Avevo paura. Iniziai a bussare alla porta di Harry nonostante ero a conoscenza che lui non era dentro.
«Ti sei persa?» tutti con questa domanda oggi.
Sentii uno sportello sbattere e mi voltai.
Era un ragazzo molto alto, capelli biondi, un anellino circondava la parte sinistra inferiore del suo labbro, aveva degli occhiali da sole, era abbastanza magro e aveva quel sorrisetto beffardo stampato in faccia.
«Hai bisogno di aiuto? Sto andando a lavorare, se vuoi ti dò un passaggio.»
Continuò.
«No, grazie. Non ho bisogno di nulla e inoltre non ti conosco.»
«Non sei di Londra.» disse notando il mio accento. Scossi la testa.
«Come ti chiami?» continuò.
«Non ti interessa.» lui rise.
«Guarda che non c'è nessuno lì dentro.» disse guardando la porta alle mie spalle.
«E tu che ne sai?»
«Lavora allo stesso ristorante dove lavoro io, dovrò sostituirlo oggi pomeriggio.»
Harry in una lettera mi parlò di un ragazzo che lavorava con lui, solo non ricordavo il nome.
«Potrei sapere il vostro nome?» disse questo ragazzo inchinandosi. Alzai gli occhi al cielo.
«Shirley.»
«Io sono Luke.» adesso iniziavo a ricordare.
Già il fatto che conoscesse Harry mi tranquillizzava.
«Forza, vieni con me. Ti porto da lui.» mi prese per un braccio e tirò con forza.
«Ho detto che aspetterò qui!»
Un altro clacson suonò dietro di noi. Ci voltammo entrambi. Luke si tolse gli occhiali da sole e notai i suoi occhi azzurri che subito associai al mare.
«È arrivato.» annunciò Luke.
Il cuore iniziò a battere forte. Lo sportello si aprì e Harry uscì fuori dall'auto con un sorriso a trentadue denti.
«Shirley!» corse verso di me a braccia aperte e così feci anch'io.
Ci stringemmo in un forte abbraccio e restammo così per tantissimo tempo.
Inspiravo forte il suo profumo dolce.
Nessuno dei due voleva staccarsi da quell'abbraccio.
Probabilmente era uno dei più significativi della mia vita.
Sentimmo Luke salire in macchina e andare via.
Adesso non mi importava più di nulla.
Allentammo la nostra presa e ci guardammo negli occhi.
Quei suoi occhi verdi, quanto mi erano mancati.
«Ti ho sempre pensata.» sussurrò senza mai sciogliere il contatto fisico.
«Anch'io.» sussurrai a mia volta.
«Vieni, ti faccio entrare.» prese le mie valigie e aprì la porta con la chiave.
«Vedo che hai conosciuto Luke, quello italiano.» mi guardai intorno.
La casa era piuttosto grande per una persona. Il salotto era luminoso e grande, divano bianco e tappeto nero. La cucina era spaziosa e c'erano delle scale che portavano la piano superiore dove evidentemente si trovavano le stanze.
«Sì. All'inizio mi sono spaventata.»
«È il suo modo di fare.» fece spallucce.
I muscoli delle guance iniziarono a farmi male a causa del sorriso che non voleva lasciare il mio viso.
Senza importarmene, mi avvicinai a Harry e lo abbracciai nuovamente.
Lui rise e mi strinse.
Il suo profumo mi inebriava i sensi, quasi mi stordiva e stavo così bene in quella posizione.
«Ti prego fammi restare così per sempre.»
«Lo farei, se potessi.» mi baciò la fronte.
«Per quanti giorni resti?»
«Resto i giorni che tu vuoi.»
«Be', allora dovresti rimanere per sempre.» sorrise portando una ciocca di capelli scuri dietro il mio orecchio.
«Hai fame?» chiese dolcemente.
«Un tantino.» feci spallucce e mi fece accomodare in cucina.
«Mi va bene anche solamente un panino.» Harry annuì e me lo portò qualche minuto più tardi.
«Harry... Come sta tua madre? Se posso chiedere.» si sedette vicino a me.
«Sì, puoi chiedere tutto quello che vuoi. Non sta bene.» si guardò i piedi e lo accarezzai.
«Ci sto male Shirley. Mia madre è la cosa più importante e adesso sta per morire. Lei è sempre stata una donna che mi dava consigli, mi aiutava sempre. Be', lo fa anche adesso finché è in tempo.»
«Harry mi dispiace... Io non so cosa dire. Mi dispiace. Non so come aiutarti.»
«Stai tranquilla. In questi casi non devi aiutarmi, tutti prima o poi moriremo.» mi rivolse un debole sorriso.
«Posso chiederti una cosa?»
«Tutto quello che vuoi.» alzò le mani come in segno di resa.
«Davvero tu mi osservavi da tanto tempo?» il suo sorriso si allargò.
«Sì. Ti guardavo dal mio scoglio sempre. E una volta volevo anche farti una fotografia da lì, sarebbe uscita benissimo, ma poi ho pensato che sarebbe stato eccessivo. Ti saresti potuta arrabbiare.» ridemmo.
«Possibile che non me ne sono mai accorta prima?» lui fece spallucce.
«Sono bravo a stare in silenzio.»
«No, io direi piuttosto che sei un bravo stalker.» ridemmo più forte e due fossette bellissime spuntarono fuori.
«Mi sei mancata.» sentivo le mie guance prendere fuoco.
«Sei bella quando arrossisci.» così peggiorava solo la situazione.
«Mi sei mancato anche tu.»
«Mi porti a vedere Londra?»
STAI LEGGENDO
Letters.
FanfictionShirley stava ritornando a casa in quella fredda serata di metà dicembre attraverso le strade di Barcellona, illuminate dalle allegre luci che annunciavano l'arrivo del tanto atteso natale. Aprì la cassetta della posta per controllare se una cartoli...