-32.

1.9K 111 11
                                    

Sofia.

"Tesoro?" la dolce voce di mia madre mi risveglia dal mio sonno. Ero intenta a sognare tutto il tempo trascorso con Lorenzo, come se la mia mente avesse registrato tutto in una cassetta, ed ora lo stesse trasmettendo nei miei pensieri. "Sì?" mormoro, massaggiandomi gli occhi con le dita. "Siamo a Bologna... tuo padre voleva fermarsi in un autogrill. Maria ha fame." si giustifica, ridacchiando. Annuisco, e mi rimetto comoda sul sedile, staccando la testa dal finestrino impregnato dalla condensa. Evidentemente fuori è molto freddo, oppure qui dentro è troppo caldo. La macchina si ferma in un parcheggio di una grande stazione di servizio, al lato della strada. La mia famiglia scende dalla vettura, mentre io rimango titubante al mio posto, quando Beppe mi si avvicina e bussa sul finestrino della portiera. "Non scendi, Sofi?" domanda, quando sblocco la sicura e lui apre la porta. L'aria è decisamente troppo fredda per appartenere ad una giornata di fine Febbraio, così mi stringo nella giacca. "Non ho tanta fame." mento. Ho fame eccome, ma non credo che se mettessi piede fuori dall'auto, riuscirei a rimanere in piedi. Mi manca Lorenzo, tanto che l'unico modo per non pensare a lui, è stato dormire come un ghiro in macchina. "Non ti credo. Ti porto qualcosa?" il suo sorriso è sincero. Ho sempre avuto un rapporto complice con mio fratello, sa capire quando è il momento di chiedere o no qualcosa, e molto spesso ci intendiamo con un solo sguardo. "Dei biscotti, grazie." lui annuisce, poi mi lancia le chiavi della macchina. "Se scendi, ricorda di chiuderla." e detto questo, mi lascia da sola.

Alberi, alberi, ed ancora alberi. Sto cercando di non pensare troppo a quella persona, anche se certe volte la mia mente continua a tornare su di lui. Sgranocchio un oreo, mentre continuo a tenere gli occhi fissi sulla natura che mi circonda. Ponte, bianco e di ferro. Ci passiamo sopra, sotto di noi scorre impetuoso il Po. Mi piacerebbe essere un fiume, perché nonostante a volte dei detriti ci finiscano dentro, lui continua imperterrito per la sua direzione, fino ad arrivare al suo obiettivo: il mare. Invece spesso e volentieri la mia mente viene condizionata da tante piccole cose, che mi portano fuori strada. Per esempio, adesso non riesco a non pensare ai suoi occhi marroni, a come il suo ciuffo stia diventando sempre più lungo e gli impicci sugli occhi, a come mi abbia resa sua in una sola notte, a come Lorenzo... Oh, merda! Ho detto il suo nome. Ho perso. 'Sofia, concentrati sul paesaggio.' Mi impone il mio cervello, così i miei occhi tornano a scrutare la grande pianura padana, che si estende ai lati dell'autostrada, imponente e magnifica. E' strano quanto il paesaggio cambi velocemente quando passiamo: un minuto prima è una grande distesa di verde e corsi d'acqua, e subito dopo diventa un ammasso di cemento ed industrie, di case e condomini. "Quanto manca?" distacco una cuffietta da un'orecchia e rivolgo la domanda a mio padre. "Circa un'ora." risponde, senza staccare gli occhi dalla strada. Sbuffo annoiata, e torno con la testa sul vetro. Ormai sembra essere diventata la mia posizione preferita. Sono assorta ad ammirare l'ambiente esterno, quando un suono mi distrae e porta i miei occhi sul display del telefono. Lorenzo mi ha appena inviato un messaggio.

Lorenzo.

"Ciao Lollo." mi saluta Greta, sedendosi a gambe incrociate sul tavolo della cucina, non appena varco la soglia. "Hei" ricambio, aprendo il frigo in cerca di qualcosa da bere, visto che ho la gola secca. "Non sembri tanto... felice." affonda il suo cucchiaino in un barattolo di gelato che tiene tra le mani. "Nemmeno tu. Riservi il gelato al... cioccolato solo per quando sei triste." controbatto, sporgendomi appena per leggere il gusto del gelato sull'etichetta. "Però... non ti sfugge niente!" fa spallucce, e si infila il cucchiaio in bocca. "Già, nemmeno a te." ammetto, uscendo frettoloso dalla cucina, con un cartone di succo di frutta in mano. La sento scendere dal tavolo e seguirmi. "Allora..." comincia. Apprezzo quando cerca di fare conversazione con me, ma oggi, soprattutto adesso, non sono proprio dell'umore per sopportare la sua sfacciataggine. "Com'è stata la tua... fuga d'amore?" enfatizza le ultime parole, ed io mi volto per guardarla in faccia. "Parliamo di te. E' brutto quando non prendi i massimi dei voti in un'esame?" le rinfaccio, e lei diventa paonazza. "MAMMA!" grida, ed io ridacchio, entrando in camera. Mia sorella odia nella maniera più profonda quando qualcuno riesce a trovare qualcosa che la colpisca in qualche maniera, ma è davvero l'unica cosa che mi è venuta in mente per liberarmi di lei e delle sue domande.

Mi sdraio sul letto di schiena, anzi, direi proprio che mi ci lancio. I miei pensieri vagano su un mucchio di cose: Il teatro, la riccia, mia sorella, Sofia, il teatro, la bionda. Sofia. Sfilo il telefono dalla tasca dei pantaloni e le mando un messaggio.

A: Sofia. Che combini, bionda?

Aspetto per qualche minuto la risposta, passando più volte le dita sullo schermo per non farlo bloccare. Quando dopo cinque minuti ancora esita a scrivermi, la chiamo. "Pronto?" la sua voce è leggermente soffocata dal rumore della macchina: non è ancora tornata a Milano. "Dove sei?" lei sospira al suono della mia voce. E pensare che ha sospirato in mia presenza per ben altro. Distolgo dalla mia mente quei pensieri poco casti e ascolto la sua voce rispondere: "In autostrada." dal timbro delle sue parole, capisco che è abbastanza nervosa, anche se non capisco bene per cosa. Forse per le parole con cui l'ho lasciata alla stazione? Dopo essermi dichiarato con così tanta sincerità, lei mi ha stampato solo un bacio sulla guancia, e poi se n'è andata. Dev'esserci stato qualcosa in quelle mie parole, che l'ha spaventata.  "Disturbo?" ho paura della sua risposta, ed inizio a mangiucchiarmi nervosamente un'unghia. "No." sospira, ed anche io emetto l'aria trattenuta in quei tre secondi infernali. "Ti manco?" la posso vedere arrossire anche attraverso il ricevitore del telefono. "Sì." risponde, ed il mio cuore si riempie di speranza. Tuttavia, ho bisogno di sapere perché mi abbia lasciato con un due di picche alla stazione. "Posso chiederti una cosa?" lei esita un po'. "Certo." la sua voce è tesa. Sembra quasi che faccia fatica a parlare con me. "Perché ho l'impressione che la mia dichiarazione non ti sia piaciuta?" azzardo, e la sento inspirare profondamente.

Spazio Autrice.

Hooola, scusate se ho aggiornato dopo tanto, ma sono stata poco bene ed ora ho addirittura l'influenza!

Anyway, spero che il capitolo vi piaccia, come sempre vi invito a votarlo e commentarlo! Vi amo! :*

Occhi di ghiaccio|Jafia.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora