Dimentica

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"Che ti ha detto?"

La sua voce era fredda, statica, senza alcuna sfumatura. Era severa, sembrava provenire da quei muri chiari squadrati e regolari, non da quel corpo così delicato.

"Niente"

Rispose frettoloso, voleva riportarlo nel letto, anche contro la sua volontà. Era debole, pallido, non gli faceva bene starsene in piedi teso com'era.

"Che ti ha detto."

Stavolta non era una domanda, pretendeva una risposta, una risposta che fosse quella definitiva. E il moro capì che se non voleva peggiorare le cose, doveva puntare sull'onestà, ma sopratutto sulla scelta delle parole.

"Mi ha detto che è una stagista, che non può parlare dei pazienti per via del loro codice del lavoro, ma ha comunque parlato del fatto che hanno deciso di darti il permesso di venire a trovare me e gli altri"

"E poi?"

Il tono non era cambiato, i suoi occhi sembravano d'acciaio, freddi e indistruttibili. Le nocche della mano stringevano il sostegno per la flebo

"E poi basta, il resto lo sapevo già da quello che mi avevi detto tu"

"Non ti ha detto di più?"

Doveva dirgli che in qualche modo la donna aveva rivelato che il biondo aveva tentato il suicidio? In fondo il resto erano cose che già sapeva o avrebbe potuto intuire da solo.

"No"

Probabilmente ci mise troppo a rispondere, o forse era la sfumatura della sua voce a tradirlo, ma il biondo capì che stava mentendo.

"Va bene" e ritornò nella sua stanza, rifiutando qualsiasi aiuto del moro. Il ragazzo lo osservava stranito, seguendolo qualche passo indietro mentre entrava in camera.

"Genn ti prego" la sua voce un pigolio, consapevole di aver preteso troppo da una persona conosciuta da così poco tempo. Aveva sperato che ormai ci fosse fiducia tra i due, che non ci fosse niente di male a parlare con quella donna.

"Va bene così" E non andava affatto bene così, Ale potè sentirlo nella sua voce.

"Genn ascoltami, ha solo confermato quello che già pensavo, cavolo, non mi ha detto niente che già non sapevo di te" Non sapeva come rimediare a quel caos, non gli sembrava di aver fatto niente di che, ma come sempre vedeva le cose dal suo punto di vista, non da quello del biondo.

"E non le ho chiesto niente, è venuta lei a parlarmi, ha fatto tutto da sola"

"Perchè"

"Non so perchè è venuta a parlarmi, avevo bisogno d'aria e appena uscito ho visto quelle sedie e non ho resistito. Lei deve avermi visto, dannazione, non lo so Genn" Si passò la mano nei capelli, teso perchè non vedeva il motivo di quella tensione, non ne capiva il motivo.

"Perchè ti comporti così con me" Era questo il punto.

"Come?" E di nuovo il biondo aveva cambiato argomento, se c'era una cosa che voleva sapere prima o poi veniva fuori, volente o nolente.

"Perchè vieni a trovarmi praticamente ogni giorno, o quasi? Perchè mi ascolti, perchè mi dici tute quelle belle parole. Cosa vuoi da me?" Il nervosismo, la tensione, era palpabile in quella voce.

"Genn io..."

"Cosa vuoi? Vogliono sempre tutti qualcosa, non prendermi in giro con i tuoi discorsi filosofici" Era serio, serio davvero, ma sembrava quasi un'altra persona, una maschera.

"Voglio vederti sorridere davvero" E Alessio anche se aveva risposto senza pesare le sue parole, ci credeva davvero a quello che aveva detto. Lui voleva vederlo sorridere, ma non perchè doveva farlo secondo un qualche codice comportamentale che impone di ridere per mostrarsi cordiali e amichevoli.

Blindness is not HopelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora