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Sofia.

Il mare si scontra calmo e ripetitivo sulla riva della spiaggia, infrangendo le creste delle sue onde contro i piccoli scogli che delimitano i vari lidi balneari. Il sole sta lentamente tramontando all'orizzonte, mentre io e Lorenzo camminiamo scalzi sulla spiaggia, mano nella mano. I suoi mocassini eleganti di scena sono stretti tra le sue dita, ed io stringo le mie converse nella mano libera. Ha fatto i risvolti alla fine dei suoi pantaloni per evitare di sporcarli, mentre la giacca scura è adagiata sulle sue spalle, lasciando scoperta la camicia bianco panna ed il papillon rosso. "Mi piace il mare." dice dopo un po', interrompendo il silenzio tra di noi. "Anche a me." concordo. Siamo arrivati al recinto che delimita la spiaggia libera e fa cominciare quella delle varie strutture ricettive della costa Romana. "Da piccolo ci venivo sempre con mio padre. Mi ricordo quando ci sedevamo proprio in quel punto" indica un punto vicino al recinto di corda "e mi aiutava a riempire il secchiello con la sabbia umida. Costruivamo i migliori castelli di sabbia della spiaggia!" ricorda malinconico. "E poi?" domando. Il suo sguardo si abbassa sull'oro soffice sparso a terra. "Se n'è andato. Per lavoro, dice mia madre. Ma io non ci credo." serra il pungo sopra la mia mano, ed io mi fermo, facendolo girare verso di me. "Hey..." i suoi occhi tristi si posano sui miei, ed io gli accarezzo le gote rosse. "Ci sono io." dico la frase più banale che mi salta in mente, ma non mi va di vederlo piangere. In tutta risposta mi lascia un bacio sulle labbra. Sorrido, e lui fa lo stesso. "Grazie" sussurra a contatto con il mio orecchio.

"Mi fai assaggiare un po' del tuo frappé al cioccolato?" domando al moro, chinandomi verso il suo bicchiere. Lui gira la cannuccia verso di me, ed io ne tiro su un sorso. Il rumore del mare fa da sottofondo alla nostra 'merenda', mentre siamo seduti sulla veranda di questo chalet in spiaggia. "Allora, come hai fatto a venire da Milano così in fretta?" mi chiede, quando si riappropria della dolce bevanda. "Non ero a Milano." dico, stupendolo. "Ah no?" lo osservo mentre beve. Sembra un modello di Abercrombie, dai lineamenti definiti e la mascella squadrata. "No... in verità ero in Toscana da ieri sera." lui mi guarda confuso. "Mia zia sta poco bene, così siamo venuti a trovarla. Solo che non stava poi così male, quindi ho deciso che per qualche ora avrebbe potuto fare a meno di me!" rispondo, allungando le labbra in una smorfia maliziosa. "Sei bella quando sorridi così." Si avvicina, sovrastando il frappé quasi a farlo cadere e mi bacia dolcemente sulla fronte. Arrossisco in imbarazzo, ma non smetto di sorridergli. Ad un certo punto 'Heroes' di David Bowie rimbomba dalle quattro casse posizionate sul soffitto di legno, ed il piacevole suono mi porta istintivamente a muovere la gamba accavallata a ritmo, sotto il tavolo. "We can be heroes, just for one day!" Lorenzo comincia a canticchiare il ritornello, sopra la voce di David Bowie, e inizia a tamburellare con le mani sulla superficie di plastica davanti a lui, facendo tremare il liquido marrone da dentro il vetro del bicchiere. Lo assecondo, ed insieme proseguiamo la canzone, scambiando i nostri sguardi divertiti tra di loro, mentre con l'adrenalina che scorre nelle vene cominciamo a ballare ed a dimenarci sulla sedia a ritmo della canzone. Quando finisce, un cameriere esce dal bar per chiederci se vogliamo qualcos'altro. Imbarazzati ci rimettiamo composti al nostro posto, e Lorenzo mormora un "Niente." Il giovane cameriere alza le spalle e ritorna nel locale. Nel momento in cui la porta di vetro si richiude, io e Lorenzo scoppiamo a ridere.

