Montana.

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Bloccai le mani sul petto quando una folata di aria fredda si scontrò con il mio viso esposto al gelo. Strinsi ancora più forte nel pugno la sciarpa contro la mia faccia, cercando di ripararmi in più possibile da quel freddo glaciale. La neve non cadeva più da diverse ore e grazie agli spazzaneve le strade erano libere da qualsiasi ostacolo.
Per essere appena le quattro di pomeriggio il cielo era più scuro del solito e una leggera nebbia si stava alzando lentamente. Mi affrettai a raggiungere la macchina, avrei preferito rimanere a casa a leggere un libro sotto le coperte ma mia madre mi aveva costretta ad andare a fare degli acquisti in città per il cenone di Natale.

Salii in macchina velocemente, accendendo radio e riscaldamento. <La nevicata del tutto inaspettata di queste ultime ore ha causato problemi in tutto il paese. Nessuno si aspettava questo repentino cambiamento. Ci siamo addormentati ieri con un cielo limpido e sereno per svegliarci questa mattina con 20 centimetri di>

Cambiai stazione radiofonica, non mi interessava sentir ripetere ciò che era avvenuto quella mattina, così mi misi a sentire un po' di musica, che mi accompagnò per i venti minuti che impiegai a raggiungere il centro di Miles City. Migliaia di lucette adornavano gli abeti ai lati del viale principale, rendendo quasi tangibile il natale alle porte; la gente passeggiava coperta da spessi strati di vestiti sotto le luminarie, più accese del nostro umore. Il Montana era decisamente il mio paese, era perfetto per me che amavo il freddo e l'inverno, la pioggia e i fiumi. Spesso mi ritrovavo a fare lunghe passeggiate in mezzo a boschi, accompagnata dai richiami degli animali. Non avrei desiderato vivere in nessun altro posto, troppo comoda lì dove ero.

Scesi dalla macchina, o meglio rottame, che mi aveva condotta fino in centro per miracolo e corsi per raggiungere l'entrata del supermarket, dalla cui insegna ormai rotta si leggeva tristemente in verde solamente "UERMKET". Le porte si aprirono in automatico, la luce al neon illuminava il locale che se non fosse stato per un'infinità di scaffali semi vuoto sarebbe sembrato completamente asettico; mentre uno strano silenzio accompagnava l'atmosfera quasi tetra di quel pomeriggio mi chiedi il perché mia madre mi avesse spedito in questa catapecchia: era un mistero per me ma per lei le offerte erano una valida spiegazione.

La lista della spesa era molto lunga così cercai di fare in più veloce possibile per tornare a casa e finire il romanzo che avevo lasciato a metà. Passai tra le corsie del supermercato accompagnata dal ticchettio dei miei stivaletti, incrociando di tanto in tanto qualche anziano. Le lampade emettevano un sibillino continuo, alcune si spegnevano di tanto in tanto, ma non ci feci caso, troppo impegnata a mettere i vari alimenti nel carrello. 

Presi la confezione dello yogurt dal ripiano frigorifero, lasciando libro lo specchio prima coperto dalla confezione nelle mie mani. Guardai il mio riflesso, gli occhi azzurri non erano mai stati così spenti e non riuscii a fare altro che abbassare lo sguardo per tornare al carrello.

Nel giro di tre quarti d'ora avevo finito di fare spesa. Uscii dal locale con tre pesanti buste nelle mani, accompagnata dalla terribile sensazione di essere osservata da qualcuno. Mi guardai intorno abbastanza impaurita, era come se qualcuno mi stesse seguendo, sentivo uno sguardo penetrarmi le ossa mentre dei brividi mi si formavano sulla schiena. La paranoia era cresciuta dopo l'incidente e il confine tra realtà e immaginazioni era sempre più blando per me.

Corsi letteralmente verso la mia macchina, caricando le buste nel portabagagli ad una velocità che mi sorprese, per poi buttarmi al posto del guidatore. Presi un respiro lunghissimo e misi la sicura alla macchina dall'interno, in modo da essere protetta da eventuali aggressori, chiusi gli occhi e strofinai le mani su di essi.

Sto diventando matta. Basta Clo, è tutto nella tua mente.

Dovevo tornare a casa velocemente, così alzai lo sguardo per sistemare lo specchietto retrovisore, quando ecco due occhi verdi come smeraldi, si incastrarono nei mei mozzandomi il fiato.

Strillai e saltai in avanti per girarmi subito dietro e capire chi cazzo fosse quel tizio. Rimasi a bocca aperta quando guardando i sedili posteriori non vidi nessuno. Nessun ragazzo, niente occhi verdi a fissarmi, nulla di nulla ma loro erano lì comunque, immobili e vuoti rimasti incollati alle mie palpebre.
Lasciai la maniglia che avevo afferrato, pronta a buttarmi fuori dalla macchina. Strofinai gli occhi un paio di volte, non mi ero fottutamente immaginata ciò che avevo visto, qualcuno era nella mia macchina e mi stava fissando. Rimasi paralizzata alcuni minuti, guardando un punto fisso davanti a me. A riportarmi alla realtà fu la suoneria del mio telefono.

