Lauren sbatté la portiera del taxi e salì sul marciapiede. Erano tutti lì, in fila, sul ciglio della strada.
<< Dovevamo proprio venire tutti? >> chiese Lauren, passandosi nervosa una mano tra i capelli. Odiava le sale da gioco, le sembravano tutte tristi e sfortunate.
Robin si strinse nelle spalle << Be', no. Però, non vedo perché uno di noi doveva restare a casa, rischiando magari di venire attaccato >>
L'insegna al neon della sala da gioco sfarfallò nella luce fioca della mattina nuvolosa , quasi volesse invitare i ragazzi a entrare. Attraversarono la strada, le orecchie ben tese. Una ripida rampa di scale conduceva all'ingresso, sorvegliato da due buttafuori corpulenti vestiti di bianco e nero. Robin avanzava impettito, come se dovesse dimostrare qualcosa ai due uomini. Era buffo, vederlo così. Amber si teneva subito dietro di lui e osservava le varie sale, tutte male illuminate con una strana smorfia. Jade sorrideva e mentre guardava un gigantesco murales raffigurante un mazzo di carte, le brillarono gli occhi.
Lauren invece se ne stava in disparte, le mani sprofondate nelle tasche della felpa e gli occhi attenti.
L'ambiente puzzava di fumo e muffa e dalla moquette verde e sporca a ogni passo si sollevavano riccioli di polvere.
<< Robin, che razza di amico verrebbe qui? >> chiese Lauren, arricciando il naso.
Il ragazzo sorrise << Solo lui. Solamente Steve potrebbe venire qui >>
Jade sbirciò attraverso lo spiraglio di una porta e storse le labbra << E che tipo è? >>
<< È una persona ... particolare. Non fatevi ingannare dal suo carattere. Quando imparerete a conoscerlo, capirete quando prenderlo sul serio e quando no >>
Robin si fermò davanti a una porta con la vernice graffiata e sorrise. Quando aprì la porta una nuvola di fumo strisciò fuori in fiacche volute grigie.
Come faceva a sapere quale porta aprire?
Al centro della stanza c'era un unico tavolo da poker, graffiato e lurido, circondato da quattro giocatori. Il fumo che aleggiava per la stanza proveniva dal sigaro un uomo sulla cinquantina, spalle larghe e vestito costoso. Ai due lati c'erano altri due uomini che sembravano sul punto di vomitare. Quando i quattro entrarono, furono gli unici a voltarsi, lo sguardo supplichevole di chi chiede aiuto, così chiaro negli occhi, che Lauren ebbe una stretta al cuore. Gli occhi della ragazza corsero via dai due uomini e vagarono fino al quarto giocatore. Dimostrava all'incirca diciott'anni e aveva uno strano sorriso sulle labbra. Sembrava irradiare una luce inquietante dagli occhi, fissi sulla propria mano di carte.
Non poteva veramente essere lui quello di cui parlava Robin. Loro avevano un disperato bisogno di aiuto, non di un attaccabrighe in pantaloni corti e maglietta.
Lauren non ci capiva niente di poker, e nemmeno le interessava, ma quando il ragazzo mise sul tavolo una serie di carte, dedusse che avesse vinto. Dagli sguardi sconsolati dei due uomini già in svantaggio e dallo sgomento di quello col sigaro che seguì, era chiaro che la partita era finita. Il sigaro scivolò dalle labbra dell'uomo e cadde a terra con una cascata di cenere che lo seguiva, come la coda di una cometa. << Come diavolo hai fatto? >> ringhiò.
Il ragazzo si strinse nelle spalle con un sorriso di finto dispiacere << Sono una persona molto fortunata ... >>
L'altro saltò in piedi e gli si avvicinò minaccioso << Hai barato! Per forza! >>
Il ragazzo appoggiò il braccio allo schienale della sedia e si dondolò pigramente sui piedi posteriori << Amico, si chiama fortuna >>

STAI LEGGENDO
IL QUINTO INGRANAGGIO
FantasyIl mondo è popolato da milioni di razze diverse, una di queste è quella dei Derwin, creature pressoché immortali, dotate di poteri incredibili. Esistono centinaia di Derwin, ma la nostra lente d'ingrandimento va a un piccolo gruppo, cinque persone c...