Capitolo XXXVIII

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Astrid aveva deciso di dare una rinnovata alle loro stanze private. Un modo come un altro per sentirsi più a casa sua. 

E allo stesso tempo segnare la fine di una vita e l'inizio di un'altra. Perché quei luoghi avevano sempre rappresentato l'esistenza da scapolo di Byron. 

Non parlavano del loro matrimonio, del loro rapporto ne tanto meno aveva un tocco femminile. 

Fino a quel momento non ci aveva fatto tanto caso. Vi ci risiedeva quasi assente, come se non fosse importante, ma in realtà lo era. 

E ad un certo punto di era svegliata e ritrovata in una stanza che mai aveva considerato veramente sua ma che solo in quel momento iniziava a darle fastidio.

Byron si era detto subito d'accordo e aveva perfino promesso che le avrebbe dato una mano. Non perché volesse per forza obbligarlo a fare qualcosa insieme, ma riteneva importante che anche lui apportasse delle modifiche. 

Ma si sa, gli uomini e le l'arredamento non vanno molto d'accordo, per questo alla fine se ne occupava solo Astrid. 

In pochi giorni avevano portato via la grande maggioranza dei mobili, lasciando solo quelli che le piacevano di più, e i due coniugi erano stati costretti a trasferirsi momentaneamente in una camera degli ospiti. 

Byron aveva osservato, di tanto in tanto passando da quelle parti, il lavoro senza commentare. Le aveva lasciato carta bianca ma Astrid cercava di coinvolgerlo anche nelle piccole cose, per esempio su dove avrebbero dovuto mettere il loro ritratto. 

«Possiamo metterlo qui, vicino al tavolo dove c'era la credenza», ipotizzò lui, dopo attimi d'incertezza. Non era molto bravo in quelle faccende, anzi, si trovava visibilmente in difficoltà.

Astrid guardò la parete ormai vuota, dove invece ci avrebbe visto bene un piccolo comò, e con una smorfia rispose: «Non è meglio appenderlo nella nostra camera, proprio di fronte al letto?»

«Così alla mattina quando mi sveglierò prenderò un bello spavento nel vedermi riflesso su quella tela?» Naturalmente era una battuta e quando si voltò a fissare la moglie, la trovò con un sorriso forzato sulle labbra.

Stava cercando di rimanere seria ma era impossibile quando Byron era così di buono umore. 

«No, fai il serio», lo implorò, anche se in realtà trovava confortante quel suo modo di fare. Molto meglio di quando era scontroso o, peggio, indecifrabile. 

Per tutta risposta Byron si grattò la nuca, perplesso, e poi chiese: «Ma se vuoi la mia opinione, perché poi decidi tu?»

L'osservazione, per nulla sbagliata, fece arrossire Astrid dall'imbarazzo. Prima lo convinceva a partecipare e poi, ogni volta che chiedeva un suo consiglio, non lo prendeva mai alla lettera. 

«Hai ragione. Il quadro lo mettiamo qui», indicò la parete vuoto accanto al tavolo, per niente convinta ma sapendo meglio di chiunque altro che era giusto così. 

«No, in fondo io non ne capisco nulla di arredamento. Decidi tu», e sapevano entrambi che, dopo qualche altra insistenza, Astrid si sarebbe fatta convincere a prendere la decisione che riteneva migliore.

Perché sua moglie spesso era insicura, ma sotto sotto sapeva sempre quello che faceva e proprio per questo Byron si sentiva al sicuro affianco a lei. 

Stava per lasciare la stanza, per i suoi gusti aveva anche passato troppo tempo a scegliere stili di arredamento, colori e tende, quando si accorse di un dettaglio che gli era sfuggito prima di allora. 

Il baule di Astrid, quello che aveva portato dalla sua vecchia casa, era stato lasciato fuori dalle loro stanze, insieme alle cose che avrebbero dovuto dar via.

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