Capitolo XXVI

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Quando Byron sentì bussare alla porta del suo ufficio sapeva già chi c'era dall'altra parte. Era stato lui stesso a voler parlare con il loro ospite, rompendo così il muro di silenzio che si era imposto ostinatamente.

Si era preparato tutto un discorso da dirgli, ripetendosi di respirare e di contare fino a dieci qualora avesse fatto o detto qualcosa che poteva farlo innervosire.

Alla fine aveva deciso di ascoltare suo fratello e sua moglie, perché erano una famiglia e perché doveva smetterla di chiudersi in se stesso e fingere che fosse solo.

Non era del tutto convinto di voler tenere in casa sua il capitano, ma aveva deciso di dargli una possibilità sempre osservandolo con occhi attento e con un po' di diffidenza.

Perciò quando lo invitò ad entrare cercò di non fissarlo con espressione truce mentre l'uomo si sedeva di fronte a lui. Non sembrava a disagio ma dalle poche volte che aveva parlato con lui aveva potuto notare che il capitano ostentava sempre una certa tranquillità.

«Volevi vedermi?» chiese l'uomo trattenendo un sorriso. Era molto sveglio e aveva percepito l'astio che il duca provava nei suoi confronti, perciò era molto attento a ciò che diceva o faceva.

«Perché volete restare qui, capitano?», Byron rispose con un'altra domanda, dal tono veramente curioso, e accompagnata da una proposta: «Se volete un altro territorio da governare, vi basta solo puntare il dito su uno della lunga lista che ho tra le mie carte, e sarà vostro».

Sognava dal principio di liberarsi di lui e anche se aveva deciso di fare buon viso a cattivo gioco, doveva provare il tutto per tutto prima di poter ammettere che non c'era vittoria con lui.

Il capitano non sembrò offeso dalla sua offerta, anche se aveva appena cercato di comprarlo. E tono affabile spiegò in poche parole le sue ragioni: «Non sono i terreni che voglio, anzi se ne avete bisogno posso anche vendere quelli che mi soni stati concessi da vostro padre. Voglio solo rispettare il volere di un uomo che stimavo molto».

Ogni volta che parlava di lord Stephan perfino Byron riusciva a sentire l'affetto che aveva provato. Proprio come un figlio. E anche per questo provava invidia nei suoi confronti.

«So che per voi è difficile, ma io posso rendermi utile in qualsiasi modo. Tenterò di non urtarvi troppo, ma vi prego di farmi restare », non sembrava un uomo incline a supplicare gli altri, eppure si era messo in condizioni d'inferiorità solo per poter rimanere.

Byron si toccò il mento, pensieroso, cercando di capire quale sarebbe stato il modo migliore per scendere a compromessi. Non era molto bravo a cedere, avrebbe preferito ottenere tutto ciò che voleva. Ma crescere significava anche andare in contro agli altri.

«Mia moglie dice che ci si può fidare di voi, e mio fratello afferma che sareste molto utile... Anche se ancora non ho capito come». Notò che tirò un sospiro di sollievo, come se in realtà fino a quel momento era stato in tensione, anche se non lo dava a vedere.

«E io posso anche concedervi una possibilità, nonostante sono molto scettico », continuò lasciando a metà le sue parole, in sospeso. Fissò il suo interlocutore attentamente, mettendogli anche un po' di ansia.

«Non chiedo altro questo, se poi non dovesse funzionare - mi auguro di no - vi basterà chiederlo e io me ne andrò ».

Sarebbe stato abbastanza facile dirgli già da subito che non lo voleva, ma Astrid non lo avrebbe mai perdonato se non si ci avesse almeno provato una volta. Le aveva promesso più volte che era in grado di cambiare, di essere migliore, e doveva iniziare proprio con il capitano.

Con un gesto della mano scacciò l'offerta allettante e si avvicinò di più all'uomo. Con tono scuro e serio, aggiunse: « Ma devo sapere, prima di tutto, quali sono le vostre intenzioni nei confronti di mia moglie ».

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