Faceva ancora più freddo nella regione montuosa, l'inverno lì sembrava nel pieno della sua stagione e non verso la fine come nel resto dell'Impero. La neve riempiva ancora ogni angolo e il sole era solo un raro visitatore. In lontananza una bufera minacciava di imperversare anche nei loro territori e ad annunciarla un vento gelido che gli entrava nella giacca e lo faceva rabbrividire.
A nulla serviva coprirsi di più, il freddo era in grado di infilarsi dappertutto fino a congelare perfino le ossa. Ma lui ci era abituato, era cresciuto in quella regione dove l'estate consisteva in realtà in due mesi di sole tiepido e un venticello piacevole impediva alla fronte di sudare.
E più salivano sul monto più alto della regione, e più l'aria si faceva rarefatta, impossibile quasi da respirare. Ma anche a questo era abituato, gli era quasi mancato nel corso degli anni passati lontano. Era stato così preso dai suoi impegni e dalla sua vita che in realtà la mancanza di casa l'aveva sentita soltanto durante quel viaggio, quando si stava avvicinando al convento.
Anche passare al villaggio che era stato costruito ai piedi della montagna, un piccolo paesino con neanche duecento anime, per lui era stato traumatico. Quando era solo un bambino amava scendere la montagna per andare al mercato a comprare le caramelle. Spesso aveva giocato con alcuni bambini e aveva rincorso farfalle nel bosco vicino.
Per lui erano dei bei ricordi, ma fino a quel preciso momenti li aveva accantonati in un angolo della sua mente, perché ripensare al passato lo avrebbe ancorato troppo a quel posto, impedendogli di seguire la strada del soldato. Non sarebbe diventato Capitano se si fosse sempre guardato alle spalle.
Per sua fortuna non aveva una famiglia dalla quale tornare e perciò si era dedicato al lavoro anima e corpo. Ma quelle terre erano diventate sue, così all'improvviso che ancora faticava a crederlo. Non sapeva neanche come si doveva comportare in veste di proprietario, perciò aveva evitato di sbandierarlo in giro, una volta tornato.
Al villaggio lo avevano guardato tutti incuriositi, perché raramente un soldato del suo calibro faceva visita in quella regione così sperduta e fredda. Aveva bisbigliato e si erano tutti inchinati al suo passaggio, facendolo sentire a disagio.
"Ragazzino, per l'ennesima volta, non c'è bisogno che mi accompagni. Sono nato qui, conosco la strada", urlò per sovrastare il rumore dl vento e farsi sentire dal fanciullo che camminava a qualche passo davanti a lui. Lo aveva incontrato al villaggio e quando aveva saputo che il capitano voleva andare sulla montagna si era offerto di accompagnarlo.
Non se l'era sentito di dirgli di no, dopo che aveva visto i suoi vestiti stracciati e sporchi, il suo viso pallido e il naso rosso. Gli aveva fatto una pena, una gran pena, e alla fine si era fatto accompagnare anche se non ne aveva bisogno. Avendo percorso quella strada tantissime volte, conosceva il percorso a memoria e non faceva differenza se la neve aveva ricoperto ogni cosa e si stava facendo buio. Avrebbe riconosciuto la strada anche da cieco.
Ma ad ogni curva gli faceva la stessa raccomandazione, sperando che il bambino ad un certo punto decidesse di tornare indietro. Non lo vedeva proprio in gran forma per salire la montagna ed ogni volta che si sfregava il naso sembrava sul punto di cadere a terra, sfinito.
Eppure continuava a camminare, con una tale decisione che Sebastian quasi si commosse e lasciò che proseguisse da solo. Avrebbe potuto prenderlo in braccia ma da quel poco che aveva capito del ragazzino sapeva che non avrebbe gradito. Era un tipino orgoglioso il bambino e per questo lo stimava ancora di più.
Ma per tutto il tempo l'osservò, attento ad ogni suo minimo cedimento e pronto a prenderlo al volo prima che potesse toccare la neve. Per fortuna ciò non accadde e dopo due ore e mezzo di salita finalmente riuscirono ad intravedere il convento. Un edificio praticamente incastonato nella roccia della montagna.
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