Capitolo XXV

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Dal ballatoio del secondo piano poteva vedere l'entrata della tenuta, con sguardo critico e alquanto furioso. La mattina si era svegliati nel gelo più assoluto, nonostante si stavano avvicinando sempre di più alla primavera, e così il capitano non era potuto uscire per insegnare a Robert, il figlio di Alyssa, come si usa una spada.

Sembrava che l'uomo fosse riuscito non solo ad integrarsi bene ma perfino a fare colpo su ogni persona che abitava in quella casa. Astrid già pensava che era un vero gentiluomo, suo fratello ormai non faceva altro che elogiarlo, e i bambini lo avevano preso per un compagno di giochi.

Il piano di Byron, quello di ignorarlo, non stava andando proprio bene perché il capitano era ovunque. Se lo ritrovava davanti agli occhi più di una volta al giorno e non poteva fare a meno di digrignare i denti.

La sua presenza gli dava letteralmente sui nervi e non aiutava per niente il fatto che tutta la famiglia invece lo adorava e lo aveva accettato senza battere ciglio. Gli faceva pensare che forse c'era qualcosa che non andava in lui.

Lo faceva sentire ancora più debole, perché avrebbe voluto urlare e spaccare tutto ed invece se ne stava lì sopra ad osservare il capitano che insegnava al piccolo Robert come tenere in mano una spada, troppo grande e pesante per lui.

Non gli dava neanche fastidio il fatto che stavano usando armi all'interno della casa, o che Robert sembrava veramente un bambino felice per la prima volta da quando era tornato alla tenuta. Nonostante quest'ultimo fatto lo riflettere molto su cosa in realtà aveva fatto per i suoi nipoti.

Era tutta la scena che gli faceva stringere i pugni così tanto da far diventare le nocche bianche. Sua moglie che si era fatta mettere una poltrona nella stanza per poterli guardare, lo sguardo concentrato e adorante di Robert o quello contento e sereno di sua sorella Eveline.

Il capitano aveva portato tranquillità e stabilità e ciò lo faceva sentire un inetto. Così incapace a prendersi cura della sua famiglia che fatica perfino a trovare il coraggio di scendere e prendere in mano la situazione.

La verità era che quell'uomo ai suoi occhi, e agli occhi di tutti, era così perfetto che bastava anche solo la sua esistenza a farlo sentire piccolo e meschino. E per quanto si sforzasse non riusciva proprio a mandarla giù.

«Dovresti smetterla», la voce perentoria di Trevor lo ridestò dai suoi pensieri, ma non si voltò a guardarlo neanche quando il ragazzo gli si mise affianco. «Di fare cosa?» chiese, fingendo di non aver capito le sue parole.

In risposta si beccò un'occhiata di ammonimento dal fratello che dopo aver sospirato aggiunse: «Smettila di tenere il broncio. Non dico che le cose siano idilliache, potrebbero andare meglio, ma guarda il lato positivo. Siamo tutti qua, stiamo bene e in fondo anche felici. Non puoi desiderare niente di meglio».

Sentendo le parole di Trevor avrebbe dovuto rendersi conto di quanto era stupido. Si stava perdendo attimi importanti da vivere con la sua famiglia, solo perché accecato dall'odio. Eppure era più forte di lui, ogni volta che vedeva il capitano non poteva fare a meno di ricordarsi di ciò che aveva fatto suo padre e sentirsi meno amato.

«Sono arrivato alla conclusione che probabilmente me lo merito. Guardalo...» indicò il capitano, completamente a suo agio. Invidia più di ogni altra cosa quella sua aria tranquilla, in pace, nonostante la sua vita non fosse stata del tutto semplice.

Seguendo il suo consiglio, Trevor osservò attentamente l'uomo, cercando in lui un motivo per giustificare il malessere di suo fratello. Era davvero dispiaciuto per lui, perché lo vedeva giorno dopo giorno sempre più depresso e avrebbe voluto fare qualcosa per risollevargli il morale.

Byron hai suoi occhi era sempre stato un uomo tormentato. Vedeva problemi anche dove non c'erano, aveva sempre diffidato della gente ma più di tutto non era mai convinto di poter essere felice.

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