Capitolo 20

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Narra Lali:
-Mariana- la voce di mia madre mi sorprese e mi fece trasalire, ma riuscì ad allontanare Peter da me con una spinta. Mia madre stava aprendo la porta della sua camera da letto, ma non aveva visto nulla. Si guardò in torno un po' spaesata, come se fosse appena entrata in una casa estranea, non certo quella in cui aveva vissuto per, praticamente, tutta la sua vita. -Si mamma?- le chiesi, cercando di nascondere il rossore delle mie guance ed il gonfiore delle labbra. Per fortuna mia madre non guardò me, ma puntò i suoi occhi su Peter, che era in imbarazzo e spaesato, ma il suo viso non lasciava trapelare nulla, invece credo che se mi avesse guardata negli occhi io sarei stata come un libro aperto. -Lui chi è?- si informò mia madre, da come guardava Peter sembrava che non gli piacesse. -Io sono Juan Pedro Lanzani- si presentò lui, il suo sorriso timido, la solita adorabile fossetta, stupendo come sempre, le porgeva la mano. -E chi è per mia figlia?- volle sapere, sguardo truce, voce dura, ignorando la mano tesa verso di lei. -È il mio psicologo- dissi io. Lei studiò Peter, dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi. Peter era calmo, il suo solito sorriso in volto, gli occhi che brillavano, un ciuffo ribelle gli ricadeva sugli occhi e lui cercava di soffiarlo via.

