Sofia.
Dopo essermi fatta una doccia veloce, scendo e decido di passare da Mc Dondald's per prendermi qualcosa da mangiare, anche se sono le tre di pomeriggio. Non ho toccato nemmeno un boccone, ma io che non mangio è qualcosa di troppo insolito, quindi, visto che non ho voglia di cucinare, la risposta alla mia fame è di sicuro il Junk Food. Mia mamma è infatti ancora a lavoro, mio fratello è uscito con mio padre e Maria per andare a fare spese al centro commerciale, mentre io ho gentilmente declinato l'invito, con la scusa di stare 'poco bene'. In realtà sto veramente poco bene, ma non per via della mia salute, quanto dei miei pensieri e della mia anima burrascosa. Rubo venti euro dal barattolo dove i miei genitori lasciano qualche soldo in caso a me o a mio fratello prenda voglia di uscire, e poi trascino i miei piedi giù per le scale, e successivamente per i viottoli affollati di Milano. Sono pulita, ma mi sento sporca. In un certo senso, mi sento in colpa per aver dormito con Enrico, anche se so che non è successo nulla. E poi non so se io debba ancora qualcosa a Lorenzo, infatti se la mia migliore amica non mi ha mentito sugli eventi avvenuti ieri sera, con me ha praticamente chiuso. Ho solo la testa confusa più del solito, e spero che parlarne con Lea possa aiutarmi ad attutire l'impatto che questo casino ha sulle mie pareti cerebrali. Attualmente, è l'unica amica di cui io possa fidarmi ciecamente, non mi ha mai tradito, e spero che non lo farà mai.
"Un Mc menù per favore, con McChicken ed una coca cola, grazie." ordino al commesso quando arrivo al fast food, e mentre pago ed aspetto il mio pranzo, mi volto e scruto la sala semivuota. Ci sono dei gruppetti di amici che mangiucchiano patatine e panini, ridendo e scherzando come se non ci fosse un domani, e tutto questo mi fa pensare che forse mi sto perdendo le cose migliori della mia vita, per stare dietro ad una relazione così animata e pericolosa. A volte tutti questi dubbi ed insicurezze, me lo sento, mi porteranno ad impazzire sul serio. Vorrei solo smettere di farmi tutte queste paranoie, e fregarmene delle cose futili, un po' come fanno quasi tutti i miei coetanei. Certe volte mi ritrovo a perdermi nelle emozioni e nelle sensazioni, tanto belle quanto brutte, e mi rendo conto che mi distraggono dalla vita reale, facendomi perdere il vero gusto della mia esistenza, ovvero vivere il presente. Dovrei solo cogliere l'attimo, e poi tutto il resto si vedrà.
"Mi scusi signorina, ecco qui il suo ordine." il commesso mi richiama dai miei pensieri, ed io scuoto la testa mentre mi riprendo velocemente.
"Grazie mille." fingo un sorriso, e sento che se non mi allontano immediatamente da questo posto pieno di gioia, finirò per scoppiare in un pianto sfrenato.
Esco velocemente, e mi insinuo in un viottolo dove mi fermo spesso a pensare, in una fessura tra un bar ed un altro, vicino ai navigli. C'è una panchina su cui mi siedo sempre, e dove mi perdo tra mille cose, e rifletto in santa pace su tutte le mie azioni. Appoggio il sacchetto di cartone sulle mie gambe, e lo apro, cominciando a mangiare il cibo spazzatura da me acquistato. Mentre spulcio tra le patatine fritte, i miei pensieri finiscono sul mio bel moro. Non sento Lorenzo da ieri sera, da quando mi ha lasciato con l'amaro in bocca, promettendomi che sarebbe tornato in un batter d'occhio, quando mi sono ritrovata dall'avere tutto al nulla in un secondo: prima ero protetta dal suo corpo, e poi ero esposta al freddo glaciale di un bagno buio, ghiacciato, ed umido. Mi sono sentita persa e vuota fin dentro le ossa, e tutta questa sensazione di disagio e timore, ansia e paura di qualsiasi cosa, perfino di me stessa, è cessata quando Enrico è entrato sorridente dalla porta. Non credo che adesso sarei in piedi, se non ci fosse stato lui. Questo deve pur significare qualcosa, non è vero?
"Lea." rispondo al telefono, quando mi riprendo dal mio stato di trance, e mi rendo conto che il cellulare sta vibrando e suonando da ormai qualche secondo. Odio quando le mie riflessioni hanno la meglio sulla realtà, finisco col perdermi in un limbo da cui non sempre riesco ad uscire intatta.
"Sofia! Ma dove sei?" controllo l'orologio al mio polso, e mi rendo conto di essermi fermata troppo tempo a pensare, e sono in ritardo.
"Scusami, arrivo subito." attacco e butto il sacchetto ancora pieno di cibo nel primo cestino della spazzatura che trovo. Mi è passata del tutto la fame, e l'unica cosa che ho mangiato è stata qualche patata fritta. Prendo a camminare velocemente fino alla fermata della metro più vicina, e dopo una manciata di minuti, sto suonando al palazzo della mia amica.
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Occhi di ghiaccio|Jafia.
FanfictionSofia è una diciassettenne di Milano, annoiata dall'ordinarietà della sua vita. Lorenzo è un diciottenne di Roma, annoiato dalla straordinarietà della sua vita. Lei ancora ignara dell'uragano di emozioni che le farà provare lui. Lui non vede l'ora...