Epilogo

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Qualche mese dopo.

La tenuta di notte era fin troppo tranquilla. Il silenzio nei corridoi la faceva da sovrano.

Fino a quando il pianto di un neonato non spezzava quell'armonia, creandone un'altra ben diversa.

E nelle ultime settimane tutti si erano abituati a sentire quel suono, tanto snervante quanto adorabile.

Sarebbe dovuto essere un compito della balia, ma Astrid non riusciva proprio a separarsi da quei doveri.

Per questo quando sentì il pianto, si girò su un fianco e aprì gli occhi quasi sbarrandoli.

In pochi secondi era già sveglia e pronta ad alzarsi ma la mano del marito, posata sul fianco, la bloccò.

«Lascia, vado io», non le diede neanche un momento per controbattere che già si era alzato, aveva indossato una delle sue vestaglie e si stava allontanando dalla loro camera da letto.

Prima di uscire afferrò una candela, posta sul comodino fuori alla porta, che tenevano tutta la notte accesa proprio in caso di evenienza.

Il corridoi era invaso dal buio e dal silenzio, solo le grida disperate del neonato si potevano sentire.

E Byron le seguì come se fossero una guida, verso la stanza che Astrid aveva fatto preparare per l'arrivo del figlio.

Aveva comprato i mobili migliori, fatto ritinteggiare la stanza, e abbellito con giocattolini vari.

Ma si sa che la vita è imprevedibile e spesso le cose non vanno come ci si aspetta.

Byron entrò nella stanza cercando di non fare troppo rumore e si avvicinò alla grande culla in legno proprio al centro della stanza.

Alzò un piede per evitare di calpestare un enorme pupazzo a forma di cavallo, un regalo di Trevor, e proseguì spedito.

Appoggiò la candela su un comodino lì vicino e si sporse per vedere all'interno della culla.

Lì, beati ma un po' scossi per essersi svegliati all'improvviso e non aver trovato nessuno, i gemelli lo fissavano quasi incuriositi.

Ormai avevano imparato a riconoscere i volti e, nonostante il buio, capirono subito che si trattava del padre.

Il maschio sorrise mentre la femmina allungò le bracciette paffutelle nella sua direzione.

«Ciao, bambini, brutto sogno?».

Byron si appoggiò alla ringhiera della culla e rimase lì ad osservarli.

Avevano smesso di piangere e lui voleva solo qualche istante per godersi quelle due meraviglie.

Non poteva ancora crederci di essere diventato padre. Come non poteva credere di riuscire ad avere così tanto spazio nel suo cuore da poter amare sia loro che Astrid.

Eppure si sentiva quasi soffocare da quel sentimento che gli scaldava il petto. Era perennemente preoccupato per loro, non riusciva a smettere di pensarci tutto il giorno, senza riuscire a concludere nulla.

E l'unica cosa che desiderava era passare tutto il tempo con la sua famiglia. Ma era costretto a passare gran parte della giornata chiuso nel suo ufficio a cercare di far quadrare i conti. 

Le loro finanze si era riprese, dopo che i Devenport avevano dato un taglio netto con la famiglia Crowell, ma Trevor non faceva altro che ripetere che non era ancora finita. 

E aveva ragione, perché non potevano sapere come sarebbe andata in futuro. Poteva solo sperare che gli affari migliorassero e che non fosse mai costretto a vendere la loro casa. 

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