Capitolo III

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Non riusciva a stare fermo mentre aspettavano che il medico uscisse da quella stanza per il suo verdetto. Camminava avanti ed indietro, fissando con gli occhi pieni di sconforto la grande porta in mogano che lo divideva dalla cruda realtà. Trevor e Heath se ne stavano in disparte ad osservarlo mentre finiva di perdere il lume della ragione. Solo una volta il fratello si era permesso di chiedere che cosa fosse successo con la madre ma, ricevendo un occhiata glaciale da parte di Byron, aveva deciso di tacere. 

Le ore erano passate ed ogni minuto di pi l'angoscia e il terrore di non essere arrivato in tempo lo affliggevano. Proprio nel momento in cui aveva trovato la causa del suo malessere, lei non poteva lasciarlo. Non riusciva neanche a pensare lucidamente, mentre immaginava la vita lentamente defluire dal corpo di sua moglie. 

Che cosa avrebbe fatto senza di lei? C'era stato un tempo in cui anche solo l'idea di condividere la camera da letto con lei lo infastidiva. Un tempo in cui avrebbe preferito rimanere da solo. Ma ormai non poteva più fare a meno di Astrid, era diventata l'aria che respirava ogni giorno. E non si era neanche reso conto di come le cose fossero cambiate e il perché. Non sapeva quale fosse l'esatto momento in cui si innamorò di lei, quale l'istante in cui capì di non poter vivere senza la sua compagnia. 

Ed era vero che l'amore era sofferenza, che era meglio non conoscerlo. Perché privarsene era il dolore più atroce che avesse mai sentito. Credeva di aver già provato qualcosa di simile, anni prima, ma in realtà si sbagliava di grosso. Non era niente in confronto a ciò che stava sentendo, con tutto il suo corpo, in quel momento. E proprio quell'imminente dolore rischiava di riportare a galla ferite vecchie, ormai rimarginate e quasi del tutto dimenticate. 

Quando finalmente, dopo ore, il medico uscì dalla stanza, Byron quasi lo investì con la sua preoccupazione e la voglia di avere al più presto notizie. "Mi dica come sta mia moglie, parli" la voce leggermente inclinata dalla paura di sentire parole non gradite, ma lo sguardo fermo e deciso. Osservava l'uomo di fronte a sé cercando d'intuire prima del dovuto qualcosa sul conto della moglie. Ma il medico era abituato a simili situazioni e non lasciava trasparire alcun tipo di emozione mentre parlava. 

"Lady Astrid è stata avvelenata", alla notizia Trevor e Heath sussultarono, sorpresi e anche alquanto spaventati mentre Byron rimase impassibile, addirittura scocciato: "Mi dica qualcosa che non so!" Lo schernì quasi sputandogli in faccia causando nell'animo di tutti i presenti confusione e incredulità. Non c'era tempo per spiegare loro tutto quello che aveva scoperto, non se sua moglie stava morendo, perciò si limito a tirare fuori una delle boccette di vetro che aveva trovato in camera di sua madre e porgerla al medico. 

"Ha assunto, senza saperlo, questa sostanza!" Subito il medico aprì il contenuto e lo annusò con fare esperto, mentre Trevor ed Heath fissavano entrambi ancora più straniti. "Che cos'è questa storia?" Chiese il fratello di Byron avvicinandosi a loro. La sua mente arguta aveva già collegato quel fatto con la strana litigata avvenuta tra Byron e la madre ma non aveva il coraggio di rendere reali i suoi pensieri. E il fratello maggiore non se la sentiva ancora di dargli quella grande delusione. 

Per questo lo ignorò palesemente dedicando tutta la sua attenzione al dottore che nel frattempo stava ponderando cosa fare: "Di solito questo veleno viene somministrato in piccole dosi per coprirne meglio le tracce, si muore lentamente, molto lentamente. Ma questa volta qualcuno ha somministrato una grande dose a vostra moglie, tale da permettermi di rendermene conto..." aveva parlato, quasi ammaliato dal caso clinico. Lui era un uomo di scienza, che amava sperimentare e mettersi alla prova. Ed era la prima volta che si trovava a vedere un caso come quello. 

Ma Byron non era per niente interessato alla rarità del caso clinico. Persa la pazienza davanti al dottore che sembrava non volesse arrivare al punto, lo prese per il colletto della camicia, tirando sù di qualche centimetro e permettendogli di vederlo bene in faccia. "Non m'importa di come le sia stato somministrato, mi deve dire se vivrà oppure no!" Gli ringhiò contro come un cane rabbioso, con gli occhi rossi accecati dalla collera e una vena sul collo che pulsava. 

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