Dubbi

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Mentre guidava, ripensava a quello che aveva letto sul cartellone

Psichiatria.

Cosa stava a significare?
Non gli sembrava uno psicopatico, certo, lo aveva conosciuto da poco, come avrebbe potuto giudicarlo?

Che fosse in qualche modo depresso?
Ma i depressi non vengono ospitati in un'ospedale. Almeno non tutti, solo quelli realmente in pericolo.

Che fosse un ragazzo con pensieri suicida?

Anche questa opzione sembrava inverosimile. Non lo avrebbero lasciato certo scorrazzare in giro incontrollato. Certo, ciò spiegava lo sguardo dell'infermiere e la generale tensione nei suoi confronti.

Ma era così grave da vivere in ospedale?

Non lo era, non tornava, non era logico.

Alessio è umano e come tale cerca sempre una soluzione razionale, una soluzione logica.
Ma gli uomini sono logica e istinto, razionalità e irrazionalità, possibile e impossibile.

Qualsiasi idea plausibile che gli veniva in mente non tornava.

Perché in un ospedale generico e non in uno specifico costruito e organizzato per situazioni simili?

Era grave ma non abbastanza?
Non seppe darsi una risposta.

Potevano essere così tante cose, alcune a cui non voleva neanche pensare.

Ripensò al biondo, a come cambiava rapidamente atteggiamento in alcune situazioni e una parte di lui capiva, l'altra si rifiutava di ammetterlo.

Mancavano dei tasselli, e saltare a conclusioni affrettate non aveva senso.

Tantomeno aveva uno scopo.

Tornare lì, in quella stanza, con lui, gli parve la cosa migliore da fare.
E poi gli piaceva quella combriccola.

Davanti al pc era tentato nel fare qualche ricerca, ma non sapeva cosa cercare. Non sapeva praticamente niente.

Per questo lasciò perdere e si mise nel letto.

Ma non dormiva, si rigirava ripensando alla giornata, a quella scarsa ora passata in quel ospedale.

Prese il telefono dal comodino e digitò

Domani torno a trovarvi

Non era una domanda, se fosse stata un'altra persona probabilmente sarebbe stato scortese. Ma la loro amicizia si basava anche su scherzi e toni del genere

Se ti va, ovviamente

Aggiunse, più come una sfida che cortesia. Chiuse la chat e aprì la tl di Twitter, scorse un po', guardò le tendenze mentre vedeva il nome di GioSada comparire nella barra di stato.

Lo aveva chiamato così per dispetto e anche per non confondersi sempre e comunque. Infatti il ragazzo pretendeva l'accento nel suo soprannome, messo pure nel modo corretto, per evitare che qualcuno potesse pronunciare male il suo nome.
E Alessio non aveva mai veramente capito come e dove andava l'accento.

E gli piaceva fargli dispetto.

Andò sulla sua chat per leggere la risposta dell'amico.

Non puoi Ale, stai antipatico a Shorty, non ti ci vuole

Dice che non hai abbastanza capelli

Che lo disonori

Che non sei degno

Ti aspettiamo <3

Sorrise a quei messaggi, a quanto fosse cretino il suo amico. Non aspettandosi una risposta all'una di notte, chiese cosa stesse facendo per essere ancora sveglio.

Poi vide una foto caricarsi, e attese.

La didascalia diceva 'after sex'

Si trattenne dalle risate quando aprì l'immagine per vedere i due nello stesso letto, presumibilmente quello di Giovanni, visto che lui si muoveva a malapena. Erano sotto le coperte, la faccia di Giò completamente immersa nei ricci capelli dell'altro, che sorrideva sornione.

Due cretini.

Siete proprio una bella coppia, sappiate che io vi approvo, ma non fate tanti piccoli Giò ricci perché il mondo non è pronto.

Gli rispose, per poi ricevere rapidamente un'altro messaggio.

Il primo lo chiameremo Alessio :-)

E continuarono, fino a che il moro non chiuse gli occhi e si addormentò.

Il giorno dopo salì in macchina con le nozioni di storia che gli frullavano in testa, reduce da ore di studio intenso per preparare un esame che lo stava prosciugando.

Aveva il pomeriggio libero, era stata una sua decisione quella di concedersi una pausa.
Se la meritava, secondo la sua logica.

Salì su quel dannatissimo ascensore.
Insopportabile.

Già gli martellava la testa per lo studio, sopportare quelle quattro mura e quei suoni ferrosi e per nulla simpatici, peggiorava soltanto le cose.

L'ascensore si riempì di persone, tutte compresse, che si diluirono salendo di piano.
Tanto che arrivato al sesto rimase solo, nella salita verso l'ottavo.

Le porte si aprirono ma non uscì.

Guardò il numero nove, con i puntini del braille per lui ovviamente incomprensibili.

Non sapeva perché lo stava facendo, ma era curioso di sapere come fosse quel piano.
Se era una copia di tutti gli altri.

Non se ne accorse neanche, ma in pochi attimi le porte si richiusero e l'ascensore lo accompagnò al piano superiore.

Intravide il pavimento chiaro tra le porte che si aprivano lentamente, accompagnate da un suono metallico.

Uscì e si ritrovò in qualcosa che non aspettava.

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Okay sono una vera stronza
Termino i capitoli a metà anche sulle cose stupide
Uccidetemi
Ne avete il diritto

CoMUNQUE grazie per i vostri voti e commenti, mi odiate sempre di più lo so.
E poi le vostre domande e supposizioni mi fanno venire voglia di dirvi tutto ma i can't
Mi sembrate tanti piccoli "Alessio ignaro"

Povero
Non sa
Okay
Basta

Mi rendo conto che i capitoli sono cortini, ma così riesco a pubblicare sicuramente una "pagina" al giorno
E a tenervi sulle spine, ancora e ancora
E ancora
E quanto scrivo cristo

Però il prossimo capitolo è molto più lungo
Stranamente
Ma lo è

Okay
Ciao

Non vogliatemi male pliz
Io ve volio bbene :3

Blindness is not HopelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora