Nessuno dei due sembrava voler lasciare l'altro. Quell'abbraccio era uno scambio continuo, come se tramite quel contatto si stessero parlando, rivelando informazioni. Come se il sangue fosse per un attimo condiviso.
Era una sensazione così bella, così coinvolgente, che nessuno dei due pensava a staccarsi.
Uno se ne stava lì, tra quelle braccia, gli occhi che pizzicavano, il naso che bruciava. La mente talmente piena di pensieri da apparire vuota.
Non pensava, non pensava al fatto che uno sconosciuto, che non voleva più chiamare così, lo stesse abbracciando.
Non pensava al fatto che si era mostrato debole, che sentiva di essere sul punto di cedere, sul punto di mollare quelle maschere inutili e parlare. Tirar fuori tutto quello che aveva dentro, tutto quello che sembrava corroderlo lentamente come uno dei più letali tumori silenziosi.
L'altro invece pensava, eccome se pensava, anche troppo. Pure lui.
Era tutto troppo, per entrambi. Avere quel ragazzo magro tra le braccia gli suscitava una quantità tale di pensieri che non sapeva neanche quale seguire e perchè. Gli sembrava incredibile, poterlo stringere, abbracciare, quando lo aveva visto sfuggire all'abbraccio della ragazza.
Aveva invaso brutalmente e senza permesso, il suo spazio personale. Aveva imposto se stesso, buttato giù i suoi muri, le sue difese. Perchè inconsciamente sapeva che quando ti trovi davanti ai muri di una persona, scalarli, abbatterli, non serve a niente. Quei muri non vanno elusi, ma vanno osservati mentre ci sta dietro li sgretola, li distrugge con la sua volontà.
Non c'è un castello da conquistare, niente da imporre.
Basta calare i nostri di muri, uscire da quella porticina e mostrarsi indifesi, fragili, pronti per essere distrutti in mille pezzi. E' ovvio che è come correre uno dei più grandi, se non il più grande rischio esistente per la mente umana.
Ma come avrebbe potuto uno come Genn approfittare delle debolezze di Alex?
E questa in poche parole era fiducia.
Semplice, pura e preziosissima fiducia.
Alessio ne dava a Gennaro senza volerne in cambio. Stava lì, ad aspettarlo.
Il moro non voleva lasciarlo andare, dopo, probabilmente, ci sarebbero state le parole e lui non era un gran che nei discorsi. Ma sapeva di dover essere forte, di non lasciarsi prendere dall'agitazione. e probabilmente neanche ne correva il pericolo, dentro di se si sentiva tranquillo, calmo e pacato, come una montagna che osserva il mare in tempesta.
Sentì il biondo mollare la presa sulla sua maglietta e lo prese come un segnale per separarsi, per questo si allontanò. Ma l'altro strinse di nuovo le braccia attorno al suo torace , stropicciando la stoffa del maglione del moro.
Poi si staccò lasciando che le braccia ricadessero molli sui suoi fianchi, le mani nascoste dalle maniche troppo grandi. Con lo sguardo basso, senza guardare realmente qualcosa, aspettava.
Alessio si aspettava di tutto, che scappasse prima dell'abbraccio, o subito dopo. Quindi era stupito, spiazzato dal vederlo ancora lì, con la testa bassa, in attesa.
Si avvicinò a lui, soffermandosi con la mano a pochi centimetri dalla sua spalla. indeciso se prendersi tutto questo spazio. L'altro aspettò qualche secondo, aspettandosi il tocco del moro, che non arrivò, a quel punto alzò lo sguardo, prima sulla mano e poi sull'altro.
Ad Alessio le parole morirono in gola, lo sguardo dell'altro era allo stesso tempo tranquillo e spaventato, impaurito e rilassato. Lo vedeva, erano occhi lucidi, leggermente arrossati, di chi non ne può più.
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Blindness is not Hopeless
FanfictionAlessio non riesce a dimenticare quegli occhi azzurri, così tempestosi, circondati di nero, del ragazzo appena incontrato sulla soglia di quella fredda stanza d'ospedale. Gennex | AU ovviamente "E tu perché sei qui?" "Una semplice visita di controll...