Lu Han.

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[CORRETTO]

All monsters are humans.

1. Lu Han.

Mi feci coraggio e aprii lentamente la porta, solo per rimanere del tutto sbalordita. La stanza era completamente vuota e l'unica cosa tra quelle quattro mura era una sedia con sopra un ragazzo - il più affascinante che io avessi mai visto - legato da delle catene di metallo che uscivano dal pavimento e dal soffitto e si collegavano a una specie di armatura metallica che portava legata al busto.

Lu Han mi fissava con degli occhi spenti che facevano venire i brividi.

Misi un piede dentro la stanza, insicura su cosa fare e intimorita dal suo sguardo, e mi richiusi la porta alle spalle lentamente. Alzai gli occhi verso di lui, ricambiando il suo sguardo, e rimanendo immobile a due passi dalla porta. Tra noi, il silenzio più assoluto.

"Sono così interessante che adesso la gente viene addirittura a guardarmi o cosa?" disse, dopo alcuni secondi passati a studiarci l'un l'altra, con un tono freddo che mi fece accapponare la pelle. Mosse leggermente le mani, stiracchiando le dita e facendo tintinnare le catene.

Ignorando il suo tono acido e il suo commento, gli risposi sorridendo leggermente. "Ciao, il mio nome è Kelsey e sono la figlia della persona che ti ha portato qui", gli dissi facendo un mezzo passo verso di lui.

"Non te l'ho chiesto." rispose freddamente. Alzai le mani al cielo, come a scusarmi, e abbassai brevemente lo sguardo per poi rialzarlo e fargli un'altra domanda.

"Il tuo nome è Lu Han giusto? Piacere di conoscerti." Mi sedetti in mezzo alla stanza, arrivando allo stesso livello d'occhi.

"Hai finito di cercare di sembrare amichevole?"

"Non sto cercando di sembrare niente. Mi sto solo presentando poiché dovrò rimanere con te per un anno intero, e faresti meglio ad abituarti anche tu" sbuffai, leggermente irritata. Quel ragazzo cominciava a darmi sui nervi, e ci stavo parlando da meno di un minuto.

"Io non ho bisogno del tuo aiuto, ragazzina, quindi puoi anche andartene."

Ignorai il nomignolo che mi aveva affibbiato e gli feci un mezzo sorriso sarcastico. "Ah sì? Bene." Mi alzai nuovamente, mettendo una mano su un fianco e guardandolo. "Me ne devo andare? Okay, ma sei sicuro di riuscire a sopravvivere in questa stanza da solo, al buio, senza cibo e per di più legato?" domandai retorica, e ciò bastò ad azzittirlo.

"Perciò ora smettila di fare il testardo e fatti aiutare." gli dissi, non più intimidita dal suo sguardo costante su di me.

"Se vuoi davvero aiutarmi, portami da mangiare e da bere." rispose immediatamente. Sorrisi sardonica.

"Che cosa vuoi per colazione?" gli chiesi, facendo un paio di passi indietro verso la porta e afferrando la maniglia, pronta per uscire.

"Uhm, cibo? Tu che dici?" mi rispose sarcasticamente, alzando gli occhi al cielo.

"Okay, torno subito. Antipatico." Borbottai, sussurrando l'ultima parola affinché non la sentisse, e uscii da quella stanzetta scendendo di nuovo in cucina. Dovevo sbrigarmi se non volevo far tardi a scuola.

Mi misi immediatamente ai fornelli, aggiustandomi la coda e mettendomi un grembiulino viola per non sporcare i vestiti. Gli preparai un'omelette, l'unica cosa che mi veniva bene, e gli versai un succo di frutta in un bicchiere, poi risalii – ovviamente senza grembiulino, sarebbe stato imbarazzante - nella sua stanza e richiusi la porta alle spalle. Mi sedetti di nuovo al centro della stanza e gli misi il piatto davanti, guardandolo.

Dopo qualche secondo, Luhan l'antipatico mi guardò con un sopracciglio alzato. "Le soluzioni sono due: o mi liberi, così posso mangiare, o m'imbocchi."

Papà aveva detto di non liberarlo finché non lo diceva lui, quindi ero costretta a imboccarlo. M'irrigidii di scatto, maledicendo mio padre mentalmente. Non ero esattamente entusiasta di avvicinarmi al ragazzo, fino a quel momento ero stata a debita distanza.

"Allora? Hai deciso o vuoi farmi morire di fame?" mi disse guardandomi con quei suoi grandi occhi color nocciola, sempre con un sopracciglio inarcato, muovendosi lentamente sulla sedia per mettersi più comodo.

"Chiudi il becco, prima che decida di farlo." Borbottando, mi avvicinai ancora a lui e presi la forchetta.

Mi avvicinai con la mano tremante e gli misi in bocca il primo boccone. Masticava lentamente, senza distogliere un attimo gli occhi dal mio viso. Io invece, guardavo tutto tranne che la sua faccia, nell'imbarazzo più totale. Avevo esperienza zero con i ragazzi, non sapevo come comportarmi con uno del suo tipo. E' vero, avevo degli amici maschi, ma erano dolci e gentili, non come quell'essere seduto davanti a me che in quel momento si stava leccando il labbro superiore per rimuovere delle briciole.

"E' buono?" gli chiesi, cercando di spezzare quel silenzio imbarazzante.

"E' cibo, deve nutrirmi. Non deve essere necessariamente buono." Rispose indifferente, masticando un altro boccone. "Comunque sì, è abbastanza buono." Aggiunse poi, a voce bassa, ingoiando.

Istintivamente sospirai, poggiando la forchetta nel piatto ormai vuoto e mettendolo da parte. Afferrai il bicchiere di vetro contenente il succo di frutta e glielo avvicinai alla bocca per farlo bere. Per sbaglio inclinai leggermente di più il bicchiere e un rivolo di succo gli scivolò lungo il mento, sporcandolo. Esitai un momento sul da farsi, non ero sicura che fosse una buona idea, e poi avvicinai un dito al suo mento per pulirlo. E quando il mio dito fu vicino alla sua bocca, Lu Han fece una cosa che mi fece irrigidire sul posto e mi provocò i brividi: arricciò le labbra e scoprì due file di denti bianchissimi e poi afferrò il mio dito tra i denti, con un mezzo sorriso che mi dava sui nervi stampato in volto.

Tolsi velocemente la mano, distogliendo lo sguardo dal suo viso e chinandomi per prendere il piatto, poi mi girai e mormorando un "devo andare a scuola, ci vediamo dopo" uscii dalla stanza per poi scendere in cucina. Misi il piatto e il bicchiere nella lavastoviglie e mi passai una mano sul viso, quel ragazzo era strano. Non avrei resistito un anno intero, sarei impazzita sicuramente. E quello era solo il primo giorno di 365, il che mi fece pensare che se già il primo giorno non andavamo d'accordo, gli altri sarebbero stati un completo disastro.

Scossi lievemente la testa, come per scacciare l'improvvisa depressione che mi aveva invasa, e uscii finalmente da casa con lo zaino in spalla, le chiavi di casa che tintinnavano in una mano e la mia amata musica nelle orecchie.



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