Coccole

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"Ciao"

Fu questa parola appena sussurrata a svegliare Alessio dai suoi pensieri, facendolo sussultare, gli sguardi ancora legati. Si avvicinò al biondo, con calma, la mente vuota.

"Perchè?"

"Ale..."

A quel punto il moro lo guardò pregandolo. Non ne poteva più di quella situazione, lui voleva sapere, lui DOVEVA sapere di più. Voleva poter far pare della vita del biondo e non esserne un semplice visitatore.

"Ti prego Genn, è cambiato qualcosa nel mio comportamento da quando abbiamo parlato quel giorno? Quando ti sei lasciato abbracciare?"

"No..." poi abbassò lo sguardo, osservando una delle pieghe che il lenzuolo formava. " Per questo non ho più detto niente, magari non ti interessava, ecco, ti dava fastidio"

"Genn, no. Non ti ho più detto niente perchè non penso che quello che stai passando debba influenzare il nostro rapporto, te lo ripeto, non voglio diventare il tuo dottore e tu il mio paziente"

E si avvicinò al suo letto, aggirandolo per poter raggiungere il lato opposto, dove si trovava il braccio con la flebo, macchiato di sangue.

Distrattamente poggiò le dita sulle bende, per poi lanciare un sguardo al biondo, che lo guardava, con gli occhi lucidi. Odiava vederlo così, così fragile, spezzato, succube di una tempesta troppo forte per il suo corpo minuto.

"Sono un errore Ale, ho fatto uno sbaglio e.... non ci sono riuscito, mi sono dovuto liberare dei pensieri."

Parlava con la voce tremante, la voce di chi non sapeva cosa provare davanti a cosa si era fatto. Se sentirsi in colpa o soddisfatto. " Riempire la testa con qualcosa di diverso. Di forte, di indelebile" l'ultima parte uscì come un sussurro, sottile susseguirsi di parole.

Lo sguardo del biondo seguiva le dita del moro, che leggere tracciavano segni casuali, sulle macchie rosse e i bordi delle fasce.

"Nessuno ha il diritto di giudicare cosa è giusto o sbagliato, nessuno. Non esiste niente che possa decidere se vai bene o meno, perché non esiste nessuna regola. Altrimenti saremo tutti uguali, fotocopie di un'utopia. Una noia."

Lasciò che la sua mano si appoggiasse al suo braccio, proprio dove si trovavano quelle macchie.

"Essere te stesso non è un errore, se a qualcuno non piaci, pace, non si può piacere a tutti. Ma delle persone ti apprezzano, no?" Cercò i suoi occhi, lasciando perdere per un attimo quelle fasciature. "Giò e Davide ad esempio"

Si guardarono negli occhi, le emozioni erano talmente tante che rendevano quegli occhi brillanti, umidi, tempestosi.

"E tu?" Chiese il biondo, senza spezzare il contatto visivo.

"Secondo te perché sono qui?"

"Per non essere il mio dottore" Alessio sorrise quando sentì la risposta del biondo, l'altro abbassò lo sguardo, come se sentisse di aver dimenticato quello che si erano detti in quella stanza.

"I dottori quando escono da quella stanza pensano a te come a un cruciverba da risolvere. Per me sei una persona e te lo ripeterò all'infinito" Gli accarezzava leggermente con le dita le fasciature, senza sapere se l'altro sentisse qualcosa al di sotto di tutte quelle bende.

"Scusa Ale.... io non volevo" le parole si sentivano a malapena, ovattate ancor di più dal fatto che teneva la testa bassa. Non capiva cos'era che non voleva fare, esattamente, ma era sicuro di cosa non voleva lui.

Osservarlo mentre si sgretolava.

"Sh" sussurrò

"Ale, mi dispiace, volevo fermarmi ma non ci sono riuscito" Adesso la voce era squillante, era impaurito, sembrava quasi sul punto di gridare.

Blindness is not HopelessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora