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A volte la vita ti mette davanti a delle scelte, dure o semplici. La mia di scelta è già arrivata, non sarò la Alissa del passato, sarò quella che sono davvero, non l'immagine della ragazza perfetta e viziata, ma quella forte e stupida, la vera me.

Il rumore di qualcuno che bussa alla porta mi distrae dai miei pensieri, per un momento guardo Trev, ma anche lui è spaesato.
D'istinto ci alziamo e corriamo davanti alla porta urlando.
"Voi stupidi mocciosi! Non dovete procreare dentro lo scantinato. Non avete nemmeno pudore! Appena saprà il preside vi sospenderà!" Urla un uomo sulla cinquantina ci squadra da testa a piedi, quando guarda Trev sospira.

"Ragazzo, in quanti altri posti devo trovarti con le tue putanelle?" Rimango sconvolta dalle sue parole. Non so se sono più disgustata dal fatto che Trev si porti tutte a letto, se così si può definire il posto, o dal fatto che mi abbia appena dato della puttana.

"Scusa? Senta non so chi sia lei, tanto meno lei sa chi sono io, quindi l'unica puttanella qui è lei." Dico in tono acido avvicinandomi a lui. Loro iniziano a ridere e io li guardo confusa. Come hanno il coraggio di ridere?

"Stai calma bimba, stavo scherzando!" Dice l'uomo. "Frenk , era da tanto che non ti vedevo in giro." Dice Trev dandogli una pacca sulla schiena. "Sai, quel coglione mi ha lasciato un po' di vacanze, ma non me le ha pagate!" Dice ridendo.
Continuo a non capire, nessuno dice niente, finché entrambi non mi guardano.

"Lui è Frank, il bidello, lei è Alissa, una mia amica." Mi presento con lui.
"Sei la sua ragazza?" Chiede ammiccando. "No" Rispondiamo io e Trev insieme. Possibile che non capisca il termina 'amica'?
"Era solo una domanda, calmatevi." Dice alzando le mani in segno di arresa. "Ma cosa ci facevate qui sotto?" Trev racconta generalmente la storia e lui non può far a meno di scoppiare a ridere. "Non sia mai l'amore?" Dice ridendo mentre si allontana.

Lo guardiamo finché non sparisce all'interno del cortile della scuola. "Ommiodio, siamo liberi!" Dico praticamente urlando. Prendo il cellulare ed è praticamente al limite, ma mi arrivano così tante notifiche tra chiamate e messaggi che mi si blocca e così anche il cellulare di Trev.

"Amici?" Dice Trev ponendo la sua mano verso me. "Amici." Dico ricambiando e sorridendo.
Guardo l'ora nel cellulare e sono le due e mezza di pomeriggio.
"È meglio se chiamiamo gli altri, lo fai tu? Io vorrei andare dai miei e poi andare a casa a farmi una doccia." Lui annuisce e mi saluta mentre corro verso l'uscita.
Potevo chiedere un passaggio, invece ora me la devo fare a piedi.

Continuo a camminare senza perdere tempo, è da due giorni che sono chiusa lì dentro, non so più le condizioni dei miei genitori, possono essere svegli, come possono essere...
No, sicuramente sono svegli.

La suoneria del cellulare mi sveglia dai miei pensieri.
"Pronto." Dico senza vedere s chi ho appena risposto. "Ommiodio Alissa! Che fine avete fatto? Ci avete fatto venire un colpo! Abbiamo anche chiamato la polizia! Ma dov'eravate? Sei con Trev? Dove sei ora?" Mentre subisco le mille domande di Sophie a cui daró una risposta più tardi, penso ad Alton, nessuna chiamata, nessun messaggio.

"Hei calma, stiamo bene. Ora sto andando in ospedale, poi ti spiego." Dico riattaccandole. Le darò risposte più tardi, ora ho bisogno di certezze.
Continuo a camminare sempre più veloce, finché l'ospedale non si fa spazio tra le strade.
"Alissa!" Mi sento chiamare, mi giro e vedo Simon. Mi raggiunge.
"Cosa è successo?" Sbuffo. Devo dare troppe spiegazioni a troppe persone. "Ci vediamo fra due ore a casa mia, avvisa tutti." Dico in tono autoritario.
"Va bene, ti accompagno." Annuisco senza aggiungere niente, non riesco ad essere grata per le loro preoccupazioni, sono troppo concentrata su quel edificio.
Entriamo all'interno di esso e subito un via e vai di gente si presenta davanti.
So benissimo dove andare, Simon è ancora dietro di me, non ha più aperto bocca se non qualche sorriso. Sinceramente gliene sono grata, sarò scontrosa, ma quando gli racconterò mi deve capire.

"Signorina, non può entrare." Dice un infermiere poco prima che la mia mano tocasse la maniglia. Mi giro confusa, son giusta per l'orario di visite, perché non posso?
"Chi è lei?" Chiede poco dopo di essersi avvicinato con una cartella di documenti in mano. "La figlia ed ora entro." Dico aprendo la porta. Nessuno può ostacolarmi oggi, più che mai dopo tutto.

Nel momento in cui entro trovo una signora anziana stesa nel letto, mi guardò in giro e non vedo ne mia madre, ne mio padre, solo questa signora.
"Buongiorno." Dico abbassa voce. "È un'infermiera?" Dice con tono dolce e innocuo. "N-no, in realtà cercavo i miei genitori, ma devo aver sbagliato stanza." Dico gentilmente uscendo dalla stanza. "Aspetta." Apro nuovamente la porta aspettando qualcosa.
"Appena hai trovato i tuoi genitori, passami a trovare. Mi farebbe piacere, sai ormai nessuno si prende cura di me." Nei suoi occhi vedo il dolore, vedo la solitudine e il desiderio. "Certo, la passo a trovare dopo allora." Le sorride e lei fa lo stesso ed esco dalla stanza.

"Allora come stanno?" Chiede Simon.
"Non sono dentro, non so dove siano. C è una signora anziana che passerò a trovare dopo, ma non loro." Dico cercando qualche infermiere.
"Scusi!" Urlo a un medico. Si gira e riconosco l'amico di mio padre, quello del giorno del incidente.
"Alissa, ho provato a contattarti." Dice venendo dalla mia parte. Sento la mano di Simon stringere la mia, lo guardo e lui mi sorride cercando di tranquillizzarmi, ma non è poi così facile.

"Ho avuto un imprevisto, come stanno?" Chiedo pronta a sentire anche la più grande catastrofe.
"Tua madre è sveglia, tuo padre ancora no." Dice abbassando la testa. Da una parte sono felicissima, ma dall'altra solo distrutta.
"Ma si riprenderà vero?" Chiedo con fin troppa speranza. "Per ora è ancora nel punto critico, ma stiamo facendo di tutto." Continua a tenere solo sguardo basso, non mi guarda nemmeno in faccia.

Una lacrima riga il volto. "Posso vederli?" Chiedo quasi in un sussurro. Annuisce e mi fa cenno di seguirlo, guardo Simon che annuisce e si siede in una sedia.
Guardo davanti a me e vedo solo la strada che mi divide con loro.
La vita ti da tutto e poi te la leva in un soffio.

"Prego." Dice il medico mentre mi apre la porta.
Entro senza fiatare e guardo la figura esile di mia madre accanto a quella di mio padre, con troppi tubi attaccati.

"Finalmente." Una voce dietro mi fa girare di scatto.
Ed eccolo.

The Sun and the Moon (#WATTYS2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora