6 In trappola

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Un minuto.

Sessanta secondi.

Quante cose possono accadere in sessanta secondi?

Quanto può durare un minuto?

Tutto è relativo.

Un minuto era passato da quando i Radiati erano saltati fuori dai loro nascondigli, mandando in frantumi il vetro degli edifici. Meno di un minuto era passato da quando avevano iniziato a sparare.

Tander vedeva con chiarezza i proiettili e le frecce attraversare l'aria e andarsi a schiantare contro il cemento, contro le corazze, contro la carne calda. Vedeva i suoi compagni imbracciare le armi e sparare. Vedeva il sangue rosso macchiare l'erba e il cemento polveroso. Vedeva ogni cosa.

Sentiva il suo cuore pompare forte il sangue nelle vene. Sentiva il suono degli spari. Sentiva le urla, quelle dei suoi compagni e dei Radiati. Percepiva l'odore rugginoso del sangue, l'odore della polvere da sparo. Percepiva tutto. In quel minuto la sua sfera sensoriale si era ampliata fino a coinvolgere ogni particolare attorno a lui. Non gli sfuggiva niente, eppure si sentiva perso e confuso.

Poi, improvvisamente, due occhi blu coperti da una visiera, gli si pararono davanti, e due mani guantate strinsero il casco aranciato che indossava.

<<Ehi, Reyn, muoviti. Ti devi muovere! Se non ci togliamo da qui ci ammazzeranno. Capisci quello che dico?!>> la voce di Landon Bennet risuonò nelle sue orecchie, attraverso il microfono del casco.

Landon Bennet. Era la persona più simile ad un amico che Tander avesse mai avuto in vita sua. Ricordava di come si era preso cura di lui quando i suoi erano morti durante il bombardamento di 13 anni prima. Quando erano in mensa gli passava sempre la sua porzione di frutta candita, attento a non farsi beccare dai sorveglianti. Ricordava anche quando dei bulletti, nei primi anni di accademia, lo avevano preso a botte. Landon l'aveva soccorso, l'aveva portato in bagno e gli aveva fasciato le ferite. Era un'ombra silenziosa, che non aveva mai chiesto in cambio niente, e si prendeva cura di lui. Quando infatti il giorno prima aveva letto la lista dei soldati che avrebbero partecipato alla missione, il suo stomaco si era stretto in una morsa d'acciaio quando il nome "Bennet" era passato sotto i suoi occhi. Tander si era spesso ripromesso di dover ricambiare i favori un giorno, qualunque cosa lui gli avesse chiesto. Beh, se non avesse alzato il culo e non si fosse mosso da dietro quella sottile lastra di cemento che li copriva momentaneamente dal fuoco dello scontro, sarebbe crepato e così non sarebbe mai riuscito a ripagare la lunga lista di debiti che aveva nei confronti di Landon.

Si alzò in fretta dal suo nascondiglio e si affacciò oltre la lastra di cemento per vedere cosa accadeva. Nella piccola piazza circondata da alti grattacieli, l'inferno si era riversato in tutta la sua violenza. A terra, coperti di sangue, c'erano cadaveri dai corpi ancora caldi, mentre sopra di loro si stagliavano le sagome di coloro che continuavano a combattere. Il Generale era occupato in uno scontro corpo a corpo con un Radiato: era alto, molto alto, abbastanza giovane, i muscoli ricoperti dalla divisa di pelle nera, i lunghi capelli neri raccolti in tante treccine. Aveva gli occhi scuri e feroci. 

Il loro scontro si stava svolgendo nel cuore della piazza, e sembra di assistere ad una lotta sfuriata tra un orso e una pantera. Lì attorno ,invece, i loro compagni venivano massacrati brutalmente dai Radiati: erano più forti, più arrabbiati, e avevano molti motivi in più per ucciderli.

Landon strinse la spalla a Tander e indicò con il mento un edificio basso con un insegna spenta alcuni metri più in là. Non era male come nascondiglio, ma avrebbero dovuto mostrarsi, e molto probabilmente avrebbero rischiato di farsi impallettare. Ma valeva la pena provare. Insomma, era da quella mattina che la Morte con la sua cappa scura, copriva le loro teste, pronta ad avventarsi su di loro. Le probabilità di uscirne vivi erano poche.

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