Cercai nella borsa alla mia destra per tirare fuori il mio Samsung e rispondere alla chiamata, senza nemmeno controllare il mittente.

"P-pronto?" avevo la voce tremolante, e non di certo per colpa del freddo.

"Clover, dove sei finita?! Sei uscita quasi tre ore fa. Muoviti, non voglio che rimani fuori con questo tempo di sera." La voce di mia madre mi calmò, mi rilassai sul sedile, sciogliendo tutti i muscoli che fino a quel momento erano contratti.

"Scusa mamma, non ho fatto caso all'ora. Sto tornando tranquilla." Attaccai e mi misi in viaggio, cercando di rimanere concentrata sulla strada, anche se mi riusciva difficile non guardare di continuo lo specchietto, spaventata all'idea di rivedere quei due occhi.

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Parcheggiai l'auto nel vialetto alla destra della mia villetta, scaricando le buste della spesa e dirigendomi verso la porta di casa, imprecando come sempre per aver dimenticato le chiavi. Stavo per suonare il campanello quando il rumore delle foglie che si muovevano mi fece voltare di scatto a sinistra, trovandomi a fissare un'ombra scura dietro un ramo. Stavolta nessuna allucinazione, la sagoma scura fece un passo verso di me, entrando nel fascio di luce del lampione, che lo illuminò.

Misi a fuoco la situazione quando fece un altro passo nella mia direzione che mi spinse a farne un indietro: mentre lui si avvicinava io indietreggiavo, il respiro si faceva pesante e le nuvolette uscivano sempre più velocemente dalla mia bocca. Scattai per correre via mollando le buste a terra ma non mi accorsi di essere arrivata al muretto che divideva la nostra proprietà da quella del vicino, e in un momento di distrazione il ragazzo si avventò su di me, tappandomi la bocca con la mano per evitare che potessero sentirmi. Cercai di allontanarlo spingendo con quanta più forza possibile il suo corpo lontano dal mio, premendo le mie mani contro il suo petto inutilmente. Non mi ero mai sentita in trappola come in quel momento.

Mentre perlustrava il mio volto, morsi con quanta più cattiveria possibile sperando nell'effetto sorpresa ma anziché addentare la sua mano stavo solo digrignando i denti. Mi aveva lasciata senza che sentissi lo sentissi mollare la presa, come se il silenzio non dipendesse dalla sua mano. Forse il terrore mi aveva paralizzata ma i pensieri continuavano a correre veloci confondendomi ancora di più.
Non disse una parola, catturò il suo sguardo con il mio: un brivido freddo mi attraversò la schiena e mi sembrò di andare a fuoco. Nei suoi smeraldi ormai noti vidi un inquietante riflesso rosso, come di fiamme che ardevano. Aprì la bocca per parlare e mi sorpresi nel sentire una voce roca e profonda sussurrare piano.

"E così tu saresti la chiave. Non mi sarei mai aspettato questo" Disse allontanandosi di poco da me "pensavo più ad un oggetto, ad un amuleto, e invece mi trovo una ragazzina." Rise piano, una risata calma e misurata.
Dal nulla, come un gatto che sente un rumore in arrivo, si immobilizzò davanti a me: più che un gatto sembrava una pantera, discretamente alta e con i capelli scuri e ricci, pronta ad un agguato. Prima che potesse farmi male sentii il rumore del chiavistello e la porta di casa aprirsi.

Mi voltai di nuovo, pronta a fiondarmi sull'aggressore e rimasi ancora una volta senza parole non trovando più il ragazzo dagli occhi verdi davanti a me. Iniziai a guardarmi intorno con gli occhi sbarrati ma non vidi nessuno, nemmeno un'ombra. Riconobbi però delle leggere impronte di una scarpa sulla neve fresca.
Solo la voce di mia sorella mi riportò alla realtà: "Clover? Sei tu? Tutto bene?"

"T-tutto bene Sunny, rientra dentro, stavo cercando una cosa." Dissi recitando la parte di una persona credibile, tentai di riprendere il controllo del mio respiro, mozzato dal cuore che batteva all'impazzata.
Mi avvicinai alla porta accostata, che aprii per entrare, accolta dal tepore di casa.

Il mio cuore aveva riiniziato a battere normalmente, così mi girai per chiuderla e per poco non strillai ritrovando gli occhi verdi a fissarmi dall'altro lato della strada. Sbattei la porta, attaccandomici con la schiena e tappandomi la bocca con la mano cercando di rimanere calma.

Uno stalker non era il regalo di compleanno che mi sarei aspettata, e mi stavo spaventando come mai prima d'ora.

The Key  (h.s)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora