Capitolo XXXVI

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«Povera ingenua», ad Astrid le si gelò il sangue nelle vene.

Aveva sempre provato un po' di soggezione di fronte alla suocera. Ma da quando lei aveva tentato di ucciderla era diventata pura paura.

Solo che si era illusa di essere al sicuro nella sua casa. E invece non era così.

Aprì la bocca, nel tentativo di urlare e chiamare aiuto ma lady Penelope l'ammonì: «Io non lo farei fossi in te».

Avanzò di due passi verso di lei ma Astrid cercò di mettere quanto a più distanza possibile tra di loro.

«Voglio solo parlare», cercò di rassicurarla ma il tono della voce lasciava intendere ben altro.

Guardandola bene, non sembrava avere l'aspetto di un fugiasca.

Vestita bene, con un abito scuro come se fosse a lutto, i capelli ben acconciati e l'aspetto in salute.

Solo gli occhi erano spiritati, rossi e fuori dalle orbite. E si muoveva a piccoli scatti, visibilmente isterica.

La prima cosa che fece fu sorriderle, con malignità: «Sarai contenta, sei riuscita ad avere tutto per te».

«Non ho mai voluto...», iniziò a giustificarsi Astrid ma venne subito interrotta della suocera.

«Non fare la santa con me, so perfettamente che tipo di donna sei tu».

Iniziò a camminare avanti e indietro, come un povero animale in gabbia.

«Avevo tutto, e potevo ottenere anche di più, grazie a Byron. Ma i miei progetti sono andati in frantumi dall'istante in cui sei entrata tu nelle nostre vite».

Astrid non riusciva a capire neanche di cosa stesse parlando. Ma restò in silenzio e la lasciò parlare.

Sembrava che fosse l'unica cosa che poteva fare in quel momento, visto che cercare di farla ragionare era impossibile.

«Tu eri solo una ragazzina eppure sei riuscita a rovinare tutti i miei piani. Sei stata molto abile, lo devo riconoscerlo...»

Si era fatta tutta un'idea sua, in testa, immaginandosi anche cose non vere. Tutto per non ammettere la verità, ovvero che era stata lei stessa artefice del suo fato.

Nell'istante in cui si voltò di nuovo a guardarla, Astrid notò uno strano luccichio nella sua mano.

Quando si rese conto che la suocera stringeva convulsamente un piccolo pugnale, che fino a quel momento aveva tenuto nascosto sotto le gonne.

Istintivamente Astrid portò una mano al ventre, quasi sperando che ciò potesse proteggere il suo bambino.

Ma sapeva che non avrebbe potuto fare nulla, se non chiamare aiuto.

Ciò che temeva di più però era scatenare la sua ira. E non era sicura che sarebbe stata pronta ad affrontare un suo eventuale attacco.

Non avrebbe fatto in tempo ad urlare, perché la donna le sarebbe stata subito addosso e in quegli attimi concitati è impossibile prevedere che cosa succederà.

Per questo la tenne d'occhio, distanziandosi sempre di più, e cercando di tranquillizzarla.

Alzò leggermente la voce, nella speranza che Byron, nell'altra stanza, potesse sentirla, mentre tentava di rassicurarla: «Perché siete qui, lady Penelope?» parlò con tono formale, volendo farle sentire il rispetto che meritava. 

Ma la donna rise, quasi convulsamente, e tornando a guardarla le sputò addosso con rabbia: «Credi che mi sarei persa il compleanno di mio figlio?L'ho cresciuto io, l'ho reso io l'uomo che è oggi...»

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