Capitolo 1

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- Mi boccerà, ne sono sicura!- mi lagnai io, stendendomi a peso morto sul letto.

- Andrà bene, tranquilla!- mi rincuorò Flaminia.

La scena era patetica.

Ero stesa sul letto, interamente cosparso da appunti e riassunti, con il libro di diritto penale al posto del cuscino ed il codice penale tra le gambe.

- Posso sapere anche tutti i commi di tutti i cazzo degli articoli, ma lui mi boccerà, mi gioco le palle!- ribattei sconfitta io, cacciando un lamento.

- Punto primo: non hai le palle!- precisò lei, scocciata dalle mie lamentele - Punto secondo: ti stai fasciando la testa prima di cadere e non sta scritto da nessuna parte che farai l'esame con lui!- concluse Flaminia sorridendomi, con l'evidente intento di risollevarmi il morale.

Le rifilai un'occhiata scettica.

Di poche cose ero sicura ed una di queste, era che Marco Ferraro mi odiava.

Nei giorni successivi a quel fantomatico episodio, lui non aveva perso nemmeno un'occasione per mettermi in imbarazzo davanti a tutti i miei compagni di corso. Mi chiamava ad intervenire su argomenti di cui non potevo avere la benché minima idea e lui, nonostante fosse consapevole che non avrei mai potuto rispondere a quelle domande, mi interpellava lo stesso, solo per il gusto di vedermi arrossire in preda alla vergogna, sotto lo sguardo di tutti.

Ah, ovviamente, senza astenersi dal fare commenti del tipo: " Beh, da una come lei, non mi aspettavo di certo una risposta sensata!", giusto per infierire ancora di più e pormi non solo al centro dell'attenzione, ma facendomi diventare anche il clown della situazione, poiché tutti, non sapevo se perché lo trovassero realmente divertente, o se fosse solo per compiacerlo, mi deridevano.

Era passato un mese da quel maledetto giorno, quel giorno in cui avevo segnato una svolta in negativo alla mia impeccabile carriera universitaria ed in quale materia dovevo andarmi a compromettere?

Diritto penale.

Io che volevo fare il pubblico ministero, io, che volevo addirittura chiedere la tesi in questa materia, io, che avevo offeso il pupillo del professore.

Mannaggia a me ed alla mia lingua lunga.

La mia vita sarebbe stata senz'altro più facile, se fossi stata una di quelle calme e pacate, o ancora meglio, una leccaculo di prima categoria, ma non ci potevo fare nulla, io ero Alessandra Di Martino, quella che diceva tutto quello che pensava e che non si faceva problemi a mandarti a cagare, chiunque tu fossi.

Avevo sempre amato questo mio lato irruente; qualcuno mi definiva un'estenuante polemica, io preferivo definirmi un'estrema sincera.

Ma si sa, la sincerità non paga.

Ed infatti mi ritrovavo distesa sul letto, disperata, a fare mille preghiere a tutti i santi e gli angeli esistenti.

- Dai, forza! Chiudi i libri e riposati e vedrai che domani prenderai trenta come al solito!- mi consiglio Flà con un sorriso d'incoraggiamento e nonostante fossi particolarmente scettica, decisi di ascoltarla.

Eravamo coinquiline da quattro anni, da quando ero tornata a Napoli per iscrivermi all'università, dopo aver trascorso il periodo che andava dai quindici anni ai diciotto, a Firenze.

A quindici anni persi i miei genitori in un incidente di auto.

Mia madre era un medico, mentre mio padre faceva l'avvocato ed era stato lui ad avermi trasmesso la passione per il diritto, perché a differenza degli altri genitori che leggevano le favole ai propri figli, mio padre, prima di andare a dormire, mi leggeva la Costituzione.

Deontologicamente scorretto [#Wattys 2017]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora