Capitolo 29

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5 giorni.

È questo il tempo che il passato mi concede prima di venirmi a prendere coi suoi artigli aguzzi.

Da quando io e Tom ci siamo riappacificati, sto praticamente vivendo sopra il suo emporio. La porta che mi aveva incuriosita tanto dava su un piccolo, ma grazioso bagno, dotato di doccia nuovissima e sanitari scuri. Tom mi ha raccontato che sua moglie lo desiderava da sempre e lui aveva lavorato parecchio per accontentarla, ma purtroppo lei morì prima di vedere il risultato.

La mia vita è caduta in una deliziosa routine.

La mattina accompagno Lexie all'autobus, che la porta a scuola, ed è felicissima; ha accettato di buon grado il mio trasferimento e siamo più unite di prima. Le ho spiegato che io e suo padre ci amiamo, ma che, mai e poi mai, io voglio sostituirmi a sua madre. Anche se è soltanto una ragazzina molto giovane, i suoi occhi sono attenti e svegli; ha capito che quello che le ho detto è solamente la verità e, da quel pomeriggio, siamo molto affiatate.

Ogni tanto Tom fatica a starci dietro.

Stamattina, come sempre, appena salutata Lexie, m'incammino verso il ristorante di Martha, a cui ho raccontato la verità soltanto ieri, dietro insistenza di Tom.

Ad un certo punto, però, mi blocco; ho una strana sensazione, come se qualcuno mi fissasse. Mi guardo intorno, ma le poche persone in giro a quest'ora pensano ai fatti loro, incuranti degli altri. Scuoto la testa, divertita da me stessa, ma quella sensazione non se ne va.

Non passa nemmeno quando servo ai tavoli e nemmeno quando sono in riva al mare a mangiarmi un panino alla Joe, durante la mia pausa.

Attribuisco questa sensazione di disagio ai miei ultimi giorni; dopotutto ho visto un volantino col mio identikit, ho quasi perso Tom, non parlo più con la mia amica Lauren, mi sto inserendo in punta di piedi nella vita di Lexie.

Me ne sono successe tante; un po' di paranoia è giustificata, no?

La cosa che mi dispiace più di tutte è non esser più riuscita a parlare con Lauren, sembra sparita dalla faccia della terra; mi sono comportata in modo orribile con lei, ma...

Sbuffo tristemente prima di alzarmi e spazzolarmi via la sabbia dai pantaloni. Spero che non ci siano molti clienti così posso chiedere a Martha di finire prima; devo passare da casa a prendere alcune cose prima di andare da Tom.

La fortuna mi assiste: verso le 17 il locale è praticamente vuoto, a causa di una manifestazione che si sta svolgendo nella cittadina vicina, e molta gente si è recata lì a far baldoria.

Così Martha acconsente alla mia richiesta ed eccomi qua, ad inerpicarmi sulla strada dissestata che porta a casa mia.

Appena arrivo alla porta, la sensazione che mi ha perseguitato tutto il giorno ritorna più forte che mai.

Con sguardo attento e circospetto, scruto i dintorni, ma vedo solamente alberi, qualche conigli, più spaventato di me, e due uccellini che cinguettano allegri nel loro nido.

Niente di strano.

Niente di preoccupante.

Entro in casa, scrollando le spalle innervosita dalla mia stupidità, e corro in camera a raccattare qualche vestito di ricambio ed il beauty case, che avevo riempito di trucchi vari durante il mio ultimo shopping con Lexie. Metto tutto in una borsa e vado in cucina per cercare qualcosa da mangiare.

Ho una fame da lupi; non credo di riuscire a tornare in città se non metto qualcosa sotto i denti.
Purtroppo il mio frigo langue; a parte, un cartone di latte aperto ed uno yogurt, di chissà quanti giorni fa, non ho molto altro.
Sospirando depressa, afferro lo yogurt, sperando che non sia scaduto, e chiudo il frigorifero, immaginando la magnifica cena che Tom mi ha promesso.

È proprio quando mi appoggio alla credenza che lo sguardo mi cade sulla finestra e lo yogurt mi sfugge di mano, imbrattando il pavimento giallo.

È lì, di fronte a casa mia.

Mi ha trovata.

Indossa un completo scuro, la cravatta rossa allentata, l'aria stravolta come se avesse bevuto.

Mi avvicino alla finestra per vedere meglio; non riesco a credere ai miei occhi.

《Non è possibile...》mormoro mentre il cuore raddoppia i battiti ed i miei polmoni si svuotano.

Stagliato nella luce rossa del tramonto, a diversi chilometri dalla mia città natale, c'è Bryan Lewis, affermato detective di polizia.

Mio marito.

Il mio aguzzino.

E tiene in mano una lucida pistola nera.

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