26 Dolore

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Prima che potesse immaginare dove li stavano conducendo, Tander sentì un urlo. Riecheggiò sulle pareti metalliche, attraversò l'aria, e si conficcò come una lama nel suo intestino. Il dolore in quell'urlo era il suo dolore.

Sul volto di Nev, si disegnò un ghigno malefico, che diventò più marcato non appena seguì un secondo urlo.

Tander riconobbe la voce. Dei brividi salirono lungo la sua schiena propagandosi in ogni parte del suo corpo, fino alle estremità.

<<Cosa le state facendo?>> gridò, agitando le braccia legate dietro la schiena.

<<Le stiamo facendo esattamente quello che faremo anche a te.>> rispose l'ufficiale.

L'ennesimo corridoio grigio si concluse con una porta di acciaio gigantesca: ai lati vi erano due guardie. Le loro espressioni erano dure e fredde quanto il metallo alle loro spalle. Aprirono la porta utilizzando le impronte digitali di entrambi, e dopo un sonoro sbuffo, il metallo cigolò lasciandoli entrare.

La prima cosa che si sentiva nell'aria era l'odore di bruciato, il quale si mischiava al fetore della muffa, dell'umido, e del sangue. La stanza in cui si ritrovarono era grande, con le pareti e il pavimento in terra battuta. Esatto. Terra.

Quanto in profondità si trovavano?

<<Abbastanza da non far sentire le urla.>> Il Generale Donald rispose al pensiero di Tander osservando il suo sguardo che vagava da una parte all'altra della stanza, analizzando ogni singolo elemento. Non che si riuscisse a vedere molto. C'era un'unica lampadina, vecchia e semplice, che permetteva a malapena di distinguere i contorni delle figure.

Al centro della stanza però, la sagoma di una ragazza, catturò l'attenzione di Tander. I lunghi capelli rossi erano quasi piatti e le nascondevano in parte il viso sporco e tumefatto. Le palpebre erano abbassate e tremolanti, mentre le braccia erano legate in alto con delle funi. Le punte dei piedi nudi ondeggiavano a mezzo metro dal terreno.

<<Akiva!>> Tander si mosse con violenza cercando di raggiungerla, di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per quanto disperata, che potesse aiutarla. Lo ripresero soltanto quando si trovava a pochi centimetri da lei, e lo risbatterono con forza a terra.

<<Non trovi che sia terribilmente snervante quando sei vicino al raggiungere qualcosa, ma te lo impediscono? E alla fine ti ritrovi peggio che al punto di partenza? Sì, è insopportabile. E io questa sensazione l'ho provata fin troppe volte. E tutto grazie a te, e alla tua banda di amichetti.>>

Le palpebre di Akiva si sollevarono e i suoi occhi spenti si intrecciarono con quelli tempestosi del ragazzo

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Le palpebre di Akiva si sollevarono e i suoi occhi spenti si intrecciarono con quelli tempestosi del ragazzo. Lei straziata dal dolore e dalla perdita, appesa a delle travi sul soffitto, mentre lui era in basso, a terra, spaventato da quelle che erano le conseguenze delle sue azioni: la tortura delle persone a cui teneva di più.

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