Capitolo XXX

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Il capitano Walfrad Weenser entrò con andatura sempre più oscillante. Sembrava che più passavano i mesi e più il grasso si accumulava all'interno del suo corpo. Il collo era del tutto sparito, inghiottito dalla ciccia e dalla pelle cadente, e ormai fatica ad allacciarsi la giacca delle divisa. 

Al suo seguito sempre il fedele vice capitano Ray Gardel, che doveva fare un enorme sforzo per rimanere dietro di lui, per rispettare la sua autorità. Con quelle lunghe gambe poteva anche superarlo con una sola falcata, e invece aspettava immobile leggermente in disparte, per permettere al suo superiore di entrare per primo.

Quando li vide entrare nella grande sala che aveva scelto per accoglierli, una stanza molto informale, Byron alzò gli occhi al cielo. Se qualche mese prima credeva che fossero due inetti, ormai era propenso a pensare che fossero due grosse palle al piede. 

«Benvenuti nella mia dimora», esordì allargando le braccia, con un sorriso falso che raccontava quando invece fosse poco propenso ad affrontare una chiacchierata con quei due.  Il risposta il vice capitano si tolse il cappello.

Il capitano Weenser invece gli riservò un'occhiata tagliente mentre affermava: «Negli ultimi tempi ci ritroviamo spesso a dovervi far visita, Duca». Una piccola insinuazione che non piacque molto a Byron, tanto che decise di non fare gli oneri di casa e lasciò che i suoi ospiti si accomodassero da soli sui divanetti.

Ad aspettarli, sul tavolino che li divideva dal padrone di casa, c'era un vassoio pieno di biscotti e altre leccornie, che furono subito osservata dal capitano con sguardo intriso di gola e avidità. Eppure non li toccò minimamente, continuando a posare gli occhi su di loro, anche mentre parlava.

«Sono sicuro che siete venuto a conoscenza delle accuse mosse a lord Crowell», non aveva aggiunto niente ma Byron capì immediatamente l'insinuazione velata. Non voleva dire nulla, perché ogni parola poteva essere interpretata come un ammissione di colpa.

Perciò rimase in silenzio, incrociò le braccia le braccia a petto e fissò i due uomini, impassibile. Da quando aveva saputo che cosa era successo al suocero, aveva aspettato con ansia il loro arrivo. Non era riuscito a dormire, ed era anche diventato alquanto irascibile.

Astrid aveva sapientemente deciso di non disturbarlo troppo in quei giorni, rimanendo nei paraggi ma senza intromettersi. Anche perché forse non sapeva che cosa dire per calmare l'animo del marito.

Ma davanti al capitano e al suo secondo, il duca Byron Devenport sembrava tranquillo, quasi beffardo. Da buon giocatore di poker, sapeva bene come fingere e indossando un'espressione del tutto impassibile per imbrogliare i suoi avversari. Perché era del tutto necessario mostrare serenità, di fronte alla polizia, tanto da riuscire a confonderli un po'. 

Non aveva certo molta fiducia nelle capacità di quei due uomini, ma restava sempre il fatto che conosceva bene la legge. E quindi sapeva di poter rischiare molto.

«Abbiamo provveduto al sequestro dei terreni, dei possedimenti e dei bene materiali della famiglia Crowell e all'arresto di tutti i membri. Abbiamo anche comunicato il fatto alla Capitale, è giunto subito alle orecchie dell'imperatore».

Il capitano pensava di spaventare Byron, e dovette rimanere deluso quando lo vide fermo, senza battere ciglio neanche al sentir nominare l'imperatore. In realtà il duca, oltre ad essere un po' preoccupato, era curioso di sapere dove volesse andare a parere Weenser con i suoi discorsi.

Con gli occhi sottili, e il cuore che gli batteva a mille, si chiese se sarebbe stato in grado di uscire da quella situazione come faceva sempre. Di dubbi ne aveva tanti, anche se sapeva di essere innocente.

«So per certo che anche l'Arciduca è stato interrogato e dovrà rispondere direttamente davanti ad un tribunale, per dimostrare la sua innocenza», solo alla parola "tribunale", Bryon trasalì. 

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