Epilogue.

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[Sto pubblicando mentre probabilmente la maggior parte di voi sarà sicuramente a scuola, ed è l'ultimo capitolo. Almeno sono stata puntuale e ho pubblicato subito!

Buona lettura, e non odiatemi.]


All monsters are humans.

36. Epilogue.

Erano passati due anni da quel giorno. Due anni e trentasei giorni, Kelsey li aveva contati tutti.

Ormai aveva diciotto anni, quasi diciannove, e si era diplomata, uscendo con il massimo dei voti da quella scuola in cui aveva passato cinque interminabili anni della sua vita.

Tante cose erano cambiate, a partire da Kelsey stessa. Era quasi irriconoscibile, ma si sa: sono le esperienze della vita a farci diventare quello che siamo.

Per il primo periodo, dopo che gliel'avevano portato via, si era chiusa in casa, senza dormire, nè mangiare o parlare. Nulla di diverso dai giorni precedenti, comunque. Perfino le lacrime sembravano non voler uscire: probabilmente, a causa dei troppi pianti, si erano completamente prosciugata.

L'unica differenza era che suo fratello c'era; l'unica cosa che le rimaneva della sua famiglia completamente andata in frantumi. Lui c'era, sia fisicamente che emotivamente, e a volte si sedeva accanto a lei sul suo letto, avvolgendole protettivamente un braccio attorno alla vita e cullandola sul suo petto come una bambina; e Kelsey, dopotutto, gliene era grata. Gli era grata di tutto, a partire dal fatto che non si fosse mai lamentato di nulla, ma le fosse rimasto accanto in silenzio, facendole percepire la sua presenza ma preoccupandosi di non darle fastidio. A volte rimaneva nel suo letto perfino la notte: Kelsey non dormiva, ovviamente, o se ci riusciva era per un paio d'ore. E lui era comunque lì, perciò, sì, gliene era davvero grata.

Avevano passato due mesi così. Sessanta giorni nel silenzio più totale.

Ma poi si era ripresa.

Era successo tutto gradualmente, ogni momento poteva essere diviso in fasi. Aveva rischiato grosso, quell'anno, a scuola: non era andata quasi per niente a lezione negli ultimi mesi del secondo quadrimestre, perciò aveva davvero dovuto mettersi sotto con lo studio e recuperare tutto ciò che aveva perso. All'esame di fine anno, era passata per un pelo.

Poi, un giorno, si era svegliata e aveva deciso che non ne valeva più la pena. Perchè sì, non valeva la pena star male per qualcuno che ti ha pugnalata alle spalle, qualcuno di cui ti fidavi ciecamente, e dannarsi per qualcuno che neanche si ricordava di te, di tutto ciò che avevate avuto insieme, seppur per un breve periodo, anche se non era assolutamente colpa sua. Semplicemente, non ne valeva la pena.

Quindi si era rimboccata le mani e aveva messo su il suo miglior sorriso, ricominciando da capo. Perfino suo fratello, che all'inizio era rimasto davvero shockato dal cambiamento repentino, non le aveva creduto; ma la aveva assecondata comunque, convinto che fosse tutta una messa in scena e che, prima o poi, sarebbe crollata nuovamente.

Non fu facile, per niente: non fu facile fingere che fosse tutto okay, e nel buio della notte, sola davanti alla realtà, aveva creduto e pensato più spesso di non potercela fare, di mollare nuovamente. Ma ogni volta che succedeva si rimproverava da sola, ripetendosi che invece lei era forte, e ce l'avrebbe fatta, come ogni volta.

I suoi migliori amici credevano di star sognando quando, quel lunedì mattina, videro Kelsey camminare a testa bassa verso di loro, stringendo i libri al petto e rallentando il passo come per impedire a quell'inevitabile momento di piombare su di lei. Sapeva che avrebbe dovuto riaffrontarli un giorno, affrontare la loro freddezza, o la loro rabbia, o nel caso peggiore, la loro indifferenza.

All monsters are human. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora