00:24. Questa era l'ora che segnava l'orologio della mia stanza. Erano ore che lo fissavo senza muovermi. Pensavo, pensavo, sentendo solo il rumore delle lancette..."Che cosa straziante" pensai, "stare qui, in piena estate, a rimuginare su fatti accaduti un'eternità fa".
In parte avevo ragione, ma sapevo che ripensare a cose successo nel passato mi faceva bene, mi faceva pensare a cosa non volevo fare, a cosa non volevo ri-accadesse. Sapevo che dovevo andare avanti, dovevo continuare la mia vita, ma era troppo difficile.
Ero a conoscenza del fatto che c'era solo una cosa con la quale sarei potuta stare bene e decisi di farla.
"Cosa?" vi starete chiedendo. Beh, per stare "bene" decisi di correre via da casa, con solo il mio telefono e le cuffiette per poter pensare.
Dato che eravamo, io e la mia famiglia, a casa di mia nonna al mare decisi di correre sulla montagna. Il mio piccolo rifugio dove potevo urlare e liberarmi.
Una volta uscita di casa iniziai a correre per raggiunger il più infetta possibile la cima della montagna. Corsi senza pensare che era notte e, in altre circostanze mi sarei cagata sotto, ma quella sera era tutto diverso. Tutto così fottutamente complicato, tutto così confuso. L'unica cosa alla quale potevo pensare era:"Perché? Perché dobbiamo soffrire?"
Ammetto che il dolore che si prova quando ci si sente "strani" mi piaceva e anche parecchio, ma, ultimante, lo stavo provando troppo spesso. Mi sentivo vuota. Sentivo che c'era qualcosa che non andava, ma non riuscivo a capire cosa.
«Perché lei? Ci sono 394704 ragazze al mondo, ma perché proprio lei? CAZZO» fu tutto quello che riuscii a dire.
Non mi accorsi che ero arrivata alla fine e, appena capii dove mi trovavo, decisi di urlare. Urlare fino a quando non avrei perso la voce, fino a quando quell'urlo non avrebbe fermato le mie lacrime stupide, fino a quando non mi sarei sentita di nuovo me stessa.
Non piangevo quasi mai, ero sempre felice e, anche se qualcosa che andava male l'affrontavo col sorriso. Sempre.
Verso l'una tornai a casa, che non era per niente distante. Durante il tragitto nella mia mante c'era un pensiero fisso:" Perché la vita non può essere come le FanFiction? Perché lì è tutto semplice? Insomma, si sistema sempre tutto e quando proprio va male c'è l'amico dello stra-figo a tirarti su di morale. Insomma è tutta una cosa che si ripete."
Forse sarà un pensiero stupido, ma, nella mia testa, aveva molto senso.
Basta pensarci; in quei racconti c'è sempre la ragazzina carina, il figo, l'amico del figo con gli occhi blu, l'amico meno carino che verrà usato dalla ragazza per dimenticare il bono; una cosa abbastanza stupida per alcuni, anche perché porta noi ragazze a fare film mentali dove sognamo al quanto, anche se, infondo, tutte noi sappiamo che la vita non è quella. Eppure volevo che la mia vita fosse come uno di quei "romanzi".
"Sarebbe tutto più figo" continuai, "Cioè, sarebbe tutto più figo se la protagonista fossi io. Eh già. Magari dove il figo è Manu Rios." Era un ragazzo che vidi su Instagram. Era davvero carino, ha una voce che riesce a farti sciogliere l'anima.
Pensando a quello che la mia testa aveva appena detto inizia a ridere e anche parecchio..
Appena arrivati, corsi in camera, mi misi il pigiama e continuai ad ascoltare musica. Verso le 3 decisi di spegnere tutto così per poter dormire un po'. "Mi farà bene" mi dissi. Decisi di spegnere la luce e cercai di addormentarmi.
Inutile dirvi che fu tutto inutile, dato che rimasi sveglia per non poco.
Tutta la notte la passai pensando a cosa avrei fatto l'indomani mattina o a contare quante ore avrei potuto dormire se mi fossi addormentata in quel momento.

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Dramedy
Fanfiction*dalla storia* «Bene ti chiamerò così allora» «Ma aspetta, perché mai dovresti chiamarmi?» «Ha detto Hyde che farei lavori di gruppo, o mi sbaglio?» mi chiese con un ghigno sulle labbra «No, non ti sbagli, ma chi ti ha detto che li faremo insieme?»...