Narra Peter:
La madre di Lali aveva ben poco che mi ricordasse la figlia, i capelli mori erano corti e stirati di grigio oltre ad essere sporchi. Gli occhi marroni spenti ormai da tempo, senza la vitalità che stava andando riempendo quelli di Lali in giorno dopo giorno. Il viso era piccolo, molte rughe lo avevano riempito, aveva anche delle occhiaie molto evidenti. Il naso piccolo e rosso per quanto era stato toccato da un fazzoletto. Le guance erano bagnate di lacrime. Era magra come un chiodo, le ossa corte, era bassa e le braccia erano spigolose. Il viso una maschera di dolore ed odio, non verso di me, verso il mondo, verso suo figlio, verso chi glielo aveva portato via. Perdere un figlio era un dolore amaro e terribile. -Cosa fa qui?- mi chiese, non le piacevo, forse, anche se non lo dimostrava, era molto protettiva con la figlia, anche se dubitavo che Lali se ne fosse mai resa conto, lei pensava che la madre la odiasse, ma invece le voleva molto bene, solo che non riusciva a dimostrarglielo. -Sono venuto per una visita- dissi. -Ora gli psicologhi sono anche nel mestiere "porta a porta"?- chiese, doveva suonare come una battuta, con dell'ironia, ma con la voce roca che si trovava sembrò un lamento. -Mamma, Peter è venuto qui per riportarmi le cose che avevo lasciato a casa sua- si intromise Lali. La madre le lanciò uno occhiata, poi riportò lo sguardo severo su di me. Non incuteva alcuna paura, era bassa e gracile, io alto e robusto, il mio sguardo era amichevole, il suo severo e duro. -Peter?- chiese, diretta sia a me che a lei. -È il mio nomignolo- le spiegai. Si girò verso di Lali. -Tu non dovresti conoscere il suo nomignolo- disse e si girò nuovamente verso di me -Non dovrebbe chiamarla dottor Lanzani, o roba del genere?- mi chiese. Feci cenno di si con la testa concordando con lei. -Con un nomignolo penso di poter incutere meno timore ai miei pazienti- le spiegai. -Sono molto felice di conoscerla- le dissi. -Non vale lo stesso per me- rispose lei. -Mamma- la richiamò Lali, il viso piccolo, bianco, gli occhi marroni leggermente dilatati, i capelli scompigliati, le guance leggermente arrossate e le labbra gonfie per via dei baci. Si avvicinò alla madre, e le mise una mano sulla spalla, la voleva condurre nuovamente nella sua camera da letto, ma lei si oppose. Ora che erano vicine, potevo constatare che Lali era, se pur leggermente, più alta della madre. -Perché dovrei lasciarvi da soli?- chiese acida, lo sguardo truce rivolto verso di me, stringeva le mani a pugno. Lali la supplicava con lo sguardo, ma lei non se ne accorgeva. Si sentiva in imbarazzo per quella scena, per il fatto che ci fossi io. -Mamma, Peter ed io dobbiamo parlare e tu non puoi rimanere- le disse, anche se sembrava arrabbiata, la voce le uscì molto dolce. La madre si girò un attimo verso di lei, le studiò il viso, poi riportò lo sguardo verso di me, si mise con le braccia conserte e disse -Se si parla di mia figlia voglio rimanere- disse, non era una richiesta. Capendo che se non avessi accettato mi avrebbe cacciato di casa sospirai e feci cenno di si con la testa. Loro si sedettero sul divano rosso, io sulla poltrona blu. Il divano era macchiato, credo di birra, tutta la casa odorava di birra ed altri alcolici, cibo scaduto e acqua piovana. Presi il taccino rosso, nella prima pagina avevo scritto il nome di Lali. Avevo posato la borsa con le cose di Lali accanto alla poltrona, la guardai chiedendomi quando avrebbe aperto il regalo che le avevo fatto e se le sarebbe piaciuto. Mi girai verso di loro e chiesi -Che rapporto avete?- dato che ero costretto alla presenza della madre di Lali, a questo punto avevo pensato di fare una terapia familiare, che alla famiglia serviva sicuramente. Lali mi guardò come se fossi stupido, sapevo già la risposta, ma era il suo punto di vista, e non si può fare nulla, finché non si conoscono tutti i punti di vista. -Un rapporto accettabile- rispose la donna. Lali la guardò di traverso, poi girò lo sguardo verso di me, appoggiò la schiena al divano, accavallò le gambe ed unì le mani, posandole sulle cosce, poi disse -Un rapporto schifoso- la madre la guardò preoccupata, ma Lali continuò -Non parlo con mia madre da molto, intendo una vera chiacchierata, non frasi scambiate ogni tanto, o la litigata dell'altra volta quando mi ha dato della puttana- la donna strabuzzò gli occhi meravigliata, non si aspettava tirasse fuori quel discorso, per com'era Lali, avrà pensato che se ne fosse già dimenticata. Ma in realtà Lali non dimenticava nulla, lei ignorava la cosa per paura che diventasse qualcosa di peggio. -Lei è chiusa sempre nella sua camera, e quelle poche volte che esce e la vedo mi guarda male, come se non fossi la figlia, ma un estranea. Piange per Daniel, ed anche io sento la sua mancanza, ma lei si richiude in se stessa, crede sia l'unica a soffrire, crede che Daniel si sia tolto la vita per colpa sua, ma non è così. Ho parlato col suo ragazzo, Daniel si è tolto la vita per colpa di tutte le persone che lo trattavano male, che lo allontanavano, perché era diverso. Si è tolto la vita perché non c'è la faceva più a vivere in questo modo, a fingere di non vedere i lividi sulle braccia di mamma, le birre sparse ovunque, papà che faceva le ore piccole, era stanco di fingere che non sentiva le continue liti, di essere picchiato a scuola ed escluso dalle squadre sportive perché non le reputavano degno. E tutto questo non è da poco prima che si è tolto la vita, lui lo pianificava da molto, da anni addirittura, ma se ha continuato è stato semplicemente perché sapeva che avevamo bisogno di lui, ma poi è arrivato un momento in cui non c'è la faceva più, lo ha fatto perché stava male e nessuno lo aiutava, perché fingevamo che stesse bene anche se lui ci tirava dei segnali chiari del suo dolore. Si è arreso, ma ci ha chiesto che noi non lo facessimo, ma lo abbiamo fatto- detto questo si alzò, prese il borsone da terra e si diresse in camera sua, non si girò verso di me. Tremava, ma non piangeva, stringeva forte la tracolla del borsone perché doveva tenere duro, non doveva crollare. Arrivò d'avanti alla porta della sua camera, allungò la mano verso la maniglia, la mano tremava forte, si fermò, sembrava averci ripensato, poi abbassò la maniglia ed entrò, si richiuse con forza la porta dietro le spalle, ed io potevo giurare di sentirla buttare il borsone a terra, buttarsi sul letto ed iniziare a piangere. Strinsi forte la penna, ferendomi. Avevo fatto esplodere Lali, ed ora lei stava male. Il cuore batteva forte, la testa mi faceva male, mi girava, avevo i crampi allo stomaco, aveva detto cose molto forti, lo aveva fatto con coraggio, ed ora ne pagava le conseguenze, ed io avrei fatto di tutto per soffrire al posto suo. Guardai la madre, fissava il vuoto, tremava, stava pensando a ciò che le aveva detto la figlia, l'aveva colpita. Respirai con forza e mi alzai dalla poltrona, mi diressi verso la sua camera...  

Per sempre insieme LaliterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora