Capitolo 33

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"You'll never feel like you're alone, I'll make this feel like home."

-Home; One Direction.

Harry.

Cambiavo continuamente stazioni radio per cercare una canzone decente che potesse far passare il tempo più velocemente mentre attendevo fuori dall'aeroporto che Louis uscisse.
Era mattina presto ed ero ancora mezzo addormentato. Cercai di oltrepassare i notiziari via radio, non avrei retto se avessi sentito qualcosa sui rapimenti ma, masochista com'ero, mi fermai sulla prima che trovai.
Alzai di poco il volume per capire meglio ciò che stavano dicendo.

«È rimasta ancora inspiegabile la scomparsa di decine di ragazzi e ragazze soprattutto in questo periodo, la polizia non riesce a trovare una soluzione a questo. Siamo qui per intervistare un poliziotto involto nell'indagine. Signor Davidson, cosa ne pensa di tutta questa situazione?»

«Credo che sia una cosa anormale, non si erano mai verificati così tanti rapimenti in pochissimo tempo. Molti credo che siano fuggiti di casa e che abbiano fatto sparire le loro tracce e che non c'entrino nulla-»

Spensi la radio immediatamente, imprecando rudemente contro quel poliziotto che sparava cazzate. Era sicuramente uno di quelli che erano stati corrotti.
L'orologio del cellulare segnava le cinque e un quarto, dove diavolo era Louis?
Pochi secondi dopo, portai il mio sguardo verso la grande uscita principale e notai un ciuffo di capelli mori che fuoriusciva da un cappello rosso fuoco di lana, la sciarpa gli fasciava completamente il collo e metà viso, rendendo solo gli occhi azzurri visibili. Le sue piccole mani erano nude e pallide contro quel gelo che infestava la città a quell'ora. Camminava in fretta lungo il marciapiede mentre trascinava con sé una piccola valigia nera con le ruote. I jeans neri gli coprivano le gambe corte e indossava un pesante piumino. Si poteva chiaramente notare che non era abituato al freddo di questo paese.
Decisi di uscire dall'ambiente riscaldato dell'auto per andargli incontro.
«Lou!» esclamai cercando di attirare la sua attenzione. I suoi occhi azzurro cielo brillarono non appena incontrarono i miei verdi. Aumentò il passo per raggiungermi più in fretta possibile, ma due secondi dopo cercò invano di non darlo troppo a vedere. Non c'era nulla di male e non capivo il motivo per cui se ne vergognasse. Evidentemente non era abituato ancora al fatto di essere gay. Probabilmente lo era sempre stato ma non aveva mai avuto l'occasione per guardarsi dentro e scoprire chi si è veramente, scoprire il vero se stesso e non quello che si mostra agli altri.
Lo abbracciai forte non appena mi raggiunse. Il suo odore mi mancava, così come mi mancava il modo in cui si sollevava sulle punte per raggiungere il mio collo, dove avvolgeva le sue piccole braccia.

Shirley invece non ne aveva bisogno, aveva delle gambe lunghissime e magre, anche troppo, perciò era quasi alta come me e questo le facilitava le cose.
Pensai di nuovo a lei, al modo in cui camminava e inciampava goffamente sui suoi piedi. Era così buffa.
Al modo in cui la beccavo a guardarmi di nascosto, ma lei non si era mai accorta di nulla. Al modo in cui si impegnava a cucinare qualcosa quando Niall non c'era, ogni tanto bruciando qualcosa, la sua pelle compresa.
Pensai a quella sera dove il tempo ci era stato derubato, così come gli abbracci, gli sguardi, i baci e le lettere. Ci era stato rubato tutto.
Ci avevano privato della nostra vita.
Non avevamo più nulla oramai.
«Come è stato il viaggio?» chiesi a Louis.
Aveva un sorriso che partiva dall'orecchio destro fino al sinistro.
«Bene, ho dormito.» fece spallucce ed entrò nella mia macchina.
Appena si sedette sul sedile del passeggero, strofinò le piccole mani velocemente e le avvicinò all'aria calda per riscaldarsi.

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