"Ho passato un bellissimo pomeriggio." lo ringrazio. A distanza di un giorno, siamo di nuovo in una stazione e ci stiamo per separare ancora. Lorenzo guarda il suo orologio e poi controlla con gli occhi il tabellone degli arrivi dei treni. "Sicura che non ce la fai a prendere il prossimo ed arrivare comunque all'ora prestabilita? Gli passo delicatamente una mano sul ciuffo e lui sorride. "Mi dispiace, Lorenzo... ma non posso." lui annuisce, e si morde il labbro inferiore. "Ci rivedremo, te lo prometto." lo rassicuro, ma lui non sembra convinto. Prendo dolcemente una sua mano nella mia. E' calda e morbida quando la porto alla mia guancia e la premo contro la pelle. Mi stampa un altro bacio sulla bocca e poi mi accompagna al portello del treno. "Il treno Regionale veloce, diretto a Perugia - Firenze Santa Maria Novella è in partenza al binario tre." ci avvisa una voce maschile agli altoparlanti della stazione. Controllo il binario, siamo su quello giusto. "Salgo un attimo." annuisco, e lui mi segue dentro. Entro nella cabina, sedendomi su un sedile in pelle blu, e lui accanto a me. "Ti vibra il telefono." mi avvisa, mentre mi accarezza dolcemente le gambe coperte dai jeans. "Hai ragione." constato tirando fuori dalla tasca il cellulare. Mio padre mi sta chiamando. "E ora che succede?" sbuffo, accetto la chiamata e avvicino il telefono all'orecchio. "Sofia..." il suo tono è triste, sta piangendo. Mi preoccupo. "E' successa una cosa molto brutta." comincio a piangere. Ho già capito di che si tratta. "Tua zia non c'è più." la zia in questione è, o meglio era la sorella più grande di mia mamma e della mamma di Zoe. Le sono parecchio affezionata, ricordo che da piccola era la sola che riusciva a cullarmi ed a farmi addormentare quando eravamo nella casa in Toscana, di conseguenza ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Comincio a singhiozzare. "Okay, papà... sto tornando a casa." dico, poi attacco. Mi copro la faccia con le mani e mi appoggio alla spalla di Lorenzo. "Che succede?" domanda, continuando ad accarezzarmi le gambe, poi le braccia fasciate dalla camicia rossa. "Ti ricordi la zia di cui ti parlavo?" alzo lo sguardo, mentre le lacrime mi corrodono il viso affannato e rosso. Lui annuisce, preoccupato sempre di più. "Non... Lei è morta." quelle parole faticano ad uscire dalla mia gola. Sono talmente flebili che non sono sicura nemmeno del fatto che Lorenzo le abbia percepite. Ma quando rivolgo ancora gli occhi verso il suo viso, dopo averci strusciato sopra la mano, la sua espressione mi fa capire il contrario.

Ha sentito eccome.


Lorenzo.

La stringo con più forza tra le braccia, e lei affonda la faccia nel colletto della mia camicia bianca. "Il treno Regionale Veloce, diretto a Perugia - Firenze Santa Maria Novella è in partenza al binario tre. Preghiamo gli accompagnatori di scendere dal treno. Grazie." ripete la voce maschile. "Dai, devi scendere." mi avvisa la bionda, passandosi il dorso della mano sugli occhi, sbavando ancora di più la linea di Eye Liner già sciolta in una macchia nera sugli zigomi. Incrocio le braccia e mi sistemo meglio sul sedile. "Che stai facendo?" aggrotta buffamente la fronte e mi guarda con i suoi occhi azzurri ghiaccio. "Lorenzo, dai si stanno chiudendo le porte!" mi spintona, ma io non mi muovo di un millimetro. Anzi, ridacchio divertito. "Io non scendo da qui, se non con te." espongo la mia posizione, quando lei ci rinuncia e si risistema al suo posto. "Tu scendi alla prossima fermata. Non puoi fare questa cazzata, domani hai un altro spettacolo." mi ordina, incrociando le braccia a sua volta davanti al petto. "Non ci penso proprio. Se tu fai le cazzate, posso permettermi di farle anche io." rispondo. Sbuffa, si alza e si posiziona sul sedile difronte al mio. Cerca di mantenere uno sguardo arrabbiato, tuttavia i suoi occhi si addolciscono, ed il broncio delle sue labbra lascia il posto ad un bel sorriso soddisfatto.

Spazio Autrice.

CINQUEMILA LETTORI E QUASI QUATTROCENTO VOTI.

Ah, se vi amo! Questa storia mi sta dando così tante soddisfazioni! E forse, alla fine della fanfiction, potrò svelarvi un piccolo segreto che scommetto vi farà impazzire tanto quanto ha fatto impazzire me! ;)

Ve lo svelerò solo se mi fate sentire quanto vi piace questa storia! :*

Baci, e ci vediamo al prossimo capitolo <3 :3

Occhi di ghiaccio|Jafia.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora