Curiosità

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Il corridoio non si sviluppava davanti a lui, vedeva solo un muro chiaro, l'acensore era proprio nel mezzo; uscendo ci si trovava davanti un muro e ai lati il classico corridoio.

Ma stavolta erano chiusi da delle porte coi vetri opachi e pannelli composti dallo stesso tipo di vetro.

A sinistra sulla porta c'era un foglio che recitava "vietato l'ingresso"
E a quel puntò notò la serratura con un pass, evidentemente usato dagli infermieri o da chi lavorava in quel reparto.

Dalla parte opposta c'era la stessa porta, con lo stesso codice, ma appesa c'era una grande freccia rossa, che spiccava in tutti quei colori neutri.

Sotto, scritto a mano con una calligrafia sprecisa "suonare per le visite".

Seguendo la direzione della freccia, vide il campanello, con un aspetto vecchio e usurato.

Avrebbe potuto suonare, ma poi?

Cosa avrebbe fatto?

Cosa avrebbe detto?

Non c'era altro, nessuna indicazione utile per capire cosa accadesse realmente in quel piano.
C'erano volantini inutili appesi qua e là, sulla sicurezza o informazioni riguardanti la tessera sanitaria.

Chiamò l'ascensore cliccando il tasto rosso e attese. Mentre osservava distratto le porte, pensò a cosa potesse accadere in quel piano.

Esistevano gli ospedali psichiatrici per chi aveva seri problemi. E un singolo piano non sarebbe mai bastato ad accogliere tutti.

Un ospedale psichiatrico si trovava appena fuori città, svolgeva le sue funzioni nella normalità.

Quindi cosa ci faceva quel reparto minuscolo?

Le porte si aprirono, entrò e scelse il pulsante che lo avrebbe portato un piano sotto.

Con uno scossone l'ascensore ripartì e con esso la musichetta fastidiosa.

Ma stavolta a malapena la sentiva, il suo pensiero sui corridoi che non aveva visto e che immaginava.

Magari era tutto un errore, Genn non era veramente al nono piano, ma ci era stato per... per una visita.

Si. Una visita.

Magari aveva una malattia particolare o aveva fatto un'incidente o un'amnesia, qualcosa che implicasse un sostegno psicologico per assicurarsi una buona riabilitazione.

Anche Giò era stato dalla psicologa, quindi tutto normale.

Niente di grave.

Mentre cercava di autoconvincersi camminava verso la camera dei due ragazzi, che lo aspettavano.

Quando entrò fece vagare lo sguardo per la camera e ci trovò solo Giovanni nel letto coperto parzialmente dalle lenzuola stropicciate e Davide, seduto come sempre sulla poltrona blu.

Nessuna traccia del biondino.

Non che lo cercasse particolarmente ma...

Rispose ai saluti dei due ragazzi, delusi perché stavolta con se non aveva portato niente da mangiare

"Allora Ale, come mai sei tornato già oggi? Ti mancavamo?" Concluse Giò sbattendo le ciglia in modo esagerato

"No seh-" cercò di rispondere, ma fu interrotto dalla voce squillante del riccio

"Bella Genn!" E fece per alzarsi dalla sedia, barcollando, prima che il biondo lo afferrasse per le spalle tirandolo giù.

Sembrò un gesto strano, faceva apparire ragazzo biondo con molta più forza di quella che mostrava.

Solo che osservando bene la scena e conoscendo i due, si capiva che in realtà al riccio bastava una folata di vento troppo forte per cadere.

"Non alzarti, non importa" aggiuse calmo, togliendo le mani dalle sue spalle.

L'altro gli porse la mano per stringerla e compiere quei classici riti da saluto tra ragazzi.
Salutò anche Giò, che ricambiò in modo chiassoso.

Poi si voltò verso Alessio.

Sollevò leggermente una mano e sussurrò un "ciao" leggero.
L'altro tranquillo rispose sorridendo "Ciao Gennar- Genn" si corresse, ricordandosi le parole del biondo.

L'altro lo guardò negli occhi appena lo sentì correggersi. Alessio lo vide sorridere, lievemente, e non riuscì a pensare ad altro.

Sentiva le guance formicolare, non sapeva perché, se per lo sguardo che gli aveva rivolto il biondo o per l'imbarazzo di aver sbagliato il suo nome.

Parlavano e Alessio non li ascoltava con particolare trasporto. Cercava di capire il biondo, cercava di capire cosa ci facesse lì, tra quelle mura.

Lo osservava, cercando di non apparire troppo maniaco. Ma insomma, a meno che non scoprisse di saper leggere nel pensiero, osservandolo non poteva capire niente.

Proprio niente.

Poi lo vide agitarsi, in modo impercettibile sussultò, quando Davide annunciò l'arrivo di una certa Alba.

Però non disse niente, rimase in silenzio seduto su una specie di sgabello.

Alessio se ne stava in piedi, appoggiato alla finestra, da cui riusciva a vedere tutta la stanza e uno scorcio di corridoio.

Fece passare lo sguardo dal biondo a Giò e poi su Davide. Il riccio parlava di questa ragazza, mentre il suo amico moro osservava il biondo.

Poi spostò lo sguardo su Alessio e parlò "Io però non voglio stare a fare il terzo incomodo. O il quarto. O quinto. Insomma, portatemi via da qui" aprì le mani come se stesse pregando una qualche divinità.

Il riccio provò ad aprire bocca ma fu interrotto dal ragazzo che parlò di nuovo "Niente mi farà cambiare idea. Solo il cibo. E tu non ne hai qua, mi pare"

"No niente cibo"

"Ecco allora Ale, Genn andate a prendere una sedia a rotelle o un infermiere schiavo che mi porti via di qua"

Alessio guardò il biondo, osservandolo mentre si avvicinava a lui, con un passo strascicato. "Io però non so dove trovare niente che lo possa spostare..." finì con un risolino per poi osservare la reazione dell'altro.

Sorrideva. Cioè, aveva leggermente piegato le labbra, poteva essere considerato un sorriso.

"Questa me la lego al dito" sentirono dire con una voce fintamente offesa a Davide mentre uscivano da quella camera.

Stranamente Alessio era un passo indietro al biondo, lo seguiva facendosi guidare in quel corridoio. Non sapeva dove stessero andando, ma lo seguiva comunque. Non capiva perché dovesse seguirlo, insomma, poteva andarci anche da solo visto che la sua presenza era pressoché inutile. Non conosceva niente di dell'ospedale.

"Ti va se non ci torniamo?" Lo sentì dire con la voce sufficientemente alta per farsi sentire da lui ma non da altri

"Non torniamo dove, dagli altri?"

Non ricevette risposta e aggiunse "Perché?" E poco dopo "va bene..." a quel punto Gennaro si fermò, senza voltarsi.

Alessio continuò a parlare "Andiamo nella stanza dell'altra volta?"

Vide l'altro fare spallucce, e lo raggiunse piazzandosi proprio accanto a lui. Il biondo gli riservò un rapido sguardo per poi iniziare a strascicare i piedi lungo il corridoio.

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Buonasera :----)))
Sembro una persona inquietante i know. E sono anche in ritardo oggi. Però eccomi qua! Nuovo capitolo! :3

Siate felici e non uccidetemi vi prego
Stavolta niente finale alla "mondo dii Patty" (rido quando ho visto questo commento per poco soffocavo) credo

Anyway guardateli topini, adesso iniziano a socializzare tra di loro aw
Okay basta

Grazie per i voti e i millemila commenti che lasciate, mi riempite di gioia gongolante <3

Blindness is not HopelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora