30 Sentenza

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La stanza, da come l'aveva lasciata Tander tempo prima, non era cambiata di molto: l'enorme tavolo d'acciaio per riunioni occupava ampiamente lo spazio centrale ed era coperto da carte e ologrammi del Sito e da cartine; le luci erano basse, concentrate tutte sul centro della stanza, sufficienti ad illuminare i volti austeri di coloro che sedevano attorno al tavolo.

Nel mezzo spiccava il viso cupo del Presidente Asimov, il quale, come suo solito, si torturava l'anello al mignolo, mentre le rughe sul volto non accennavano a dissolversi. Alla sua destra vi era il Vicepresidente Logos, un uomo dal volto scarno e incavato, le guance ricoperte da una barba ispida e grigia, e l'espressione, se possibile, più cupa e austera del Presidente. Le dita nodose di Logos rimanevano composte sul tavolo, intrecciate tra loro come una fitta rete di radici, contrariamente alle dita soffuse e morbide del Capo del Dipartimento di Giustizia, ovvero Ellaine Bennet. Le sue mani si muovevano nervose e a scatti, tormentando la penna che stringeva tra i polpastrelli. Il movimento si fece convulso nel momento in cui i suoi occhi blu si piantarono in quelli identici del figlio. Landon, la guardò trattenendo il respiro: ovviamente la presenza di sua madre era scontata, sapeva benissimo che l'avrebbe incontrata in quella stanza. Ma in quel momento, vederla dall'altra parte del tavolo, non come sua madre, ma come giudice di un processo in cui era incappato, lo fece sentire fuori posto.

"Perché sono qui?" questo si chiese in quel breve momento di disagio. Poi quando riuscì a staccare lo sguardo dagli occhi di sua madre e a concentrarsi sulle persone che aveva attorno, tornò alla realtà, colpito dalla profonda consapevolezza di ciò che stava accadendo.

Il disagio di Landon si rifletté sul viso di Ellaine, come in uno specchio, costringendo la donna a voltare lo sguardo da un'altra parte. Alla sua destra l'ufficiale Morgan, poggiò una mano sulla sua spalla, tra i lunghi capelli biondi, cercando di consolarla, comprendendo la sua situazione. La presenza dell'ufficiale però, era una novità: la sedia che occupava infatti, non era la sua. In quanto Capo dell'Esercito, sarebbe toccato al Generale Donald presenziare al processo, ma in quel momento era assente, sollevato da tutti i suoi incarichi fino a nuovo ordine.

Ad occupare gli altri due posti al tavolo c'erano il Capo delle Risorse Umane, la signora Spencer, una donna formosa e dalla pelle scura come l'ebano, e il Dott. Goldwyn, un uomo di mezza età, stempiato e dalla pelle untuosa, che era a capo del Dipartimento della Sicurezza.

Lontano dal gruppo, nascosto nella penombra, c'era l'ex generale Jahr. A differenza degli altri, a lui non spettava il compito di giudicare, ma la sua presenza era stata espressamente richiesta dal Presidente, il quale vedeva in lui una persona affidabile e giudiziosa, capace di prendere le decisioni giuste senza farsi influenzare.

Quanto si sbagliava... Nonostante fosse immobile e silenzioso, in quel momento nella mente dell'uomo stava scoppiando una battaglia tra la fedeltà verso la propria gente, verso il Sito, e la promessa fatta anni prima a Cale di proteggere suo figlio. Ma come avrebbe potuto fare in modo che al ragazzo non fosse inflitta nessuna pena? Quanto sarebbe riuscito ad influenzare la sentenza dopo tutto quello che era successo? Non lo sapeva.

Quando tutti i ragazzi furono entrati, vennero messi a sedere su delle sedie fredde di metallo disposte davanti al tavolo del Concilio.

La tensione nell'aria cresceva ogni secondo di più, le menti e i corpi delle persone nella stanza erano percossi da brividi per l'adrenalina. In quel momento ogni molecola vibrava così intensamente da far sembrare tutto immerso nell'immobilità.

Il Presidente si schiarì la voce e si alzò.

Molti ripresero a respirare.

<<Membri del Concilio, oggi ci ritroviamo con un caso senza precedenti, un caso che vede coinvolti dei nostri ragazzi>> indicò con la mano Tander e Landon << e dei... Radiati>>.

La voce gli tremò leggermente quando pronunciò quell'appellativo. Persino lui era rimasto colpito dall'assurdità di quella situazione.

<<Ora non perdiamo tempo. Signora Bennett, ci elenchi le accuse, per favore.>> Asimov tornò a sedersi, cercando di non dar credito al sussulto di Ellaine, nel momento in cui era stata nominata. La donna si alzò dalla propria sedia, schiarendosi la voce a sua volta, e ben attenta a non guardare in volto le persone davanti a sé, iniziò a leggere il foglio che teneva tra le dita.

<<Il 27 ottobre, Tander Reyn e Landon Bennett partirono in una spedizione in Superficie guidata dal Generale Donald, con l'intento di scovare il gruppo di Radiati che aveva saccheggiato i nostri avamposti. Durante uno scontro però furono rapiti, nonostante gli sforzi del Generale di salvarli...>>

<<Che cosa? È una bugia, il Generale Donald non ha mai cercato di salvarci; mi avrebbe ucciso se non fosse stato per...>> Tander proruppe, troncando il discorso della signora Bennett, ma si bloccò nel momento in cui il Vicepresidente batté un pugno sul tavolo e fissò le pupille gelide nelle sue.

<<Non è ancora arrivato il suo momento di parlare. Le consiglio di tacere a meno che non voglia che il soldato dietro di lei>> allungò il dito nodoso in direzione delle spalle di Tander <<la imbavagli per bene.

Ma soprattutto, non dimentichi in che condizione si trovi. Al posto suo, io non farei niente di azzardato. Specialmente se tiene ai suoi compagni>>. La voce melensa del vicepresidente era disgustevole tanto quanto il suo aspetto, e nonostante Tander fremesse per rispondergli, la minaccia non poi così velata nell'ultima frase lo fece desistere.

La signora Bennett stinse di più il foglio tra le mani e continuò: <<A seguito del rapimento i nostri tecnici non sono riusciti a rintracciare i due soldati dal bracciale elettronico e per questo sono stati considerati deceduti.>> solo a quel punto Ellaine alzò lo sguardo e lo puntò negli occhi di suo figlio. In quel momento tutto il dolore e la pena che aveva sofferto in quell'ultimo periodo vennero fuori, mostrati dalle sue pupille quasi con violenza. Cosa doveva aver provato una madre credendo suo figlio morto, non si sa in quale modo in Superficie, per poi scoprire che fosse ancora vivo e per dipiù prigioniero e accusato di tradimento?

Landon sostenne il suo sguardo per alcuni momenti, poi lo abbassò costernato.

La situazione rimase instabile per quelle che parvero ore, non secondi. Soltanto quando il Presidente si schiarì la gola, Ellaine si riprese e continuò:<<In una seconda spedizione in Superficie però, una squadra è riuscita ad avvistare il sottoufficiale Bennett, e attraverso un localizzatore, hanno scovato il campo dei Radiati in cui entrambi i sottoufficiali si rifugiavano. A tale scopo è stata organizzata una missione di recupero, ma entrambi i soldati hanno combattuto contro le truppe del Sito, diventando in questo modo... traditori.>> Passarono alcuni secondi in cui la parola rimbombò nell'aria e nelle menti di tutti.

Una parola. Un'accusa. Una sola sentenza.

<<Secondo la Carta delle Leggi, stilata durante la costruzione dei Siti affinché si potesse garantire una vita giusta nel nome della legge, chiunque si ribelli al Sito e ai suoi organi, mettendo in pericolo i suoi abitanti e i suoi soldati, sarà dichiarato traditore. Di conseguenza, la pena sarà la morte.>>

Nota dell'autrice

Inutile iniziare il discorso con le solite scuse per la mia assenza prolungata... ormai lo sapete già!

In ogni caso ho deciso di pubblicare lo stesso il capitolo poichè non volevo lasciarvi troppo tempo senza neanche uno straccio di pubblicazione. E' infatti questo il motivo per cui il capitolo è troncato e non ha un finale adeguato. Sarebbe stato molto più lungo se avessi deciso di pubblicarlo completo ( ma ciò avrebbe voluto dire che sarebbe stato pronto per ottobre... -.-'')

Anyway non mi dilungo più di tanto. Godetevi il capitolino, godetevi quel che resta dell'estate e sopratutto...

enjoy the story

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