i suo artigli affilati, si aggrappava alla mia pelle e trovando nella mia carne l'appiglio, tentava di trascinarmi verso il fondo del baratro.

Feci un respiro profondo e mi strofinai vigorosamente gli occhi, prima di mettere in moto ed assecondare la voglia di allontanarmi da lì.

Guidai per inerzia e ringraziai il cielo che non ci fosse chissà che movimento in giro, data la mia disattenzione. Parcheggiai l'auto fuori al locale di Giovanni e mi recai direttamente verso il nostro tavolo, cercando di mascherare al meglio il mio viso segnato dal turbamento attraverso lunghi respiri. Camminai a passo svelto e quando riconobbi le figure dei miei amici che, preoccupati, mi osservavano avanzare attentamente, indurii la mascella.

- Oh, Marco, tutto bene? – chiese Roberto, posandomi una mano sulla spalla.

Annuii distrattamente con il capo e mi diedi un'occhiata in giro alla ricerca di una persona in particolare, ma nonostante gli sforzi dei miei occhi scrutatori, di Laura non vi era alcuna traccia.

- Laura? – domandai, aggrottando la fronte stranito.

I miei amici si scambiarono prima uno sguardo titubante, dopodiché sospirarono e tergiversarono ancora per racimolare il coraggio per rispondermi.

Socchiusi gli occhi sospettoso di fronte alla loro evidente titubanza ed un brutto presentimento s' insinuò nella mia mente causandomi una leggera morsa d'ansia.

Affilai lo sguardo e li incitai a parlare, ma il cuore iniziò a battere sempre più forte dinanzi a quell'evidente timore.

- Allora? –

Fu Luca a prendere l'iniziativa. S'inumidì le labbra e dopo aver rilasciato un sonoro sospiro, fiatò.

- Se ne è andata. – disse lui grave - Ti ha visto andare via con Alessandra e non ha resistito. Era sconvolta. –

Il mio corpo ed il mio cuore raggelarono all'istante.

Il sangue smise di circolare ed ossigenare il cervello, impedendo qualunque barlume di raziocinio e non riuscii a proferire parola per una buona manciata di secondi, mentre le conseguenze delle mie azioni a poco a poco iniziavano a prendere forma, spiattellando dinanzi ai miei occhi l'idiozia e la sconsideratezza del mio comportamento.

- Porca puttana! – sussurrai affranto, passando le dita tra i capelli.

I miei amici mi guardarono con comprensione e mi rifilarono delle pacche sulle spalla per darmi conforto, ma neanche il più caloroso degli abbracci avrebbe potuto sciogliere il ghiaccio che s'inspessiva nelle mie viscere.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora