Capitolo 11

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Narra Peter:
-Peter- disse mia sorella. -Che stavate facendo?- chiese deglutendo ed entrando nella stanza, con una mano dietro la schiena chiuse la porta dietro di lei. Mi stava guardando come se l'avessi delusa. -Niente, parlavamo- si intromise Lali, la guardai, così piccolina, così dolce, così carina, poteva essere l'ultima volta che la vedevo, che la tenevo vicino a me, quel pensiero mi stava uccidendo, non volevo pensarci. Guardai mia sorella, era delusa da me, non mi capiva, non accettava ciò che stavo facendo, ciò che aveva appena visto, nemmeno lei sapeva bene cosa avesse appena visto. -Cande, lascia che ti spieghi- iniziai. -Spiegarle cosa? Non stavamo facendo nulla- mi disse Lali, guardandomi negli occhi, pregandomi di non parlare, perché sapeva che se parlavo ci avrebbero divisi e lei non voleva questo e nemmeno io lo volevo. -Peter, vai, spiega- disse Cande, appoggiandosi alla porta e guardandoci, guardandomi come se non fossi più suo fratello, come se fossi una persona che stava facendo una cosa contro la legge, perché lo sapevamo tutti e tre in quella stanza che quello che stavamo facendo io e Lali era contro la legge. -Lo ho baciato io, perché sono un illusa- disse Lali di botto, cercando di proteggermi, di prendersi lei la colpa al posto mio, perché per lei era solo un cambio di psicologo, anche se significava molto di più, ma per me era perdere tutto, il mio lavoro, a poco a poco anche Cande ed anche la mia casa. -è la verità?- chiese Cande, guardava il mio viso, la mia espressione, i miei occhi, lei era capace di leggermi dentro. Sospirai e scossi la testa, tanto sapevo che lo avrebbe capito comunque, tanto valeva dirglielo io e spiegarglielo. -Siediti- le dissi, indicando il divanetto nero. Lei si sedette e mi guardò negli occhi, i suoi occhi erano color nocciola, molto simili a quelli di Lali, ma se in quelli di Lali potevo leggere tristezza ed amore, nei suoi leggevo delusione. -Volete che vi lasci da sola?- domandò Lali, gli occhi dolci e limpidi e la voce incrinata. Feci cenno di si con la testa, lei si alzò dalla sedia e si avviò alla porta, arrivata lì, prima di uscire si girò verso di me e mi sorrise con estrema dolcezza, quel gesto mi fece coraggio -Ti aspetto fuori- disse, io feci cenno di si con la testa e lei uscì. Mi sedetti sulla sedia dove prima c'era Lali e guardai Cande negli occhi. -Allora? Cosa ti è successo? Prima non eri così, tu segui la legge, rispetti le regole, non baci le tue pazienti ne le porti a casa- disse. Poi il suo sguardo da delusione si riempì di disgusto -Che avete fatto a casa?- domandò preoccupata. Scossi la testa, mi faceva male sapere che mia sorella pensasse quelle cose di me, ma non avevo fatto niente perché mi dipingesse in un altro modo. -Nulla, Lali era lì perché stava male, è molto sensibile, è molto fragile- le iniziai a spiegare. Lei sospirò e si mise le mani in faccia, poi mi guardò, lo sguardo duro. -Peter, non c'entra che lei sia fragile, è contro la legge- mi ricordò. -Lo so- dissi. -ma questo non toglie che sia stupendo- continuai. Lei mi guardò male. -Lasciami spiegare- dissi. -Lali ha avuto molti psicologhi, terapeuti, dottori e nessuno riusciva a farla aprire, con me si apre- dissi. -Peter la stai illudendo, quando finirà starà malissimo, peggio di ora- mi disse ciò che io già sapevo, ciò che pensavo ogni notte, ed ogni volta che guardavo Lali, ciò a cui non volevo pensare, ciò che mi frantumava il cuore e mi toglieva il sonno, che mi dava voglia di piangere, sapere che stavo ricostruendo Lali, attaccando ogni suo piccolo pezzo, per poi distruggerla di nuovo questa volta in maniera iriparabile. Che la stavo facendo sorridere per poi farla piangere. -Lo so, ma non posso farci nulla, lei ha bisogno di questo, ha bisogno di me- dissi. -E tu? Di cosa hai bisogno?- mi chiese. -Da quando mamma e papà sono morti hai pensato solo al lavoro e a me- disse. -lei sembra che ti faccia distrarre- continuò. Scossi la testa, non volevo accettare quelle parole, quei pensieri, anche se sapevo bene che erano veri, che erano giusti. -Lei è lavoro- dissi. Lei scosse la testa e mi prese la mano. -No Peter, lei non è semplicemente lavoro. Facendo stare bene lei, stai bene pure tu, quello che sente lei, lo senti pure tu- disse con dolcezza, i suoi occhi ora erano pieni di lacrime, perché aveva pensato a mamma e papà, ma stava sorridendo, non mi odiava. -E cosa sente lei? Cosa sento io?- le chiesi, perché io non lo sapevo, o meglio, lo sapevo, ma non volevo ammetterlo. Sentii le lacrime che mi bagnavano le guance, ma non ci pensai. -Non lo so, questo me lo devi dire tu. Ascolta, non dirò nulla, ne ti giudicherò, non vi giudicherò. Ma promettimi che affronterai i problemi che verranno, perché c'è ne saranno ed io non voglio vederti cadere- mi disse. Feci cenno di si con la testa e l'abbracciai, non avevo mai pianto per i miei genitori che erano morti l'anno scorso, perché avevo dovuto badare a Cande, e lei aveva bisogno di qualcuno forte che la sorreggesse, il giudice Nicola credeva che io stessi facendo un miracolo con Lali, ma era lei che stava facendo il miracolo con me.

Narra Lali:
Guardavo la porta con ansia, aspettando che Peter uscisse e mi dicesse che era tutto finito, dopo tutto mi ero sempre aspettata un finale orribile per la nostra storia. Peter e Cande uscirono, lui aveva un braccio in torno alle sue spalle, aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto, non lo avevo mai visto piangere. -Allora?- domandai. -Non dirò nulla, non preoccuparti- mi disse, sorrisi, e sospirai di sollievo, ma il sollievo durò poco, perché una voce familiare dietro di noi chiese. -Non dirà nulla di cosa?- ci girammo per vedere la faccia conosciuta del giudice Nicolas che ci guardava perplessi. "Maledetto specchio rotto" pensai "La sfortuna sarà la mia unica compagnia" mi dissi e sospirai  

Per sempre insieme LaliterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora