11 Alfa e Omega

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Tander teneva in mano un atlante. Era gigante e pesava, molto probabilmente, qualche chilo. Con le dita sfiorava con delicatezza le pagine, timoroso di poterle rovinare, avvertendo la carta ruvida sotto i polpastrelli. I suoi occhi studiavano attentamente i confini dei continenti marcati in diversi colori: riconosceva l'America, la zona in cui si trovava Dallas e anche i posti in cui si trovavano i vari avamposti. Li aveva visti spesso sulle cartine militari nel Sito, ma non aveva visto altro. Tutti gli altri paesi e continenti non li aveva mai visti o quanto meno sentiti nominare, fatta eccezione della Svizzera e della Corea. Non aveva mai visto una carta geografica completa della terra, quella era una conoscenza a cui potevano accedere solo i generali dal grado più alto e gli aviatori.

Osservando quanto la città di Dallas fosse minuscola in confronto al resto del mondo si sentì improvvisamente minuscolo e insignificante.

<< Oh mio Dio, non ci credo, guarda qua!>> Landon era da più di un'ora che si lasciava uscire dalla bocca espressioni di sgomento mentre sfogliava un album fotografico. La sua eccitazione nel vedere così tanti luoghi che non fossero dei muri grigi era travolgente, tant'è che con la sua esaltazione aveva strappato delle risate anche ad Akiva, che era rimasta tutto il tempo seduta ad osservare i ragazzi leggere libri. <<Fratello avresti mai pensato che il mondo potesse essere tanto grande e colorato?>> Landon guardò Tander con infinita tristezza. Lo sguardo dei suoi occhi era identico a quello di Tander. Entrambi sapevano bene quanto fosse frustrante vivere in un buco per tutta la vita, senza avere idea di cosa ci fosse al di là delle mura di cemento armato e di piombo. Avevano trascorso la loro misera vita dietro agli ordini di persone che li consideravano come animali: rinchiusi in gabbia, ignari di cosa li stesse aspettando là fuori, ignari di tutto. Ma la cosa più grave era che l'uomo stesso aveva distrutto tanta ricchezza a causa di conflitti nati dalla brama di potere. Tander sentì lo stomaco andargli a fuoco e la bocca farsi amara. Lui era ignorante, sì, ma non per sua volontà. Ma l'uomo di 200 anni prima, non era solo ignorante, ma anche stupido: aveva ucciso la sua madre terra. Con uno scatto Landon chiuse il volume che aveva appoggiato sulle gambe e iniziò a camminare su e giù per la stanza immensa, con i pensieri sulla stessa linea di quelli di Tander, che non la smettevano di affollarglisi per la mente.

<<Cosa diavolo ci fate voi qui?!>> dalla doppia porta entrò Andromeda, il volto arrabbiato e le dita strette attorno all'impugnatura del suo arco.

Akiva corse da lei e le mise una mano sulla spalla cercando di farla calmare, e iniziò a parlarle a voce bassa e in modo conciliante sperando di farla ragionare.

<< Non me ne importa niente di cosa pensa nostro nonno, che loro possano aiutarci. È vecchio e del tutto suonato...>>

<< Ehi io l'ho detto dal primo momento che l'ho visto che il vecchio non aveva qualche rotella apposto...>> Landon si beccò un'occhiata omicida da parte di Andromeda, e per una volta fece una scelta saggia: chiuse il becco.

<<Akiva non possiamo mettere a rischio il nostro più grande tesoro, loro sono umani non te lo dimenticare. Potrebbero fare una soffiata, oppure distruggere tutto da un momento all'altro. Noi siamo il Clan Omega, la protezione di questi libri è un nostro compito da moltissimi anni.>> Andromeda continuava a guardare i ragazzi con un misto di odio e diffidenza. Era chiaro che non si fidasse di loro.

<< Calma, calma, calma. Posso capire che tu non ti fidi di noi a causa di questo schifo di guerra che va avanti da due secoli, ma noi non siamo il tuo nemico.>> Landon si avvicinò alla Radiata arrivando a pochi centimetri dal suo viso. Nonostante Landon fosse alto quasi un metro e novanta, la Radiata poteva guardarlo quasi in volto e tenergli testa. << Se avessimo voluto uccidervi lo avremmo fatto in quel campo, quand'eravamo armati, ma abbiamo deciso di non farlo. Inoltre questa notte abbiamo anche dormito nei vostri accampamenti: noi ci siamo fidati di voi.>> Per quanto le parole di Landon fossero intrise di amarezza, Andromeda si calmò e il suo sguardo d'odio si fece, leggermente, più spento e non osò neanche controbattere. Con un gemito di frustrazione si girò e uscì dalla stanza a passo svelto, mentre Landon indossava di nuovo il casco e le correva dietro urlando: <<Non ho finito!>>

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