Shirley.
Louis guidava sorridente costeggiando il parco per andare a fare una passeggiata tranquilla tra migliori amici.
Gli avevo raccontato tutto quello che mi aveva fatto vedere Harry, di come erano gentili gli inglesi, Harry incluso, e avevamo passato la serata al cinema.
«Ti va di prendere un gelato?» propose Louis.
Annuii. Con lui potevo fare queste cose, tipo prendere un gelato all'una di notte in pieno inverno.
La strada era silenziosa e non c'era un'anima viva per strada.
«Non riesco a vedere bene qui.» I lampioni sulla strada erano spenti e i fari della macchina non riuscivano ad illuminare bene.
Louis per precauzione si avvicinò al marciapiede.
In lontananza si sentiva una macchina che arrivava sempre più velocemente con la musica sparata al massimo.
«Stai attento a questo.» lo avvertii.
L'auto si faceva sempre più vicina.
«Dove cazzo va!» gridò Louis.
La macchina del ragazzo perse il controllo.
Sentii la mano di Louis posarsi sul mio petto e mi tenne attaccata al sedile. Udii il rumore assordante delle ruote che frenavano. Lui gridò.
Poi buio.**
L'unica cosa che riuscivo a sentire chiaramente era un bip costante.
Udivo a malapena voci soffocate, pianti.
Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a vedere, tutto nero, tutto confuso.
Non potevo aprire le palpebre, come se ci fosse stato qualcosa che mi impediva ogni movimento.
Non mi trovavo in nessun luogo.
Solo buio infinito. Perché non potevo trovarmi al mare? Ero morta?
Se non lo ero, cosa mi era successo?
Dopo molto tempo, forse un giorno, o due, o sette, iniziai a sentire le voci chiaramente.
I miei genitori.
Niall.
Loro erano qui vicino a me. Riuscivo a percepire la loro pelle a contatto con la mia. Le mani ruvide di papà mi accarezzarono il volto.
Le labbra sottili di Niall mi accarezzarono le guance.
Poi sentii delle lacrime rigarmi il volto, stava piangendo.
Non volevo assolutamente che accadesse.
Mi continuava a ripetere di resistere, di non mollare.
Sentii parlare il dottore con mio padre qualche ora più tardi.
Ero in coma da due settimane ormai.
Qui il tempo sembrava volare in un istante.
Niall iniziò a parlare con me, ma la sua voce divenne più lontana e stavo perdendo i contatti.
Improvvisamente sentii una mano stringere la mia.
Non era una mano qualunque. Era la sua.
Era improvvisamente qui o era passata già una settimana?
Non riuscivo a capirci nulla. Era tutto confuso.
Probabilmente era passato del tempo.«Ehi, piccola.» sussurrò.
Delle lacrime caddero sulle mie mani. Non doveva piangere. Non doveva.
«Sono qui.»
«Sai, oggi è il mio compleanno e voglio passarlo con te.»
Era già il primo febbraio? Il tempo era volato.
Mi accarezzava le mani, il viso, la fronte.
«Chissà se puoi sentirmi da ovunque tu sia.»
Avevo una voglia matta di rispondergli, di gridargli contro che io c'ero.
Speravo solamente che sarei riuscita a tenermi in contatto con lui, perché gli altri li avevo sempre persi.«Ti prego piccola, resisti. Io ci sono ancora e resterò qui.»
E non mentì.
Qualche tempo dopo sentii la voce di Louis.
Lui era vivo e sano, grazie a Dio.
Volevo svegliarmi dal coma, volevo riprendere possesso del mio corpo.
Harry restò con me per due settimane, notte e giorno, senza abbandonarmi mai.
Una fredda sera, Harry portò con sé una chitarra e iniziò a cantarmi una canzone.
Avevo voglia di sorridergli, ma non potevo.
Avevo voglia di cantare insieme a lui, ma non potevo.
Che avrei dato solamente per poterlo guardare mentre suonava e cantava per me.
Qualche sera successiva, iniziò a prendere in giro le infermiere.
«C'è Rosalie che è davvero una palla. Si lamenta di continuo e mi viene sempre a chiedere se ho fame. Ma perché?! Non sono il suo cane.»
Mi potei immaginare la sua faccia imbronciata e la fronte corrugata.
Oltre a lui, mi faceva piacere avere la presenza di Niall e dei miei genitori.
Notai che quando ero con Harry, i suoni riuscivo a sentirli meglio, ma anche i contatti fisici.
Se mi toccava un'infermiera a stento riuscivo a capire dove.
Se mi toccava lui o Niall, il mio corpo reagiva e infatti sentii i medici parlare con papà e mamma su questo.
«Shirley sembra avere delle reazioni quando è con alcuni di voi. Si può benissimo notare dal battito cardiaco che aumenta. Dobbiamo solo capire con chi succede questo, così potremmo aiutare a risvegliarla.»
«Sarà la nostra presenza, siamo i genitori e non ci vede spesso.»
Intervenne mio padre.
Non erano loro.
Era Harry.
«Forse è Harry dato che è sempre qui per lei.» disse Niall.
«Evidentemente sì. Dobbiamo lasciare al ragazzo più tempo con lei.» disse il dottore.
«Assolutamente no! Non è parte della famiglia e non conosce affatto Shirley.» mio padre gridò contro di loro.
Era sempre stato troppo possessivo.
Harry mi faceva stare meglio. Con lui sentivo tutti i contatti.
«Io la conosco!» si difese giustamente il ragazzo.
Harry lasciò la mia mano.
Le voci si confusero.
Divennero sempre più lontane fino a sparire nel nulla.
Harry non doveva lasciarmi o sarei caduta per sempre in questo buio.
E mio padre lo ostacolava.
Pian piano iniziai a udire la sua voce. Percepii di nuovo il suo tocco, sempre su di me.
C'era silenzio attorno a lui.
Quanto tempo era passato? Odiavo non avere la cognizione del tempo.
Mi stava raccontando qualcosa.
Le parole divennero più definite e lo ascoltai.
Stava raccontando di suo padre. Il suo passato.
Avevo voglia di abbracciarlo.
Nonostante tutto, lui era l'unico che era rimasto più tempo affianco a me.
O forse c'erano anche gli altri, ma io sentivo solo lui.
Harry era quella piccola luce che illuminava quel buio in cui ero immersa.
Spesso sentivo la gente che parlava del coma e diceva che si andava in un posto in cui siamo legati, il mare ad esempio, oppure nel luogo dell'incidente.
Ma io non mi trovavo in nessuno di questi. Ero immersa nel buio, e il buio non mi era mai piaciuto.
Lentamente riuscii a riprendere contatto con la realtà.
«Sono due mesi e mezzo che sta così.» era il dottore.
Due mesi e mezzo?
Oh no, Harry era andato via. Due settimane erano già passate e io non avevo sentito nulla.
Non c'era nessuno che mi stringesse la mano.
A volte sentivo Louis, ma restava poco poiché scoppiava sempre in lacrime, ripetendosi che era colpa sua.
La colpa non era di nessuno.
Certe cose accadono e basta.
Realizzando che Harry non era più qui, Niall era impegnato con gli studi, e mamma e papà erano andati via, sentii come di sprofondare e quella forza che avevo di andare avanti era svanita.
Sentii come se il buio si fece ancora più intenso e i rumori più sfocati.
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Letters.
FanfictionShirley stava ritornando a casa in quella fredda serata di metà dicembre attraverso le strade di Barcellona, illuminate dalle allegre luci che annunciavano l'arrivo del tanto atteso natale. Aprì la cassetta della posta per controllare se una cartoli...